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— Non osano rischiare di danneggiarla — convenne Louis. — Non sanno copiare il motore. Esiste ancora un solo esemplare.

— Ultimo — disse Armonista — potresti costruire un’altra Long Shot?

— No. La mia squadra di ricerca potrebbe farlo, ma è andata avanti soprattutto per tentativi e il costo… ha distrutto il mio potere, mi ha cacciato in esilio, al pari di ogni altro mio errore.

Girarono intorno alla catasta di servizio e atterrarono. — Non posso fare niente — disse Armonista. — Se capissi la Long Shot… Ecco, lasciatemi regolare la destinazione. Accolito, questa taratura ti riporterebbe da tuo padre. Sei tentato?

— Ancora non ho niente da offrirgli.

— Seguitemi — disse Armonista. Scese dalla piastra mobile e traslò.

Emersero nel sottosuolo, dove erano pronte alcune piastre levitanti. L’aria aveva l’odore delle caverne sotto la Mappa di Marte. Mentre procedevano a mezz’aria fra tunnel e caverne, Armonista mostrò i suoi giocattoli.

Dodici piastre portavano a passo d’uomo un enorme cannone laser. — L’ho costruito seguendo le indicazioni negli archivi di Ultimo — disse il difensore. — Con qualche miglioria. Lo monterò su Olympus Mons. Ho trasmesso con l’eliografo il progetto a difensori lungo il muro del bordo. Presto non dovremo più dipendere dal sole per parlare. Dovrei montarne uno anche sul Pugno-di-Dio. Ecco qua… — Protese la mano e afferrò un gruppo di tubi. Se ne portò uno alla bocca e ne cavò una musica sfrenata. — Che ne pensi? — Soffiò di nuovo e per scherzo Louis si mise a ballare sulla piastra, con una compagna immaginaria.

Armonista si fermò a esaminare massicci macchinari, poi con una pistola a spruzzo modificò alcuni circuiti superconduttori. L’enorme congegno si allontanò lentamente su una settantina di piastre. — Il kit per le riparazioni dai danni dei meteoriti — disse Armonista. — Terminato, ma ora bisogna spostarlo al lanciamissili.

Dischi passatoio crescevano in una vasca, mentre strumenti tenevano sotto controllo il contenuto metallico del liquido. Armonista usò un disco passatoio già pronto e li trasportò nella Sala Difesa Meteore.

Louis non aveva la minima idea di dove era stato. Né di che cosa stavano facendo. Aveva l’impressione che la mente del difensore fosse un ampio labirinto e che lui vi si fosse perso. Lavorare con Bram non era stato diverso. Il difensore vampiro aveva commesso un intollerabile crimine e lui l’aveva smascherato. Si era mosso per sostituirlo con un Ghoul, un Notturno. Bene, ma s’era aspettato d’ottenere all’istante la libertà?

I difensori non avevano libertà. Se Armonista avesse sempre visto la risposta giusta, pensò, perché avrebbe deciso diversamente? E un povero riproduttore poteva solo andargli dietro. Ma se lui non avesse ottenuto presto alcune risposte…

Lo schermo dal pavimento al soffitto lungo le pareti della Sala Difesa Meteore mostrava la Guerra Periferica. Navi e basi erano indicate da puntini luminosi in colori al neon. Le navi kzinti e umane erano numerose. C’erano anche altre presenze: Burattinai, Esterni, Trinoc, navi e sonde non identificate. Il Ringworld suscitava interesse in ogni entità che ne veniva a conoscenza.

Una nave kzinti penetrò nel sistema interno e girò intorno al sole, senza trovare opposizione.

— Una della ARM ha cercato di parlare con me, ma ho preferito non rispondere — disse Armonista. — Nessun’altra fazione ci ha provato. Ci sono stati tentativi d’invasione. La difesa meteore ferma tutto, tranne le microsonde, che di sicuro sono da ogni parte. Ho intercettato possibili messaggi fra le navi, troppo ben cifrati perfino per me. Grazie al database della Needle posso riconoscere navi e habitat nelle comete interne, appartenenti alla ARM, al Patriarcato, ai Trinoc, una agli Esterni e tre ai Burattinai di Pierson, tutti librati ben fuori il sistema, e migliaia di sonde d’origine sconosciuta. Devo presumere che tutti sanno che cosa fanno gli altri. Anche per me sarà difficile mantenere un segreto. — Regolò lo zoom. — Louis, quello cos’è?

Un puntino fu ingrandito fino a diventare l’immagine poco nitida di uno spettrale toro di merletto nero, tutto fili intrecciati, con una minuscola fonte di luce giallina al centro e nessun motore spaziale evidente.

— Dista trentadue volte il raggio del Ringworld…

— Un altro Esterno — disse Louis. — Non sempre usano vele solari. Da loro abbiamo comprato tecnologia per motori iperspaziali, ma hanno sviluppato qualcosa di meglio. La buona notizia è che non sanno che farsene di acqua liquida e di alta gravità, perciò non sono interessati ai pianeti dell’uomo.

— E quello? — Un cilindro tutto ammaccato, svasato in coda, oblò luccicanti intorno alla parte centrale.

— Uhm. Dal disegno pare opera delle Nazioni Unite di molto tempo fa. Forse una “lumaca” riattrezzata con motore iperspaziale. Potrebbe provenire da Sheathclaws. Tenterebbero d’immischiarsi? Quel pianeta è stato colonizzato da telepatici Kzinti e da esseri umani.

— Sheathclaws. Una minaccia?

— No. Pare che non possano permettersi armi serie.

— Bene. Ultimo, gli hai mostrato la Diplomat?

— Sì. Abbiamo visto la tua Sonda Uno interrompere l’appuntamento spaziale fra la Diplomat e la Long Shot. La Long Shot si è ritirata nell’iperspazio.

— Louis, Accolito, Ultimo, mi serve un controllo mentale — disse Armonista. — Riuscite a credere a questa storia? La mia Sonda Uno spaventa la Long Shot e le fa mancare un appuntamento programmato. La Long Shot salta nell’iperspazio, non troppo lontano, e osserva da distanza di sicurezza, qualche minuto luce, finché il pilota non ritiene che non ci siano ulteriori minacce. Allora torna per scambiare con la Diplomat dati e pacchetti, ma arriva troppo tardi. Poi torna al Patriarcato, sempre in ritardo sui tempi, e cerca di rimettersi in pari. La Long Shot deve riferire direttamente, è la sola che può farlo, le altre sono troppo lente. Il pianeta degli Kzinti è a 230 anni luce da qui. Si tratta di 300 minuti nei due sensi. Quindi abbiamo dieci ore da far passare prima che il pilota della Long Shot ritorni nello spazio del Ringworld e sia costretto a trovarsi in tutta fretta all’appuntamento spaziale successivo. Sì?

— Gli Kzinti farebbero così — disse Louis. — Dritti alla carica.

Accolito rizzò il pelo. — Noi non adoriamo orologi e calendari, Armonista. La Diplomat è stata attaccata. Saranno cauti.

— Gli spaziali adorano sempre orologi e calendari — disse Louis. — Sono simili alle orbite.

— Ultimo?

— Cosa rischi con le tue ipotesi? — replicò il burattinaio.

— Rischio troppo — rispose Armonista — ma devo giocare d’azzardo. L’attività della Guerra Periferica accelera verso una singolarità. La mia mossa peggiore è non fare mossa.

— Che intenzioni hai?

— Catturerò la Long Shot.

Louis capì d’avere visto giusto: una missione folle. — Con il motore iperspaziale la Long Shot è mille volte più veloce di noi — puntualizzò — e non entra mai nella singolarità del Ringworld.

— Non possono usare il motore iperspaziale se sono agganciati a un’altra nave — replicò Armonista. — Seguitemi. — Mosse un passo avanti e traslò. Ancora una volta Louis gli andò dietro.

5. Hanuman

Per quanto ne capiva, Sonda Due era una macchina perfetta. Hanuman continuò comunque a lavorarci. Di tutte le affascinanti macchine nel dominio di Armonista, considerava la Sonda Due la sua creatura. La sua stessa vita l’avrebbe pilotata. Lui aveva guardato Armonista al lavoro nel Sistema Riparazione Meteore. Durante il lavoro, Armonista parlava. E lui aveva quasi l’impressione di capirlo. Dentro un foro del Ringworld, grandi quantità di componenti piccolissimi avrebbe intessuto fili di scrith da materia meno nobile, rimettendo insieme la vasta struttura, chiudendo i buchi. Qualche altra cosa sarebbe stata in funzione, mentre le nanomacchine lavoravano. Analoghi componenti piccolissimi avrebbero intessuto cavi magnetici più sottili del pelo sul suo corpo, seguendo cavi superconduttori già in posizione nel pavimento lacerato del Ringworld.