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Ciò che era nei carri o in terra non interessava Rand, aveva già afferrato dal mucchio quel che gli serviva. In un certo qual modo aveva preso più di quanto volesse.

Nel centro della piazza vicino ai resti incendiati di un grande albero alto trenta metri c’era una piccola foresta di lunghe colonne di vetro, alte quasi quanto l’albero e così sottili da sembrare che il primo uragano le avrebbe abbattute tutte. Anche se leggermente ombreggiate, le colonne coglievano e rifrangevano la luce del sole in sfolgorii e sfavillii. Per innumerevoli anni gli uomini aiel erano entrati passando in mezzo a quel dispiegamento e ritornati marchiati come Rand, ma solo su un braccio, nella veste di capi clan. Ne uscivano marchiati o non ne uscivano affatto. Anche le donne aiel ci andavano, durante il percorso per diventare Sapienti. Nessun altro lo faceva, non senza morire. Un uomo può recarsi nel Rhuidean una volta, una donna due; più volte significa la morte. Era quanto gli avevano detto le Sapienti ed era la verità, allora. Adesso chiunque poteva accedere a Rhuidean.

Centinaia di Aiel camminavano per le strade e un numero crescente attualmente risiedeva negli edifici. Ogni giorno le strisce di terra fra le strade mostravano germogli di fagioli, frutta o zemai, laboriosamente innaffiati da contenitori di argilla trasportati dal grande lago nuovo che colmava l’estremità sud della valle, l’unica quantità considerevole di acqua di tutto il territorio aiel. A migliaia si erano accampati sulle montagne circostanti, anche sullo stesso Chaendaer, dove una volta andavano unicamente per le cerimonie, per inviare un uomo o una donna da soli nel Rhuidean.

Ovunque si recasse, Rand portava cambiamento e distruzione. Stavolta sperava contro ogni previsione che i cambiamenti fossero per il meglio. Forse poteva essere. L’albero incendiato lo prendeva in giro. Avendesora, il leggendario Albero della Vita. Le storie non avevano mai svelato dove si trovasse ed era stata una sorpresa scoprirlo qui. Moiraine aveva detto che era ancora vivo, che avrebbe germogliato, ma per ora Rand vedeva solo corteccia bruciata e rami spogli.

Sospirando si voltò dalla finestra nella grande stanza, anche se non la più grande del Rhuidean, con alte finestre sui due lati, il soffitto a cupola lavorato a mosaico con motivi fantastici di esseri umani e animali alati. La maggior parte dei mobili lasciati nella città era marcita da tempo anche in questo clima asciutto e molto di quel poco che rimaneva era pieno di scarafaggi e vermi. Ma in fondo alla stanza si trovava una sedia dallo schienale alto, solida e con la doratura quasi integra, scompagnata rispetto al tavolo, un grosso piano con le zampe e gli angoli scolpiti a motivi floreali. Qualcuno aveva lucidato il legno con della cera d’api fino a farlo risplendere malgrado l’età. Erano stati gli Aiel a trovarli per lui, anche se scuotevano il capo alla vista di certi oggetti. C’erano pochi alberi nel deserto che avrebbero potuto produrre legna dritta e in quantità sufficiente per costruire una sola sedia e nessuno per un tavolo.

Quello era tutto l’arredamento. Un elegante tappeto di seta blu e oro proveniente da Man, il bottino di qualche battaglia passata, era disteso al centro del pavimento di mattonelle rosso scuro. Cuscini di seta dai colori brillanti con dei tasselli erano sparsi un po’ ovunque. Gli Aiel li usavano al posto delle sedie, quando non si accovacciavano, comodi come se stessero su una poltrona.

Sei uomini erano seduti sui cuscini adagiati sul tappeto. Sei capi in rappresentanza dei clan che per ora seguivano Rand. O meglio, che seguivano Colui che viene con l’Alba. Non sempre con piacere. Forse Rhuarc, un uomo dalle spalle ampie e gli occhi azzurri e numerose ciocche grigie fra i capelli rosso scuro, era suo amico, ma non gli altri. Solo sei su dodici.

Ignorando la sedia Rand si sedé a gambe incrociate di fronte agli Aiel. Fuori del Rhuidean le sedie erano riservate ai capi, usate esclusivamente da loro e solo per tre ragioni: per essere eletti capo clan, per accettare la resa di un nemico con onore e per giudicare qualcuno. Prendere la sedia adesso con uno di questi uomini avrebbe significato che intendeva fare una delle tre cose.

Indossavano i cadin’sor, giubbe e brache di sfumature di marrone e grigio che si sarebbero confuse con il terreno e morbidi stivali allacciati dietro alle ginocchia. Anche qui, di fronte all’uomo che avevano proclamato Car’a’carn, il capo dei capi, ognuno portava appeso alla cintura un pugnale dalla grande lama e gli shoufa grigi e marroni drappeggiati come un’ampia sciarpa attorno al collo. Se si fosse coperto il viso con il velo nero che era parte degli shoufa, significava che era pronto a uccidere. Non era impossibile. Questi uomini si erano combattuti a vicenda in un circolo infinito di incursioni fra clan, battaglie e antagonismi di sangue. Lo guardavano e aspettavano, ma un Aiel in attesa emanava sempre la sensazione di essere pronto a scattare, improvviso e violento.

Bael, l’uomo più alto che Rand avesse mai visto in vita sua, e Jheran, sottile come una lama e rapido come una frusta, erano sdraiati il più lontano possibile uno dall’altro pur restando sempre sul tappeto. C’era un antagonismo di sangue fra i Goshien di Bael e gli Shaarad di Jheran, accantonato in presenza di Colui che viene con l’Alba ma non dimenticato. Forse ancora valeva la Pace del Rhuidean malgrado tutto quello che era accaduto. Eppure il suono tranquillo dell’arpa era in netto contrasto con il severo rifiuto di Bael e Jheran di guardarsi. Sei paia di occhi, azzurri, verdi e grigi, su volti abbronzati. Al confronto degli Aiel, i falchi potevano sembrare mansueti.

«Cosa devo fare per portare a me i Reyn?» chiese Rand. «Eri sicuro che sarebbero venuti, Rhuarc.»

Il capo dei Taardad lo guardò con calma; quel volto poteva apparire scolpito nella pietra per l’espressione che mostrava. «Aspetta. Solo questo. Dhearic li porterà prima o poi.»

Han dai capelli bianchi, di fianco a Rhuarc, distorse le labbra come se stesse per sputare. Sul viso incartapecorito si era come sempre dipinta l’amarezza. «Dhearic ha visto troppi uomini e Fanciulle seduti a guardare nel vuoto per giorni e quindi gettare le lance. Gettare via le lance!»

«E fuggire» aggiunse con calma Bael. «Anch’io li ho visti fra i Goshien, anche nella mia setta, che scappavano via. E tu, Han, li hai visti fra i Tomanelle. Tutti vi abbiamo assistito. Non penso che sappiano dove stanno correndo, solo da cosa stanno fuggendo.»

«Serpenti codardi» borbottò Jheran. Fra i capelli marrone chiaro c’era un po’ di grigio. Non c’erano uomini giovani fra i capi clan aiel. «Vipere fetenti che strisciano spaventate dalla propria ombra.» Un leggero movimento degli occhi azzurri verso il lato opposto del tappeto rivelava che si riferiva ai Goshien, non solo a quelli che avevano abbandonato la lancia.

Bael si mosse come se volesse alzarsi, con il viso ancora più duro, se possibile, ma l’uomo al suo fianco gli appoggiò una mano sul braccio per calmarlo. Bruan, dei Nakai, era abbastanza grosso e forte come due fabbri, ma era di natura mansueta, cosa che sembrava insolita per gli Aiel. «Tutti abbiamo visto fuggire uomini e Fanciulle.» La voce sembrava quasi pigra come anche l’aspetto degli occhi grigi, eppure Rand sapeva che non era così. Anche Rhuarc considerava Bruan un combattente mortale e un tattico tortuoso. Fortunatamente per Rand nemmeno Rhuarc era più forte di Bruan. Ma era venuto per seguire Colui che viene con l’Alba, non conosceva Rand al’Thor. «Come te, Jheran. Sai quanto è stato difficile affrontare quello che loro hanno appena saputo. Se non puoi chiamare codardo chi è morto perché non è riuscito a sopportarlo, puoi chiamare codardo chi fugge per lo stesso motivo?»

«Non avrebbero mai dovuto saperlo» mormorò Han, stringendo il cuscino rosso come se fosse la gola di un nemico. «Era una realtà riservata a chi poteva accedere al Rhuidean e sopravvivere.»

Non si era rivolto a nessuno in particolare, ma erano parole per le orecchie di Rand. Era stato lui a rivelare a tutti cosa imparava un uomo fra le colonne di vetro nella piazza, tanto che i capi e le Sapienti non avevano potuto fare altro che rispondere alle conseguenti domande. Se c’era un Aiel nel deserto che adesso non conosceva la verità, significava che non aveva parlato con nessuno per un mese.