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Moiraine lo fissò a lungo con gli occhi come due pozzi scuri che minacciavano di ingoiarlo. Quindi gli rivolse una riverenza perfetta. «Con il tuo permesso, mio lord Drago, andrò a informare mastro Radere che mi aspetto che domani lavori.»

Nessuno avrebbe potuto scorgere la minima presa in giro in quell’azione o nelle parole, ma Rand la sentì. Qualsiasi cosa lo facesse sbilanciare lo rendeva più docile per il senso di colpa, la vergogna, l’incertezza o qualsiasi altra cosa la donna avesse provato. La guardò fino a quando scomparve dietro le tende di perline.

«Non c’è bisogno che diventi minaccioso a quel modo, Rand al’Thor.» La voce di Egwene era bassa e gli occhi adirati. Aveva afferrato lo scialle come se con quello intendesse strangolarlo. «Davvero il lord Drago! Ad ogni modo, sei un maleducato e uno zotico sgarbato. Meriti meno di quel che ricevi. Non ti farebbe male essere civile!»

«Allora sei stata tu» scattò, ma con sua sorpresa la ragazza scosse parzialmente il capo prima di riprendersi. Quindi era stata Moiraine. Se l’Aes Sedai mostrava a quel modo il suo umore, allora voleva dire che qualcosa la stava preoccupando terribilmente. Senza dubbio lui. Forse doveva chiederle scusa. Immagino che non mi farebbe male essere civile, si disse. Anche se non capiva perché stava cercando di comportarsi bene con l’Aes Sedai che tentava di mettergli il guinzaglio.

Ma se stava pensando, o provando, a essere educato, Egwene non lo era. Se i carboni ardenti fossero stati marrone scuro, sarebbero stati simili ai suoi occhi. «Sei proprio uno stupido, Rand al’Thor, e non avrei mai dovuto dire a Elayne che per lei andavi bene. Non vai bene nemmeno per una donnola! Smettila di darti delle arie. Mi ricordo di te sudato mentre cercavi di tirarti fuori da qualche guaio in cui ti aveva cacciato Mat. Mi ricordo di Nynaeve che ti aveva preso a frustate fino a farti gridare e avesti bisogno di un cuscino su cui sedere per il resto della giornata. Non era nemmeno molti anni fa. Se sapesse la metà di quello che sei diventato...»

Rand la guardava a bocca aperta mentre la tirata proseguiva, con Egwene più furiosa che mai da quando era entrata nella stanza. Poi d’improvviso capì. Quel piccolo cenno del capo che non intendeva fare, con cui gli aveva fatto capire che era stata Moiraine a colpirlo con il Potere. Egwene lavorava sodo a comportarsi nel modo giusto. Studiando con le Sapienti, indossava abiti aiel. Forse stava anche cercando di adeguarsi alle usanze aiel, per quanto ne sapeva lui. Sarebbe stato tipico della donna. Ma era anche impegnata a comportarsi come una vera Aes Sedai tutto il tempo, anche se era solo un’Ammessa. Le Aes Sedai di solito tenevano a freno l’umore, non lasciavano mai trapelare qualcosa che volevano tenere nascosta.

Ilyena non è mai scattata contro di me quando era arrabbiata con se stessa. Quando era dura con me era perché lei... la mente di Rand si gelò a quel pensiero. Non aveva mai incontrato una donna di nome Ilyena in vita sua. Ma riusciva ad associare un volto a quel nome, vagamente. Un viso grazioso, la pelle chiara, i capelli biondi della stessa tonalità di quelli di Elayne. Doveva essere la follia. Ricordarsi di una donna immaginaria. Forse un giorno si sarebbe ritrovato a conversare con gente che non era presente.

Egwene interruppe l’arringa con espressione preoccupata. «Stai bene, Rand?» La rabbia era scomparsa dalla voce della ragazza come se non ci fosse mai stata. «C’è qualcosa che non va? Vuoi che vada a chiamare Moiraine per...»

«No!» rispose, quindi addolcì velocemente il tono di voce. «Non può guarire...» Nemmeno le Aes Sedai potevano guarire dalla pazzia, nessuna di loro poteva guarire ciò che lo affliggeva. «Elayne sta bene?»

«Sta bene.» Malgrado la sfuriata nella voce di Egwene c’era un cenno di simpatia. Era tutto ciò che Rand si aspettava. Oltre quello che sapeva quando Elayne aveva lasciato Tear, cosa stesse facendo erano affari delle Aes Sedai e non suoi, così Egwene gli aveva detto più di una volta e Moiraine le faceva eco. Le tre Sapienti che potevano camminare nei sogni, con cui Egwene stava studiando, erano state anche meno loquaci. Avevano i loro motivi per non essere contente di lui.

«Farei meglio ad andare» proseguì Egwene, calandosi lo scialle sulle braccia. «Sei stanco.» Aggrottando leggermente le sopracciglia chiese, «Rand, cosa significa essere sepolto a Can Breat?»

Rand stava per chiedere di cosa diavolo parlasse, poi si ricordò di aver usato quella frase. «Solo qualcosa che ho sentito una volta» mentì. Non aveva la minima idea di cosa significasse o da dove provenisse quella frase.

«Riposati, Rand» rispose Egwene, sembrando più vecchia di vent’anni invece che più giovane di due. «Promettimi che lo farai. Ne hai bisogno.» Rand annuì. L’amica lo studiò per un po’ come se fosse alla ricerca della verità, quindi si incamminò verso la porta.

Il boccale d’argento del vino di Rand fluttuò dal tappeto e si diresse verso di lui. Lo prese al volo prima che Egwene si voltasse.

«Forse non dovrei rivelarlo» disse. «Elayne non me lo ha riferito come un messaggio per te, ma... ha detto che ti ama. Forse lo sai già, ma se così non fosse, dovresti pensarci.» Detto questo se ne andò, la tenda di perline si mosse al passaggio.

Saltando giù dal tavolo Rand scagliò lontano il boccale, versando il vino sul pavimento mentre si voltava verso Jasin Natael in preda alla furia.

3

Ombre esangui

Rand incanalò afferrando saidin e intessendo flussi di Aria che strapparono Natael dai cuscini. L’arpa dorata cadde sulle mattonelle rosso scuro mentre l’uomo veniva inchiodato al muro, immobilizzato dal collo alle caviglie, con i piedi sospesi sopra al pavimento. «Ti avevo avvisato! Non incanalare mai quando qualcun altro si trova nelle vicinanze, mai!»

Natael reclinò il capo in quel suo modo particolare, come se cercasse di guardare Rand di traverso o senza essere notato. «Se avesse visto avrebbe pensato che si trattava di te.» Nella voce non c’era tono di scusa, o diffidenza, ma nemmeno sfida. Sembrava convinto che stesse proponendo una spiegazione ragionevole. «E poi mi sembravi assetato. Un bardo di corte dovrebbe provvedere ai bisogni del suo signore.» Era una delle piccole presunzioni di cui si circondava; se Rand era il Drago Rinato, allora lui doveva essere un bardo di corte, non un semplice menestrello.

Sentendosi disgustato di se stesso e furioso con l’uomo, Rand lasciò il flusso e lo fece cadere. Maltrattarlo era come prendersela con un bambino di dieci anni. Rand non poteva vedere lo schermo che limitava l’accesso dell’altro uomo a saidin — era un lavoro femminile — ma sapeva che c’era. Adesso muovere un calice era quasi tutto quello che poteva fare Natael. Fortunatamente lo schermo era stato nascosto anche agli occhi femminili. Natael la chiamava ‘inversione’ ma non sembrava in grado di spiegarlo. «E se avesse notato la mia espressione e si fosse insospettita? Ero stupito come se quel calice fosse volato da solo!» Si rimise la pipa in bocca fumando con rabbia.

«Non avrebbe comunque sospettato.» Sistemandosi di nuovo sui cuscini l’altro uomo riprese l’arpa, suonando una musica dalle note ambigue. «Come potrebbero sospettare? Nemmeno io riesco a crederci.» Se c’era anche un tocco di amarezza nella voce Rand non riuscì a percepirla.

Nemmeno lui aveva del tutto chiara la situazione, anche se ci aveva lavorato molto. L’uomo davanti a lui, Jasin Natael, aveva un altro nome: Asmodean.

Mentre suonava pigramente l’arpa Asmodean non sembrava affatto uno dei temuti Reietti. Era anche abbastanza attraente. Rand supponeva che potesse sembrarlo agli occhi di una donna. Strano che il male non gli avesse lasciato dei segni apparenti. Era uno dei Reietti e, ben lungi dal tentare di ucciderlo, Rand teneva nascosta la vera identità dell’uomo da Moiraine e chiunque altro. Aveva bisogno di un insegnante.

Se quanto era vero per le Aes Sedai donne chiamate selvatiche valeva anche per gli uomini, allora Rand aveva solo una possibilità su quattro di sopravvivere al tentativo di usare il Potere da solo. Questo dava per scontato la follia. Il suo insegnante doveva essere un uomo. Moiraine e le altre gli avevano detto molto spesso che un uccello non poteva insegnare a un pesce a volare o viceversa. Inoltre il suo insegnante doveva essere qualcuno esperto, che già conoscesse le cose che aveva bisogno di imparare. Con le Aes Sedai che domavano gli uomini che potevano incanalare non appena li trovavano — e ogni anno ne trovavano sempre meno — rimaneva poca scelta. Un uomo che aveva semplicemente scoperto di poter incanalare non avrebbe saputo più di quanto sapeva lui. Un falso Drago che poteva incanalare — se Rand fosse riuscito a trovarne uno che non fosse già stato catturato e domato — probabilmente non avrebbe rinunciato ai propri sogni di gloria per un altro uomo che proclamava di essere il Drago Rinato. Ciò che rimaneva, ciò che Rand aveva attirato a sé, era uno dei Reietti.