Mentre lo stordimento aumentava, Rand si mosse dal lato della piattaforma opposto al passaggio. Non c’era bisogno di vedere dove stava andando, ma preferiva rendersi conto. Per la verità avrebbe potuto rimanere dall’altro lato, o poteva entrare, le direzioni qui erano mutevoli, ma tutte lo avrebbero portato a Caemlyn, se lo avesse fatto come doveva. O nell’oscurità infinita del nulla, se avesse sbagliato.
Se non per Bael. Sulin e naturalmente Aviendha, gli Aiel lasciarono poco spazio fra lui e Mat, Asmodean e Pevin. «State lontano dai bordi» disse Rand. Gli Aiel vicino a lui si mossero di un passo. Rand non riusciva a vedere oltre la foresta di teste avvolte negli shoufa. «È piena?» chiese ad alta voce. La piattaforma poteva contenere solo la metà di quelli che volevano andare, non molti altri. «È piena?»
«Sì» giunse la voce di una donna alla fine, con riluttanza. Gli era sembrata la voce di Lamelle, ma davanti al passaggio vi erano ancora molte persone. Aiel certi che doveva esserci spazio ancora per un altro.
«Basta!» gridò Rand. «Nessun altro! Allontanatevi dal passaggio! Tutti lontani!» Non voleva che quello che era accaduto alla lancia seanchan accadesse anche a persone in carne e ossa.
Vi fu una pausa, poi una voce: «È libera.» Era Lamelle. Avrebbe scommesso fino all’ultimo centesimo che Enaila e Somara erano da qualche parte.
Il passaggio sembrò roteare, assottigliandosi fino a svanire con un ultimo lampo di luce.
«Sangue e ceneri!» mormorò Mat, appoggiandosi disgustato alla lancia. «Questo è peggio delle maledette Vie!» Cosa che gli fece guadagnare un’occhiataccia di Asmodean e uno sguardo pensieroso di Bael. Mat non vi fece attenzione, era troppo impegnato a scrutare l’oscurità.
Non vi era la sensazione del movimento, non c’era aria e la bandiera di Pevin non si muoveva. Sembrava che fossero immobili. Ma Rand sapeva come stavano le cose. Poteva quasi percepire il luogo dove stavano andando che si avvicinava.
«Se arrivi troppo vicino a lui, ti percepirà.» Asmodean si umettò le labbra evitando di guardarsi intorno. «Almeno questo è quello che ho sentito dire.»
«So dove sto andando» disse Rand. Non troppo vicino. Ma non troppo lontano. Si ricordava bene il punto dove voleva arrivare.
Nessun movimento. Nero infinito e loro sospesi dentro. Nessun movimento. Era trascorsa forse mezz’ora.
Fra gli Aiel vi fu un leggero movimento.
«Cosa succede?» chiese Rand.
Dalla piattaforma giunsero dei mormorii. «Qualcuno è caduto» rispose alla fine un uomo robusto che gli stava vicino. Rand lo riconobbe. Meciar. Era un Cor Darei, una Lancia della Notte. Aveva la fascia rossa.
«Non una delle...» iniziò a dire Rand, quindi vide lo sguardo di Sulin che lo osservava a occhi socchiusi.
Si voltò per guardare fuori nel buio, la rabbia era un disonore appeso al vuoto privo di emozioni. Per cui adesso non doveva importargli se una delle Fanciulle era caduta, vero? Invece gli importava. Cadere per sempre nell’oscurità infinita. La sanità mentale sarebbe durata fino a quando non fosse sopraggiunta la morte, di fame, sete o paura? In quella caduta, anche un Aiel doveva spaventarsi abbastanza da far fermare il cuore. Lo sperava quasi. Doveva essere meglio che l’altra opzione.
Che io sia folgorato, cosa ne è di tutta quella durezza di cui andavo tanto fiero? Una Fanciulla o un Cane di Pietra, una lancia è una lancia, si disse. Solo che anche pensandoci non riusciva a convincersi. Sarò duro! Avrebbe lasciato che le Fanciulle danzassero le lance dove preferivano. Lo avrebbe fatto. E sapeva che avrebbe cercato di scoprire il nome di tutte quelle che fossero morte, che ogni nome sarebbe stato un altro taglio profondo nella sua anima. Sarò duro. Che la Luce mi aiuti, lo sarò. Che la Luce mi aiuti, pensò.
Quasi immobile, sospeso nel buio.
La piattaforma si fermò. Era difficile spiegare come faceva a saperlo e come prima potesse dire che si stesse muovendo, ma era capace di farlo.
Incanalò e si aprì un passaggio come aveva fatto nel cortile di Cairhien. L’angolatura del sole era cambiata di poco, ma qui la luce del mattino risplendeva su una strada lastricata ed era visibile un declivio macchiato di marrone, erba e fiori selvatici secchi per la siccità, sormontato da un muro di pietra alto due spanne o forse anche più, con la pietra lavorata rozzamente per sembrare naturale.
Oltre quel muro poteva vedere la cupola d’oro del palazzo reale di Andor, alcune delle chiare guglie sormontate da bandiere che garrivano, facendo increspare il leone bianco nella brezza. Dall’altro lato c’era il giardino dove aveva incontrato Elayne per la prima volta.
Gli occhi azzurri fluttuarono accusatori fuori dal vuoto, i ricordi fulminei dei baci rubati a Tear, della lettera dove Elayne confessava di aver deposto il cuore e l’anima ai suoi piedi, un messaggio riferito da Egwene che professava amore. Cosa avrebbe detto se fosse venuta a sapere di Aviendha, di quella notte che avevano trascorso assieme nel riparo di ghiaccio? Ricordi di un’altra lettera che lo respingeva con freddezza, una regina che condannava un porcaro alle tenebre. Non importava. Lan aveva ragione. Ma lui voleva... Cosa? Chi? Occhi azzurri, verdi e castano scuro. Elayne, che forse lo amava e forse non riusciva a fare una scelta? Aviendha, che lo perseguitava con quello che non gli avrebbe più lasciato toccare? Min, che rideva di lui, che lo riteneva un sempliciotto? Tutto questo superò i confini del vuoto. Rand cercò di ignorarlo, di ignorare i ricordi angosciosi di un’altra donna con gli occhi azzurri, morta in uno dei corridoi del palazzo, molto tempo prima.
Doveva restare fermo sul posto mentre gli Aiel spuntavano da dietro a Bael, distribuendosi a destra e a sinistra. Era la sua presenza a mantenere la piattaforma. Sarebbe svanita non appena avesse varcato il passaggio. Aviendha attendeva quasi con la stessa calma di Pevin, anche se occasionalmente infilava la testa fuori per osservare in una direzione o l’altra della strada. Asmodean toccava la spada e respirava troppo velocemente; Rand si chiedeva se l’uomo sapesse come usare quell’oggetto. Non che ne avrebbe avuto bisogno. Mat guardò il muro come se avesse un brutto ricordo. Una volta anche lui era entrato nel palazzo da questa parte.
L’ultimo Aiel velato superò la porta e Rand fece uscire gli altri, quindi li seguì. Il passaggio svanì, lasciandolo nel mezzo di un lungo circolo di Fanciulle circospette. Alcuni Aiel correvano oltre le curve della strada che seguiva la linea della collina; tutte le strade della città interna seguivano la terra, scomparendo dietro gli angoli mentre cercavano e catturavano tutti quelli che avrebbero potuto dare l’allarme. Altri stavano risalendo il declivio e alcuni avevano addirittura incominciato a scalare il muro, usando piccoli ganci e catene come appigli.
Di colpo Rand si mise a osservare un punto. Alla sua sinistra la strada si dirigeva verso il basso fino a scomparire dalla vista; la discesa apriva la visuale oltre le torri dai tetti coperti di tegole che risplendevano nel sole del mattino con centinaia di colori diversi, e oltre, fino ai molti parchi della città interna, con i viottoli bianchi e i monumenti che formavano una testa di leone quando venivano osservati da quell’angolo. A destra la strada saliva un po’ prima di curvare, si vedevano altre torri sormontate da guglie o cupole di diverse forme che splendevano sopra i tetti. Gli Aiel riempivano le strade, aprendosi velocemente a ventaglio attorno al palazzo. Aiel e nessun altro. Il sole era abbastanza alto perché la gente fosse fuori a sbrigare le proprie faccende, anche così vicino al palazzo.
Come in un incubo il muro sopra di lui cadde in avanti in una mezza dozzina di punti diversi, Aiel e pietre cadevano su quelli che ancora si stavano arrampicando. Prima che i pezzi di pietra che rimbalzavano e rotolavano raggiungessero la strada nelle aperture, apparvero dei Trolloc; lasciavano cadere gli arieti che avevano usato ed estraevano le spade a forma di falce, altri con le asce chiodate e lance uncinate, enormi forme umane con la cotta di maglia nera, chiodi sulle spalle e sui gomiti, grandi volti umani deformati da musi e grugni, becchi, corna e piume, scendevano a precipizio dal pendio, mentre un Myrddraal si stagliava come un serpente di mezzanotte al centro del gruppo. Lungo tutta la strada Trolloc ululanti e Myrddraal silenziosi fluivano copiosi dai varchi nel muro, balzavano fuori dalle finestre. Dal cielo senza nuvole partì un fulmine.