Rand lavorò flussi di Fuoco e Aria per controbattere Fuoco e Aria, uno scudo che si espanse lentamente per contenere la caduta del fulmine. Troppo lento. Un fulmine colpì lo schermo sopra la testa di Rand, dissolvendosi in un bagliore accecante, e altri ne seguirono tanto che i capelli di Rand si rizzarono come se l’aria vibrasse in seguito a un tremendo colpo di martello. Perse quasi la presa sui flussi, il vuoto, ma tesseva quello che non poteva vedere con gli occhi ancora abbagliati dalla luce brillante; estendeva lo scudo contro i fulmini che scendevano dai cieli, e li sentiva schiantarsi contro. Cercavano di raggiungerlo, e la situazione poteva cambiare da un momento all’altro. Attingendo saidin dal ter’angreal che aveva in tasca, lavorò lo scudo finché non fu sicuro che aveva coperto almeno la metà della città interna, quindi lo legò. Mentre si alzava in piedi la vista cominciò a tornare, acquosa e dolorosa dapprincipio. Doveva muoversi velocemente. Rahvin sapeva che lui era lì. Doveva...
Tutto era avvenuto in pochi attimi. A Rahvin non importava quanti dei suoi avesse abbattuto. Trolloc e Myrddraal storditi lungo il pendio cadevano colpiti dalle lance delle Fanciulle, molte delle quali erano a loro volta instabili. Alcune Fanciulle, quelle più vicine a Rand, si stavano rialzando da dove erano state scagliate e Pevin era in piedi a gambe divaricate, mantenendosi in equilibrio con il supporto dell’asta della bandiera rossa, il volto sfregiato, inespressivo come ardesia. Altri Trolloc emersero dalle aperture del muro soprastante e il clamore della battaglia riempì le strade, ma avrebbe anche potuto essere in un’altra nazione per quanto riguardava Rand.
La maggior parte dei fulmini era stata scagliata nella prima raffica, ma non tutti erano stati diretti contro di lui. Gli stivali fumanti di Mat si trovavano a una dozzina di passi da lui, che era disteso sul dorso. Fili di fumo salivano dall’asta nera della sua lancia, dalla giubba, e dal medaglione d’argento con la testa di volpe che pendeva fuori dalla camicia, che non lo aveva protetto da un uomo che incanalava. Asmodean era una sagoma di carbone contorta, riconoscibile solo dalla custodia carbonizzata dell’arpa ancora legata dietro la schiena. E Aviendha... Incolume, sembrava che stesse riposando, con gli occhi sgranati puntati in direzione del sole.
Rand si inchinò per toccarle una guancia. Stava diventando fresca. Emanava la sensazione... non di carne.
«RAAAHVIIIIN!»
Rimase leggermente stupito sentendo quel suono sgorgagli dalla gola. Sembrava che fosse seduto da qualche parte in fondo alla propria testa, il vuoto che lo circondava più vasto, più vuoto di quanto non fosse mai stato. Laidi infuriava dentro di lui. Non gli sarebbe importato se lo avesse consumato. La contaminazione filtrava da ovunque, lucidava tutto. Non gli importava.
Tre Trolloc superarono le Fanciulle, brandendo grandi asce chiodate e lance uncinate, gli occhi fin troppo umani fissi su di lui, apparentemente incolume. Quello con le zanne di cinghiale cadde grazie alla lancia di Enaila che gli aveva trapassato la schiena. Becco d’aquila e muso d’orso gli corsero incontro, uno con gli stivali, l’altro su delle zampe.
Rand stava sorridendo.
Dai due Trolloc eruppe il fuoco, una fiamma per ogni poro che sgorgava dalla cotta di maglia nera. Mentre spalancavano le bocche per gridare si aprì un passaggio vicino a loro. Delle metà di Trolloc incendiati, tranciate di netto, caddero al suolo, ma Rand fissava l’apertura. Non era buio, e si vedeva una grande sala con delle colonne e dei pannelli di pietra con incisi dei leoni, dove un grosso uomo con le tempie bianche fra i capelli scuri lo fissava sorpreso da un trono dorato. Una dozzina di uomini, alcuni vestiti come dei lord, altri con i pettorali di metallo, si voltarono per seguire lo sguardo del loro signore.
Rand non prestò loro alcuna attenzione. «Rahvin» lo chiamò. O forse qualcun altro, non era certo di chi avesse parlato. Lanciando fuoco e fulmini davanti a lui, scavalcò il passaggio e lasciò che si chiudesse alle sue spalle. Rand era la morte.
Nynaeve non aveva alcun problema a mantenere l’umore adatto a incanalare un flusso di Spirito nella donna dormiente scolpita nell’ambra che portava nel sacchetto appeso alla cintura. Anche la sensazione di occhi invisibili non poteva toccarla, schermata com’era dalla rabbia di quella mattina. Siuan si trovava davanti a lei in una strada di Salidar nel tel’aran’rhiod, una strada deserta se non per la loro presenza e alcune mosche. Si fermò a osservarle incuriosita prima di proseguire.
«Devi concentrarti» gridò Nynaeve. «La prima volta avevi più controllo. Concentrati!»
«Mi sto concentrando, sciocca ragazza!» L’abito di lana e semplice di Siuan divenne improvvisamente di seta. Aveva la stola di sette colori dell’Amyrlin Seat attorno al collo e un serpente d’oro si mordeva la coda attorno a un dito. Mentre lanciava un’occhiata torva, Nynaeve non sembrava consapevole del cambiamento, anche se era la quinta volta che quel giorno indossava quella stessa combinazione. «Se ci sono delle difficoltà, dipendono da quel disgustoso intruglio che mi hai somministrato! Ne sento ancora il sapore. Come gallette di pesce!» Stola e anello svanirono, il collo alto dell’abito di seta divenne abbastanza basso da rivelare l’anello di pietra che aveva al collo, appeso a una sottile catenina d’oro.
«Se non avessi insistito per farti insegnare a usare l’anello quando avevi bisogno di qualcosa per dormire, non ti sarebbe servito.» Nella mistura aveva aggiunto un po’ di radice di linguapecora e alcune altre cosette che non erano davvero necessarie. La donna meritava di sentire quel saporaccio.
«Non riesci a insegnarmi nulla quando addestri Sheriam e le altre.» La seta divenne chiara, il collo di nuovo alto, circondato da merletto bianco e fra i capelli un cappuccio tempestato di perle. «O preferiresti che venissi dopo di loro? Dici di avere bisogno di un po’ di sonno indisturbato.»
Nynaeve tremava con i pugni chiusi lungo i fianchi. Sheriam e le altre non erano le sole a provocare la sua rabbia. Lei ed Elayne facevano dei turni per portarle nel tel’aran’rhiod due per volta, capitava anche tutte e sei in una notte, e sebbene lei fosse l’insegnante le facevano pensare che fosse Ammessa e loro Aes Sedai. Una parola dura quando commettevano un errore sciocco... Elayne era solo stata mandata una volta a pulire le pentole, ma le mani di Nynaeve erano rovinate per via dell’acqua calda e saponata, in ogni caso nel luogo in cui il suo corpo dormiva. Ma non erano le peggiori. E non lo era nemmeno il fatto che riusciva appena ad avere un momento per investigare cosa, se era possibile, poteva essere fatto per la quietatura e la domatura. Logain cooperava di più rispetto a Siuan e Leane. Grazie alla Luce capiva che doveva mantenere il segreto. O lo pensava. Probabilmente credeva che la donna prima o poi lo avrebbe guarito. No, la cosa peggiore era che Faolain era stata esaminata e promossa... non Aes Sedai, non senza la Verga dei Giuramenti che era conservata alla Torre, ma qualcosa di più che Ammessa. Adesso Faolain indossava gli abiti che preferiva e se non poteva portare la stola o scegliere un’Ajah di appartenenza, le era stato conferito un tipo diverso di autorità. Nynaeve pensava di avere servito più tazze d’acqua, portato più libri a posto, lasciati deliberatamente in giro — di questo era certa — più spille e boccette di inchiostro negli ultimi quattro giorni di quanto avesse fatto per tutta la permanenza nella Torre. Eppure Faolain non era la peggiore. Non voleva nemmeno pensarci. La rabbia che provava avrebbe potuto scaldare una casa d’inverno.