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Balconi e finestre si affacciavano sul giardino, in alcuni punti erano alti quattro piani. Rahvin aveva provato a... disfarlo. Attinse al torrente furioso di saidin attraverso il ter’angreal. Dal cielo piovvero fulmini, centinaia di biforcazioni che colpirono ogni finestra, ogni balcone. I tuoni rimbombarono nel giardino, facendo cadere pezzi di pietra. L’aria crepitò, i peli sulle braccia e sul petto si rizzarono sotto alla camicia. Anche i capelli incominciarono a rizzarsi. Lasciò morire i fulmini. Di tanto in tanto cadevano dei pezzi di pietra, cornici di finestre e pezzi di balcone, il rumore della loro caduta era sopraffatto dal fragore del tuono che ancora gli risuonava nelle orecchie.

Adesso dove una volta vi erano state le finestre si aprivano dei buchi, come orbite di un teschio mostruoso, i balconi in rovina sembravano una dozzina di bocche scheggiate. Se Rahvin si fosse trovato dietro uno qualsiasi di quelle, certamente era morto. Rand non ci avrebbe creduto fino a quando non avesse visto il corpo. Voleva vedere Rahvin morto.

Con un’espressione distorta che non sapeva di avere, rientrò a grandi passi nel palazzo. Aveva voluto vedere morire Rahvin.

Nynaeve si appiattì e strisciò lungo i pavimenti del corridoio mentre qualcosa attraversò il muro vicino a lei. Moghedien fece lo stesso a gran velocità, ma se non l’avesse fatto, l’avrebbe tirata dall’a’dam. Era stato Rand o Rahvin? Aveva visto delle barre di fuoco bianco, luce liquida, come quella a Tanchico e non voleva trovarsi di nuovo vicina a una di quelle. Non sapeva di cosa si trattasse e non aveva alcuna intenzione di scoprirlo. Voglio guarire, che entrambi questi sciocchi uomini siano folgorati, non imparare un modo estroso di uccidere! Pensò.

Nynaeve si accovacciò a guardare nella direzione dalla quale erano venute. Nulla. Il corridoio vuoto di un palazzo. Con uno squarcio di tre metri su entrambe le pareti, preciso come quello che avrebbe potuto fare un costruttore, con brandelli di arazzi in terra. Nessun segno dei due uomini. Fino a quel momento non li aveva nemmeno intravisti. Solo il loro operato era visibile. A volte ne aveva quasi fatto parte. Era un bene che potesse attingere dalla rabbia di Moghedien, estrarla dal terrore che la attanagliava e lasciare che penetrasse in lei. Era una sensazione pietosa che non le avrebbe nemmeno permesso di percepire la Vera Fonte, meno ancora incanalare il flusso di Spirito che la manteneva in tel’aran’rhiod.

Moghedien era ripiegata sulle ginocchia a vomitare. Nynaeve tese le labbra. La donna aveva di nuovo provato a rimuovere l’a’dam. La sua cooperazione era svanita velocemente quando avevano scoperto che Rand e Rahvin si trovavano in tel’aran’rhiod. Be’, tentare di togliersi il collare dal collo era una punizione in se stessa. Almeno stavolta Moghedien non aveva nulla nello stomaco.

«Ti prego» Moghedien prese la gonna di Nynaeve. «Dobbiamo andare via.» Il panico puro rendeva la voce della donna straziante. Aveva il terrore dipinto in volto. «Sono qui in carne e ossa. In carne e ossa!»

«Sta’ zitta» le rispose assente Nynaeve. «A meno che tu non mi abbia mentito, questo per me è un vantaggio.» L’altra donna sosteneva che essere nel Mondo dei Sogni fisicamente limitava il controllo che potevi avere sul sogno. O meglio, lo aveva ammesso, dopo essersi lasciata sfuggire un po’ della sua conoscenza. Aveva anche ammesso che Rahvin non conosceva tel’aran’rhiod bene quanto lei. Nynaeve sperava che avesse voluto dire che non lo conosceva bene quanto ‘lei.’ Ne sapeva più di Rand, su questo non aveva dubbi. Quell’uomo sciocco! Qualunque fossero i motivi per inseguire Rahvin, non avrebbe mai dovuto permettere all’uomo di portarlo lì, dove non conosceva le regole, dove i pensieri potevano uccidere.

«Perché non vuoi capire quello che ti dico? Anche se si fossero solo sognati qui, ognuno dei due sarebbe più forte di noi. Qui, in carne e ossa, potrebbero schiacciarci senza nemmeno battere ciglio. In carne e ossa possono attingere saidin più profondamente di come possiamo attingere noi a saidar sognando.»

«Siamo legate.» Sempre senza prestare attenzione, Nynaeve tirò forte la treccia. Non c’era modo di capire in quale direzione fossero andati. E nulla poteva avvertirle della loro presenza, se non il vederli. Reputava ingiusto che loro potessero incanalare quando lei non era in grado di vedere o percepire i flussi. Una lampada tagliata in due divenne improvvisamente integra, poi si spezzò di nuovo. Quel fuoco bianco doveva essere incredibilmente potente. Tel’aran’rhiod si aggiustava velocemente da solo, qualunque cosa si tentasse di fare.

«Tu, stupida senza cervello» singhiozzò Moghedien, scuotendo la gonna di Nynaeve con entrambe le mani. «Non ha importanza quanto tu sia coraggiosa. Siamo legate, ma tu non contribuisci per niente nel tuo stato. Nemmeno un po’. È la mia forza e la tua follia. Loro sono presenti in carne e ossa, non nel sogno! Stanno usando cose che non ti sei nemmeno mai sognata! Ci distruggeranno se restiamo!»

«Parla a voce bassa» scattò Nynaeve. «Vuoi portare uno di loro dritto su di noi?» Guardò velocemente in entrambe le direzioni, ma il corridoio sembrava ancora vuoto. Aveva sentito dei passi? Rand o Rahvin? Sia l’uno che l’altro dovevano essere avvicinati con molta prudenza. Un uomo che lottava per la propria vita poteva colpire prima di vedere che si trattava di amici. Be’, lei almeno lo era.

«Dobbiamo andare via» insisteva Moghedien, ma a voce bassa. Si era alzata, la sfida impunita le distorceva la bocca. Paura e rabbia la facevano fremere, la prima più forte, poi la seconda. «Perché dovrei aiutarti ancora? Questa è una follia!» «Preferisci di nuovo il nido di vespe?»

Moghedien strinse gli occhi, che rimasero comunque ostinati. «Credi che lascerei che mi uccidessero piuttosto che subire del dolore inflitto da te? Sei pazza. Non mi muoverò da qui finché non mi porterai via.»

Nynaeve tirò di nuovo la treccia. Se Moghedien si rifiutava di camminare avrebbe dovuto trascinarla. Il che avrebbe ritardato la sua ricerca in quelli che sembravano chilometri di corridoi ancora da investigare. Avrebbe dovuto essere più severa la prima volta che aveva provato a fermarsi. Al posto di Nynaeve Moghedien l’avrebbe uccisa senza un momento di esitazione, o, se avesse pensato che l’altra poteva essere utile, avrebbe usato quel trucchetto per impossessarsi della volontà altrui, facendosi adorare. Nynaeve lo aveva provato una volta, a Tanchico, e anche se avesse saputo come farlo, non credeva che avrebbe potuto usarlo contro qualcun altro. Disprezzava la donna, la odiava con tutte le sue forze. Ma anche se non avesse avuto bisogno di lei, non avrebbe potuto ucciderla a sangue freddo. Il problema era che aveva paura che Moghedien lo sapesse.

Era anche vetro che la Sapiente guidava la Cerchia delle Donne, anche quando la Cerchia non era d’accordo, e le donne della Cerchia punivano quelle che trasgredivano la legge o offendevano profondamente le usanze. Per alcune trasgressioni puniva anche gli uomini. Forse non aveva lo stesso stomaco di Moghedien per gli assassinii, per schiacciare la mente delle persone, ma...

Moghedien aprì la bocca e Nynaeve la riempì con un bavaglio di Aria. O meglio, lo fece fare a Moghedien. Con l’a’dam che le legava era come se fosse lei a incanalare, ma Moghedien sapeva che erano le sue capacità a venire usate, come un attrezzo fra le mani di Nynaeve. Gli occhi scuri brillarono indignati mentre il flusso di Moghedien le bloccava le braccia lungo i fianchi e le stringeva la gonna attorno alle caviglie. Per il resto, Nynaeve aveva usato l’a’dam, come con il nido di vespe, creando la sensazione che voleva far provare all’altra donna. Non la realtà. La sensazione della realtà.

Moghedien si irrigidì nel suo legame mentre una cinghia di cuoio parve colpirla sul fondoschiena. Era la sensazione che avrebbe provato. Oltraggio e umiliazione passarono attraverso il guinzaglio. E disprezzo. A confronto dei sistemi elaborati della donna per far del male agli altri, questa sembrava la punizione adatta a una bambina.