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Lentamente i corpi e le teste dei cani si sciolsero, diventando delle pozze di ombra liquida che tremavano leggermente, come se fossero vive. Anche il loro sangue, sparso al suolo, tremava. Di colpo le piccole pozze fluirono attraverso il pavimento in rivoli disgustosi per unirsi a quelle più larghe che colavano piano lontano dal mosaico facendosi sempre più alte, finché i tre enormi cani furono di nuovo in piedi, sbavando e ringhiando mentre si preparavano a saltare.

Non sapeva perché era sorpreso, in lontananza fuori dal vuoto. Cani, sì, ma progenie dell’Ombra. Chiunque li aveva mandati non era stato così incauto come aveva pensato all’inizio. Ma ancora non lo conoscevano.

Invece di rigenerare la spada incanalò come si ricordava di aver fatto tempo addietro. Ululando i grossi cani balzarono e una spessa barra di luce bianca scaturì dalle mani di Rand, come acciaio fuso, fuoco liquido. La fece scorrere sulle creature in volo. Per un istante divennero delle strane ombre di se stesse, tutti i colori capovolti, quindi mutarono in puntini luminosi che si separarono fra loro, sempre più piccoli, finché non rimase nulla.

Rand rilasciò quella cosa che aveva generato con un sorriso cupo. Una barra di luce purpurea sembrava ancora attraversargli la visione.

Nella grande stanza il pezzo di una colonna crollò sulle mattonelle del pavimento. Dove quella barra di luce — o qualsiasi cosa fosse, non proprio luce — era passata erano caduti dei pezzi di colonna recisi di netto. Un taglio divideva a metà la parete dietro le colonne.

«Qualcuno di loro ti ha morso o ha sanguinato su di te?»

Rand si voltò di scatto al suono della voce sommessa di Moiraine. Assorto nel pensiero di quanto aveva appena compiuto, non l’aveva sentita salire le scale. Stava in piedi con entrambe le mani serrate sulla gonna e lo fissava, con il volto perso fra le ombre proiettate dalla luna. Probabilmente aveva percepito quelle creature come aveva fatto lui, ma per essere arrivata così presto doveva aver corso. «Le Fanciulle ti hanno lasciata passare? Sei diventata Far Dareis Mai, Moiraine?»

«Mi hanno concesso alcuni dei privilegi di una Sapiente» rispose rapida, con la voce di solito melodiosa alterata dall’impazienza. «Ho detto alle guardiane che dovevo parlarti urgentemente. Adesso rispondimi! I Segugi Neri ti hanno morso o hanno sanguinato su di te? La loro saliva ti ha raggiunto?»

«No» rispose lentamente. Segugi Neri. Il poco che sapeva lo aveva appreso dalle storie usate di solito per spaventare i bambini nelle terre del Sud. Anche alcuni adulti le credevano vere. «Perché il morso di un cane dovrebbe preoccuparti? Puoi guarirlo. Significa che il Tenebroso è libero?» Racchiuso com’era nel vuoto, anche la paura era un sentimento lontano.

Le favole che aveva sentito narravano che i Segugi Neri cavalcavano nella notte durante la Caccia Furiosa, con il Tenebroso in persona in veste di cacciatore. Non lasciavano alcuna impronta nemmeno sul terreno più soffice, solo sulla pietra, e non si sarebbero fermati fino a quando li affrontavi e li sconfiggevi, o mettevi dell’acqua corrente fra te e loro come ostacolo. Agli incroci, in teoria, c’era il rischio di incontrarli, di solito subito dopo il tramonto o appena prima dell’alba. Rand aveva visto abbastanza personaggi delle vecchie favole in carne e ossa da credere che potevano essere tutti veri.

«No, non quello, Rand.» Sembrava che Moiraine stesse recuperando il solito autocontrollo. La voce era tornata argentina, calma e fredda. «Sono solo un altro tipo di progenie dell’Ombra, qualcosa che non avrebbe mai dovuto essere creata. Ma il loro morso è morte sicura come un pugnale conficcato nel cuore e non credo che avrei potuto guarire quel tipo di ferita prima che ti uccidesse. Il loro sangue e la saliva sono velenosi. Una goccia sulla pelle può uccidere, lentamente, con molto dolore alla fine. Sei fortunato che fossero solo tre. A meno che non ne abbia uccisi altri prima che arrivassi. I branchi di solito sono più numerosi, dieci o dodici, almeno questo è quanto riportano le carte rinvenute dopo la Guerra dell’Ombra.»

Branchi più numerosi. Lui non era la sola preda nel Rhuidean per uno dei Reietti...

«Dobbiamo parlare di ciò che hai usato per ucciderli» iniziò Moiraine, ma Rand stava già correndo alla massima velocità, ignorando le richieste di Moiraine che gli domandava dove stesse andando e perché.

Giù per rampe di scale, attraverso corridoi scuri, le Fanciulle bruscamente risvegliate dal rumore degli stivali lo guardavano con aria costernata dalle stanze illuminate dalla luce lunare. Attraversò le porte frontali dove Lan aspettava impaziente insieme alle altre due donne di guardia, il mantello cangiante dei Custodi sulle spalle che faceva sembrare alcune parti del corpo fuse con il buio della notte.

«Dov’è Moiraine?» gridò mentre Rand passava velocemente, ma il Drago scese i gradini due alla volta senza rispondere.

La ferita parzialmente risanata nel fianco pulsava, ma era a malapena consapevole del dolore dall’interno del vuoto quando raggiunse l’edificio che cercava. Si trovava ai margini del Rhuidean, lontano dalla piazza, il più lontano possibile dal campo che Moiraine divideva con le Sapienti pur rimanendo in città. I piani superiori erano crollati creando delle montagnole di detriti sparsi sulla terra piena di crepe oltre la pavimentazione. Solo i due piani inferiori erano ancora integri. Ignorando gli sforzi del proprio corpo che avrebbe voluto ripiegarsi su se stesso per il dolore, entrò, sempre correndo all’impazzata.

Una volta la grande stanza circondata da un balcone di pietra era alta, adesso lo era anche di più, a cielo aperto nella notte, il pavimento di pietra chiara era cosparso di frammenti di muro a seguito del crollo. Alla luce della luna, sotto al balcone, tre Segugi Neri stavano in piedi sulle zampe posteriori, mentre artigliavano e mordevano una porta di bronzo che tremava a quel potente assalto. L’odore di zolfo bruciato era forte nell’aria.

Rammentando quanto era appena accaduto, Rand balzò di lato e incanalò. La barra di fuoco bianco e liquido tagliava la porta mentre distruggeva la progenie dell’Ombra. Stavolta aveva cercato di crearne di meno, per limitare la distruzione ai Segugi Neri, ma lo spesso muro in fondo alla stanza era perforato. Non completamente però, anche se era difficile riuscire a vedere al chiarore della luna, ma doveva comunque imparare a controllare quest’arma.

La copertura di bronzo delle porte era lacera e divelta come se i denti e le unghie dei Segugi fossero state davvero d’acciaio. La luce delle lampade filtrava da una serie di piccoli fori. Sul pavimento di pietra c’erano le impronte delle zampe, ma sorprendentemente poche. Rilasciando saidin trovò un punto sulle porte dove bussare senza ferirsi la mano. Di colpo il dolore nel fianco si fece molto reale e presente. Inspirò profondamente e cercò di ignorarlo. «Mat? Sono io, Rand! Aprimi, Mat!»

Dopo un po’ si aprì uno spiraglio che fece passare la luce delle lampade. Mat guardò dubbioso, quindi aprì le porte, appoggiandosi contro un’anta come se avesse corso per dieci chilometri trasportando un sacco pieno di sassi. A parte un medaglione d’argento che rappresentava una testa di volpe, con l’occhio che riproduceva l’antico simbolo delle Aes Sedai, era nudo. Visto quello che Mat provava nei confronti delle Aes Sedai, Rand rimase stupito che non avesse venduto l’oggetto da tempo. In fondo alla stanza una donna alta dai capelli biondo oro stava avvolgendosi con calma una coperta sulle spalle. Una Fanciulla, a giudicare da lance e scudo appoggiati in terra.

Rand distolse rapido lo sguardo e si schiarì la gola. «Volevo solo accertarmi che stessi bene.»

«Stiamo bene.» Mat guardò a disagio verso l’anticamera. «Adesso stiamo bene. Li hai uccisi o qualcosa di simile? Non voglio sapere cos’erano, finché non siano spariti. A volte è maledettamente difficile essere tuo amico.»

Non solo un amico. Un altro ta’veren e forse una chiave per la vittoria durante Tarmon Gai’don. Chiunque volesse colpire Rand aveva motivo di colpire anche Mat. Ma lui cercava sempre di negare entrambi i fatti. «Non ci sono più, Mat. Segugi Neri. Tre.»