Non appena salì sul disco questo balzò per quella che era sembrata una breve distanza e si fermò; davanti a Rand apparve un altro passaggio. Abbastanza veloce, specialmente per distanze brevi. Rand scese nel corridoio che aveva di fronte, dove lo aspettava Asmodean.
La luna che filtrava dalla finestra in fondo al corridoio era la sola fonte di luce, la lampada dell’uomo era spenta. I flussi che aveva creato attorno alla stanza erano ancora presenti, sempre legati fermamente. Non si muoveva nulla, ma persisteva un vago odore di zolfo bruciato.
Avvicinandosi alla tenda di perline Rand guardò oltre la soglia. La stanza era piena di ombre proiettate dalla luna, ma una di loro era Asmodean che si agitava fra le coperte. Avvolto nel vuoto Rand riusciva a percepirne il battito cardiaco e l’odore del sudore che lo ricopriva in seguito ai sogni agitati. Si inchinò per esaminare le mattonelle e le impronte dei cani stampate sopra.
Aveva imparato da bambino a seguire le tracce e interpretarle non era difficile. C’erano stati tre o quattro Segugi Neri lì. Si erano avvicinati alla soglia uno alla volta, ognuno camminando quasi sulle impronte del precedente. Forse la rete di flussi intessuta attorno alla stanza li aveva trattenuti? O forse erano solo stati inviati a controllare e riferire? Era preoccupante pensare che i cani della progenie dell’Ombra potessero avere quell’intelligenza. Ma in fondo i Myrddraal usavano i corvi e i topi come spie e altri animali strettamente legati alla morte. Gli Aiel li chiamavano Occhi dell’Ombra.
Incanalando dei sottili flussi di Terra eliminò le impronte dalle mattonelle, sollevando la depressione fino a riportarla al livello normale; seguì le tracce fino a trovarsi nelle strade vuote ammantate di oscurità a un centinaio di passi dall’edificio. Di giorno chiunque sarebbe stato in grado di vedere la pista che terminava lì, ma nessuno avrebbe sospettato che i Segugi Neri si fossero avvicinati ad Asmodean. A quelli non poteva interessare il menestrello Jasin Natael.
Probabilmente ogni Fanciulla della città ormai era sveglia. Di sicuro nessuna ancora dormiva sotto al tetto delle Fanciulle. Aprendosi un altro passaggio nella strada, un’oscurità più profonda nella notte, lasciò che il disco lo trasportasse di nuovo nella sua stanza. Si chiese perché avesse scelto l’antico simbolo Aes Sedai — era stata una scelta, anche se inconscia. Altre volte era uno scalino o un pezzo di pavimento. I Segugi Neri erano fluiti lontani da quella figura prima di riformarsi. ‘Sotto questo simbolo egli conquisterà.’
In piedi nella camera buia incanalò per accendere le lampade, ma non rilasciò saidin. Invece incanalò ancora, attento a non far scattare le trappole che aveva disseminato nella stanza, e un pezzo di muro scomparve, rivelando una nicchia che aveva scavato lui in persona.
Nella piccola alcova erano riposte due statuine alte trenta centimetri circa, un uomo e una donna; entrambe con indosso abiti fluttuanti e il volto sereno, tenevano sospeso su una mano un globo di cristallo. Aveva mentito ad Asmodean riguardo queste statue.
Esistevano angreal, come il piccolo uomo rotondo nella sua tasca, e dei sa’angreal, come Callandor, che aumentavano la quantità di Potere che poteva essere maneggiata con sicurezza anche contro un angreal; come un angreal poteva essere impiegato contro qualcuno che incanalava senza aiuto. Entrambi erano rari e preziosi per le Aes Sedai, anche se potevano riconoscere solo quelli che venivano usati dalle donne e sintonizzati su saidar. Queste due statue erano qualcos’altro, non così raro, ma altrettanto preziose. I ter’angreal erano stati creati per usare il Potere, non per amplificarlo, per usarlo in un modo specifico.
Le Aes Sedai non conoscevano lo scopo e l’utilizzo della maggior parte dei ter’angreal che custodivano nella Torre Bianca. Alcuni li utilizzavano, ma senza sapere se l’uso che ne facevano loro era simile a quello per cui erano stati creati. Rand sapeva come usare questi due.
La statua maschile poteva legare una persona a un’enorme replica di se stessa, il più potente sa’angreal mai creato, anche se questa persona si fosse trovata dall’altro lato dell’oceano Aryth. Era stata scolpita solo dopo che la prigione del Tenebroso fu di nuovo sigillata — come faceva a saperlo? — e nascosta prima che uno qualsiasi degli Aes Sedai maschi impazziti riuscisse a trovarla. La statua femminile poteva fare lo stesso per una donna, unendola all’equivalente femminile della grande statua che Rand sperava fosse ancora quasi completamente sepolta a Cairhien. Con tutto quel potere... Moiraine aveva detto che la morte non poteva essere guarita.
Senza cercarli o volerli, i ricordi delle ultime due volte che aveva osato impugnare Callandor riaffiorarono alla mente di Rand, immagini che fluttuavano oltre il vuoto.
Il corpo della ragazzina con i capelli neri, poco più di una bambina, che giaceva scomposta con gli occhi fissi rivolti verso il soffitto, il sangue che le macchiava il petto nel punto in cui un Trolloc l’aveva calpestata.
Lui era il Potere. Callandor avvampò e Rand fu il Potere. Incanalò, dirigendo i flussi nel corpo della bambina, investigando, cercando, annaspando. La piccola era balzata in piedi, le braccia e le gambe erano innaturalmente rigide e si muovevano a scatti. ‘Rand, non puoi farlo’ aveva gridato Moiraine. ‘Non questo!’
Respirare. Doveva respirare. Il petto della ragazzina si muoveva ritmicamente. Il cuore. Doveva battere. Il sangue era già denso e scivolava dalla ferita sul torace. Vivi, che tu sia folgorata! La mente di Rand gridava. Non volevo arrivare troppo tardi! Gli occhi della piccola lo fissavano, vitrei, incuranti del Potere che lo colmava. Senza vita. Le lacrime sgorgarono e scivolarono sulle guance di Rand.
Scacciò il ricordo bruscamente, anche se era avvolto nel vuoto, gli faceva male. Con tutto questo Potere... Con tutto questo Potere non poteva fidarsi. «Non sei il Creatore» gli aveva detto Moiraine mentre stava in piedi vicino a quella bambina. Ma con quella statuina maschile, con solo la metà di quel potere, una volta aveva mosso le montagne. Con molto meno, solo con Callandor, era stato sicuro di far girare la Ruota all’indietro, far rivivere una bambina morta. Non solo l’Unico Potere era seducente, anche il semplice potere. Avrebbe dovuto distruggerle entrambe. Al contrario generò di nuovo i flussi e rimise in uso le trappole.
«Cosa stai facendo qui?» disse una voce femminile mentre il muro ridiventava integro.
Provando velocemente la resistenza dei flussi e il loro legame con quelle sorprese mortali, ritirò il Potere e si voltò.
Accanto a Lanfear, con l’abito bianco e argento, Elayne, Min o Aviendha sarebbero sembrate ordinarie. Erano sufficienti gli occhi scuri per spingere un uomo a rinunciare alla propria anima. Alla vista della donna gli si strinse lo stomaco fino a sentire conati di vomito.
«Cosa vuoi?» le chiese. Una volta aveva bloccato Egwene ed Elayne dalla Vera Fonte, ma non si ricordava come aveva fatto. Fino a quando Lanfear poteva toccare la Vera Fonte, avrebbe avuto più possibilità di afferrare il vento con le mani che tenerla prigioniera. Un lampo di fuoco malefico e... pensò. Ma non poteva farlo. Lei era una dei Reietti, ma il ricordo della testa di una donna che rotolava in terra lo aveva bloccato.
«Ne hai due» disse Lanfear alla fine. «Mi è sembrato di aver visto... Tra cui una donna, vero?» Quel sorriso avrebbe potuto arrestare il cuore di un uomo e renderlo anche grato. «Stai incominciando a prendere in considerazione il mio piano, vero? Con quelle due gli altri Prescelti si inginocchieranno ai nostri piedi. Possiamo soppiantare il Tenebroso in persona, sfidare il Creatore. Noi...»