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Quando Mardecin apparve da sopra una collina, il sole ancora era lontano dal culmine. La città davanti a loro sembrava troppo grande per essere definita villaggio, larga quasi un chilometro e mezzo e separata da un piccolo torrente sormontato da un ponte fra due alture, con tanti tetti di ardesia quanti di paglia e una considerevole agitazione per le strade.

«Dobbiamo comperare dei rifornimenti,» osservò Nynaeve «ma bisogna fare in fretta. Possiamo ancora percorrere molta strada prima che scenda la notte.»

«Siamo sfiniti, Nynaeve» rispose Thom. «Abbiamo viaggiato ogni giorno dalla prima luce del mattino fino al tramonto per quasi un mese. Una giornata di riposo non farà una gran differenza prima che raggiungiamo Tar Valon.» Non aveva la voce stanca. Probabilmente aveva voglia di suonare l’arpa o il flauto in una delle taverne e farsi offrire del vino dagli uomini.

Juilin, che finalmente si era avvicinato al carro, aggiunse, «Mi piacerebbe trascorrere un giorno sui miei piedi. Non so se sia peggiore questa sella o il sedile di quel carro.»

«Penso che dovremmo trovare una locanda» aggiunse Elayne guardando Thom. «Ne ho abbastanza di dormire sotto al carro e mi piacerebbe sentirti raccontare una delle tue storie nella sala comune.»

«Un carro di mercanti è poco più di un carro di ambulanti» scattò Nynaeve. «E non possono permettersi di avere delle locande in una piccola città come questa.»

Non sapeva se fosse vero o no, ma malgrado il desiderio di fare un bagno e dormire fra lenzuola pulite non avrebbe lasciato che la ragazza se la cavasse per aver rivolto quel suggerimento a Thom. Ma solo dopo aver parlato si accorse di aver dato ragione a Thom e Juilin. Un giorno non farà male. Manca ancora molto prima di raggiungere Tar Valon.

Si rammaricava di non aver insistito per prendere una nave. Con un veliero veloce, un perlustratore del Popolo del Mare, avrebbero potuto arrivare a Tear in un terzo del tempo impiegato per attraversare Tarabon, finché avevano il vento favorevole, e con la giusta Cercavento Atha’an Miere non sarebbe stato un problema. Anche lei o Elayne avrebbero potuto occuparsene. I Tarenesi sapevano che erano amiche di Rand e avrebbero sudato a secchi per la paura di offendere il Drago Rinato. Avrebbero procurato loro una carrozza e una scorta per il viaggio fino a Tar Valon.

«Trova un posto dove possiamo accamparci» aggiunse con riluttanza. Avrebbe dovuto insistere per prendere una nave. Ormai sarebbero già arrivati alla Torre.

9

Un segnale

Nynaeve dovette ammettere che Thom e Juilin avevano scelto un buon posto per il campo, in un boschetto rado su una collina orientale, coperto di foghe morte, a un chilometro scarso da Mardecin. Degli alberi della gomma sparpagliati e alcuni tipi di salici dai rami bassi nascondevano alla vista il carro dalla strada, e un rivoletto largo un mezzo metro scendeva da una sporgenza rocciosa vicino alla cima, fino a un letto di fango essiccato largo il doppio. C’era abbastanza acqua per i loro scopi. Sotto agli alberi era anche leggermente fresco, una radura battuta da una leggera e gradita brezza.

Fatti abbeverare i cavalli e dopo averli legati dove potevano nutrirsi della scarsa erba, i due uomini lanciarono una moneta per decidere chi avrebbe cavalcato fino a Mardecin per acquistare ciò di cui avevano bisogno. Il lancio della moneta era un rituale che avevano elaborato i due. Thom, le cui dita agili erano abituate ai giochi di prestigio, non perdeva mai quando lanciava la moneta, per cui stavolta lo fece Juilin.

Thom vinse lo stesso e mentre stava togliendo la sella di Scansafatiche, Nynaeve infilò la testa sotto al sedile del carro e sollevò un’asse con il pugnale che aveva appeso alla cintura. Oltre a due piccoli scrigni nei quali erano conservati i gioielli regalati loro da Amathera, c’erano anche alcune borse contenenti delle monete. La Panarca era stata più che generosa per levarsele di tomo. Gli altri oggetti a confronto sembravano ridicoli. Una piccola scatola di legno, lucida ma semplice e senza ornamenti e un sacchetto di pelle piatto che mostrava la sagoma di un disco contenuto all’interno. Nella scatola c’erano i due ter’angreal che avevano preso all’Ajah Nera, entrambi legati ai sogni, e nel sacchetto... Era il loro trofeo da Tanchico. Uno dei sigilli della prigione del Tenebroso.

Per quanto fosse impaziente di scoprire dove le avrebbe mandate Siuan Sanche a dare la caccia all’Ajah Nera, era il motivo della fretta di raggiungere Tar Valon. Prendendo alcune monete da una delle borse evitò di toccare la sacca piatta. Più a lungo rimaneva in suo possesso, più voleva consegnarlo all’Amyrlin e disfarsene per sempre. A volte quando era vicina all’oggetto le sembrava di poter percepire il Tenebroso che cercava di liberarsi.

Congedò Thom con una manciata d’argento e una viva raccomandazione di cercare frutta e verdura. Entrambi gli nomini avrebbero comprato solo carne e fagioli, se li avesse lasciati fare. Lo zoppicare di Thom mentre si avviava verso la strada le provocò una smorfia, una vecchia ferita non poteva essere curata, come aveva spiegato Moiraine. Era così quello zoppicare. Non poteva essere guarito.

Quando aveva lasciato i Fiumi Gemelli, era stato per proteggere dei giovani del suo villaggio, portati via nella notte da un’Aes Sedai. Era andata alla Torre ancora con la speranza di difenderli in qualche modo, poi vi aveva aggiunto l’idea ambiziosa di eliminare Moiraine per quello che aveva fatto. Da allora il mondo si era trasformato. O forse lo vedeva differentemente. No, non sono io che sono cambiata. Io sono sempre uguale, è tutto il resto a essere cambiato, pensò.

Adesso tutto quello che poteva fare era proteggere se stessa. Rand era quel che era e non poteva mutarlo. Egwene era andata impazientemente per la sua strada, senza permettere a niente e a nessuno di trattenerla, anche se l’avrebbe condotta oltre un precipizio. Mat aveva imparato a pensare solo alle donne, a fare baldoria e a scommettere. A volte si trovava addirittura a simpatizzare con Moiraine, con suo sommo disgusto. Almeno Perrin era ritornato a casa, o così le aveva detto Egwene, un’informazione avuta di seconda mando da Rand. Forse Perrin era al sicuro.

Dare la caccia all’Ajah Nera era una cosa buona, giusta e soddisfacente — e terrificante, anche se cercava di tenere nascosto quell’aspetto. Era una donna adulta, non una ragazzina che aveva bisogno di nascondersi sotto le gonne della madre. Eppure non era la ragione principale per cui continuava a sbattere la testa contro a un muro, cercando di imparare l’uso del Potere quando la maggior parte delle volte non poteva incanalare più di Thom. Come Sapiente di Emond’s Field era stato gratificante indurre la Cerchia delle Donne a pensare come lei, soprattutto perché molte erano abbastanza grandi da poter essere sua madre. Lei non aveva molti più anni di Elayne ed era stata la Sapiente più giovane dei Fiumi Gemelli. Era molto appagante vedere il Consiglio del Villaggio fare quello che doveva, anche se erano uomini ostinati. Ma la soddisfazione più grande però era sempre stata quella di trovare la combinazione giusta di erbe per curare le malattie. Guarire con l’Unico Potere... Lo aveva fatto, annaspando, aveva curato qualcosa che le altre conoscenze non potevano curare. La gioia era tale da farla piangere. Un giorno avrebbe guarito Thom e lo avrebbe visto ballare. Un giorno avrebbe anche guarito la ferita nel fianco di Rand. Non c’era nulla che non potesse essere risanato, non se la donna che maneggiava il Potere era abbastanza determinata.

Quando voltò le spalle a Thom, vide che Elayne aveva riempito il secchio che di solito era appeso sotto al carro e si era inginocchiata per lavarsi mani e viso, con un asciugamano sulle spalle per non bagnare il vestito. Era qualcosa che anche lei voleva fare. Con quel caldo a volte era piacevole lavarsi con acqua fredda di ruscello. Spesso non ne avevano avuta a disposizione, tranne quella nei barili legati sul carro, che serviva per bere e cucinare più che per lavarsi.