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Che creatura odiosa, pensò Siuan. Se ci fosse un modo per riuscirci, le farei assegnare una punizione fino a che gli occhi non le escano dalle orbite. La donna pensava di meritare più rispetto, vero? «Grazie per il tuo aiuto» disse freddamente, rivolgendole una riverenza che sarebbe andata bene in qualsiasi corte. «Sei stata fin troppo gentile.»

Aveva fatto tre passi nella sala comune quando comare Tharne apparve alle sue spalle, alzando la voce in un grido goliardico che sovrastò il rumore. «Una fanciulla timida, quella là! Ha le gambe bianche e slanciate da farvi sbavare tutti quanti e si è messa a gridare come una bambina quando le ho detto che doveva mostrarvele! Si è seduta per terra ed è scoppiata a piangere! I fianchi erano abbastanza rotondi da soddisfare qualsiasi gusto e lei...!»

Siuan inciampò al suono delle risate, senza osservare la scena della donna. Fece altri tre passi con il viso rosso come una barbabietola, quindi iniziò a correre.

Una volta in strada si fermò a riprendere fiato e far calmare l’agitazione. Quella orribile vecchia strega! Avrei dovuto...! Non importava cosa avrebbe dovuto fare, quell’essere disgustoso le aveva detto quanto le serviva. Sallie Daera non era una donna. Solo un’Azzurra lo avrebbe capito, o anche sospettato. Salidar. Il luogo di nascita di Deane Aryman, la Sorella Azzurra che era divenuta Amyrlin dopo Bonwhin e che aveva salvato la Torre dalla rovina nella quale versava. Salidar. Uno degli ultimi posti al mondo dove chiunque cercherebbe un’Aes Sedai, non lontano dall’Amadicia. Due uomini che indossavano dei mantelli candidi e le cotte di maglia lucide cavalcavano in strada nella sua direzione, procedendo riluttanti con i cavalli di fianco ai carri. Figli della Luce. In questi giorni li trovavi ovunque. Abbassando la testa e guardando prudentemente i Manti Bianchi da sotto la falda del cappello, Siuan si avvicinò alla facciata blu e verde della locanda. Nell’oltrepassarla la osservarono — volti severi sotto elmetti conici — e proseguirono.

Siuan si morse le labbra per l’irritazione. Probabilmente arretrando aveva richiamato la loro attenzione. E se le avessero visto il volto? Naturalmente non sarebbe successo nulla. I Manti Bianchi avrebbero provato a uccidere un’Aes Sedai da sola, ma il suo non era più il volto di un’Aes Sedai. Però l’avevano colta mentre cercava di nascondersi ai loro occhi. Se Duranda Tharne non l’avesse sconvolta a quel modo non avrebbe commesso un errore tanto sciocco. Un tempo una sciocchezza come le osservazioni di comare Tharne non l’avrebbero fatta vacillare di un millimetro, quella gigantesca moglie di un pescatore con i capelli tinti non avrebbe osato dire una parola. Se questa bisbetica non apprezza i miei modi, io la... pensava. Ma avrebbe proseguito con la sua missione prima che comare Tharne la prendesse a pugni tanto da non consentirle di sedere in sella. A volte era duro ricordare che i giorni in cui poteva convocare re e regine erano finiti.

Camminando a lunghi passi per la strada guardò con tale intensità i conducenti di carri da frenare i soliti commenti a una ragazza graziosa che andava in giro da sola. Alcuni lo fecero.

Min era seduta su una panca contro il muro dell’affollata sala comune de Il giogo del non cavallo, mentre osservava un tavolo circondato da uomini in piedi, alcuni con delle fruste arrotolate, altri con le spade che li identificavano come guardie dei mercanti. Altri sei sedevano spalla a spalla attorno al tavolo. Riuscì solo a riconoscere Logain e Leane che avevano preso posto dall’altro lato. L’uomo aveva l’espressione contrariata, gli altri che attorniavano Leane pendevano dalle sue labbra sorridenti.

L’aria era densa per via del fumo di pipa e risuonava di chiacchiere che coprivano quasi del tutto la musica del flauto, del tamburello e della canzone di una ragazza che ballava su un tavolo fra i camini di pietra. Il motivo parlava di una donna che cercava di convincere sei uomini che ognuno era l’unico della sua vita. Min la trovava interessante anche quando la faceva arrossire. La cantante di tanto in tanto rivolgeva occhiate di gelosia verso il tavolo affollato. O meglio, contro Leane.

L’alta Domanese comandava già Logain a bacchetta quando erano entrati nel locale e aveva attratto gli uomini come le mosche sul miele con quella camminata ondeggiante e la luce ardente negli occhi. C’era quasi stata una rissa, Logain contro le guardie dei mercanti pronte a menare le mani o le spade, i pugnali erano stati snudati e il robusto proprietario con l’aiuto di due tipi muscolosi era dovuto intervenire con i manganelli. Leane aveva spento gli ardori nello stesso modo in cui li aveva provocati, con un sorriso qui, due parole là o un buffetto su una guancia. Anche il locandiere si era trattenuto per un po’, ammiccando come uno sciocco, fino a quando i clienti lo avevano richiamato. E Leane pensava di avere bisogno di fare pratica. Non era giusto.

Se potessi farlo a un uomo in particolare mi riterrei più che soddisfatta. Forse mi insegnerebbe... Luce, a cosa sto pensando? si chiese Min. Era sempre stata se stessa e gli altri potevano accettarla com’era oppure lasciarla in pace. Adesso stava meditando di cambiare, per un uomo. Era già terribile che dovesse nascondersi dietro un abito invece della giubba e le brache che aveva sempre portato. Ti guarderebbe se indossassi un abito dalla scollatura profonda. Devi mettere in mostra più di quanto abbia Leane, lei... smettila! si apostrofò.

«Dobbiamo andare a sud» le bisbigliò Siuan alle spalle e Min sobbalzò. Non aveva visto la donna entrare. «Adesso.» A giudicare dal luccichio negli occhi azzurri aveva scoperto qualcosa. Se poi l’avrebbe messa a parte di ciò era un’altra questione. Sembrava che si ritenesse ancora l’Amyrlin, la maggior parte del tempo.

«Non possiamo raggiungere nessun luogo con una locanda prima che scenda il buio» rispose Min. «Tanto vale che prendiamo delle stanze per stanotte.» Sarebbe stato piacevole dormire in un letto invece che sotto le siepi e nei fienili, anche se di solito doveva condividerlo con Siuan e Leane. Logain era disposto ad affittare loro delle stanze singole, ma Siuan era parsimoniosa anche quando era Logain a distribuire il denaro.

Siuan si guardò attorno, ma gli avventori presenti nella sala comune che non fissavano Leane ascoltavano la cantante. «È impossibile. Io... credo che alcuni Manti Bianchi potrebbero fare delle domande su di me.»

Min fischiò piano. «A Dalyn non piacerà.»

«Allora non dirglielo.» Siuan scosse il capo vedendo la folla riunita attorno a Leane. «Limitati a dire ad Amaena che dobbiamo andare. La seguirà. Speriamo solo che non lo facciano anche gli altri.»

Min sorrise sarcastica. Siuan poteva anche sostenere che non le importava se Logain aveva preso il comando — Dalyn — ignorandola ogni volta che cercava di fargli fare qualcosa, ma era ancora determinata a rimetterlo in riga.

«Cos’è Il giogo del nono cavallo in ogni caso?» chiese alzandosi in piedi. Era uscita dalla locanda nella speranza che sull’insegna ci fosse un suggerimento, ma c’era scritto solo il nome. «Ho visto dei tiri a otto o dieci, ma mai nove.»

«In questa città» spiegò Siuan compassata, «è meglio non chiedere.» Il rossore improvviso sulle guance di Siuan fece capire a Min che la donna doveva saperlo molto bene. «Valli a chiamare. Dobbiamo percorrere molta strada e non abbiamo tempo da perdere. E non farti sentire da nessuno.»

Min sbuffò piano. Con quel sorrisetto sul volto di Leane nessuno l’avrebbe mai notata. Le sarebbe piaciuto sapere come aveva fatto ad attirare l’attenzione dei Manti Bianchi. Era l’ultima cosa di cui avevano bisogno e non era tipico di lei commettere errori. Voleva riuscire a farsi guardare da Rand come quegli uomini guardavano Leane. Se dovevano cavalcare tutta la notte — e sospettava che lo avrebbero fatto — forse Leane sarebbe stata disposta a spiegarle qualcosa.