«Ottantaquattro» precisò Dan. «Potete dire di aver indovinato, comunque.» Con un gesto disinvolto fece volare il mozzicone della sua sigaretta al di là del parapetto e aggiunse: «Che ne direste di ritrovarci alle cinque per un cocktail prima di cena?»
«Con molto piacere, Dan. Venite a prendermi nella mia cabina.»
«D’accordo, Joane. Alle cinque, allora.»
«Sono al numero trentasette.»
«Benissimo, siamo vicini. Io occupo la cinquantanove. E non pensate più al passato. Che vostro marito sia morto o che abbia perso la memoria, o che si sia allontanato di sua volontà, vi ha procurato già abbastanza dispiaceri. A lui non dovete più niente, e per me siete soltanto… Joane.»
«D’accordo» disse la ragazza con un sorriso. «A presto!»
Dan si diresse alla sua cabina senza voltarsi indietro.
Dopo essersi rasato e aver fatto una doccia fredda, si sentì meglio, ma era molto stanco. Le ultime ventiquattr’ore erano state intense di avvenimenti per lui, e non aveva dormito neppure un’ora. Si distese sul letto e quasi subito udì le sirene che annunciavano la partenza della nave. Qualche minuto, e poi l’ondeggiamento del mare.
Il viaggio era cominciato bene, si disse, pensando a Joane e ai suoi capelli incredibili. Era una donna eccezionale! Cullato dal rollio, Dan si addormentò.
Si svegliò alle cinque e un quarto. Se la fame non l’avesse svegliato, chissà fino a quando avrebbe continuato a dormire. Si vestì rapidamente rimproverandosi di essere in ritardo per l’appuntamento con Joane. Muovendosi in fretta per la cabina, urtò con il piede nella valigia non sua e si chiese cosa contenesse. Era curioso di saperlo, ma adesso non aveva tempo per guardare.
Alle cinque e mezzo bussò alla cabina trentasette.
«Entrate pure, Dan» gli rispose subito la voce della donna.
Era un vero e proprio appartamento, quello occupato da Joane. Il solo salotto era più grande di tutta la cabina di Dan, ed era ammobiliato riccamente in mogano. Alcune poltrone rallegravano l’ambiente e lo rendevano confortevole. In un angolo c’era uno spazioso divano, e accanto, un tavolino con una radio. Joane non era nel salotto. Farrell si affacciò alla camera e vide un grande letto, anch’esso in mogano, con una coperta di broccato rosa. A un lato del letto una deliziosa scrivania, e dall’altra parte una toilette con uno specchio a tre luci. Un armadio a muro, aperto, lasciava vedere il suo lussuoso e abbondante contenuto. In un angolo, alcune valigie di cuoio segnate dal monogramma J.M. Sul letto erano sparsi una vestaglia vaporosa, una camicia da notte, e un abito da sera. Tutto là dentro denotava che Joane amava il lusso e poteva concederselo.
La voce della donna lo chiamò da una porta socchiusa.
«Sì» disse lui.
«Non sono ancora pronta. Desolata di farmi aspettare, ma esco adesso dalla doccia. Farò in fretta, però, vedrete!»
Dan pensò che avrebbe a sua volta dovuto scusarsi del ritardo, ma Joane non gliene lasciò il tempo.
«Volete essere tanto gentile da cercarmi il rossetto nella borsetta?»
«Subito.»
La borsa era sulla toilette, e Dan cercò tra le mille cose che di solito una donna porta con sé. Gli capitò sotto le mani un portasigarette in oro e, fra gli altri oggetti, un vecchio ritaglio di giornale che parlava della sparizione di Thomas Marsh. L’articolo riportava la descrizione dello scomparso, e Dan si meravigliò che non fosse accompagnato da una fotografia. Finalmente trovò il rossetto e annunciò trionfalmente: «Eccolo! Cosa devo fare?»
«Portatemelo, per favore» fu la risposta.
L’americano si avvicinò alla porta del bagno, e gli parve di udire un mormorio subito interrotto.
Joane era seduta davanti a uno specchio, le braccia levate nel gesto di pettinarsi. Indossava un corto accappatoio di spugna fermato in vita da una cintura. La giacca le arrivava appena alle ginocchia e scivolando indietro lasciava del tutto scoperte le gambe bellissime. Il suo corpo era abbronzato in modo uniforme, come la faccia.
La donna si voltò leggermente verso di lui.
«Grazie, caro» disse con voce che sembrò una carezza distratta. Posò il rossetto sul ripiano di cristallo in mezzo agli altri prodotti di bellezza, poi si girò del tutto verso Dan. La scollatura dell’accappatoio rivelava l’inizio del seno ben modellato.
«Non sono molto pratica di questi aggeggi» riprese Joane porgendogli un rasoio elettrico. «Di solito uso un altro sistema» e alzò le braccia in un gesto significativo.
L’americano si sentì sconvolgere dallo stesso turbamento che l’aveva preso qualche ora prima sul ponte. Fingendo indifferenza esaminò il rasoio e lo mise in moto.
Sentiva sotto le dita il calore della pelle vibrante di vitalità, gli saliva alle narici il profumo intenso di un prodotto raffinato. Finita la depilazione di un’ascella, passò all’altra facendo girare la donna sul seggiolino mobile con una leggera pressione sulle spalle. Vide così la sorprendente divisione dei capelli sulla nuca.Idue colori non seguivano una linea diritta, ma si fondevano in tondo in modo che la parte bianca era assai più ampia: non c’era alcun dubbio che si trattasse di una colorazione naturale.
In pochi minuti Dan ebbe finito.
«Credo che così vada bene» disse staccando il rasoio.
«Io non avrei saputo fare meglio» rispose Joane saggiando con la punta delle dita la morbidezza della pelle.
«Serve altro?»
«No, grazie.»
Posando il rasoio sulla mensola, Dan osservò. «La vostra abbronzatura è perfetta.»
«Nella mia proprietà c’è un boschetto appartato, vicino a uno stagno. Ho preso lì i miei bagni di sole durante tutta l’estate.»
«E niente zone bianche?» chiese lui ironicamente.
Joane alzò la testa e incontrò nello specchio lo sguardo di Dan.
«Il viaggio è appena cominciato» rispose con tono pieno di sottintesi.
L’uomo uscì dal bagno e tornò nel salotto per permettere al suo cuore di riprendere il ritmo normale. Non riusciva a comprendere bene quella donna, non sapeva che cosa pensare della storia che gli aveva raccontato e dei suoi modi spicci. Sembrava che non le importasse niente delle convenienze e sovvertiva tutte le regole della buona creanza.
Poco dopo Joane comparve indossando una corta giacca bianca aperta su una camicetta accollata color rosa salmone. La gonna era in tessuto laminato blu chiaro.
Dan la guardò a lungo, ammirato.
«Non so come devo preferirvi» disse, «se adesso… o prima.»
Il bar della WesternQueenera quasi vuoto. La maggior parte dei passeggeri si era già trasferita in sala da pranzo, ma quelli che restavano lanciarono a Joane lunghe occhiate significative.
Si sedettero a un tavolino, e Dan ordinò per entrambi un doppio whisky.
«È già tardi» disse poi alla sua compagna. «Tra poco bisognerà andare a tavola, e io mi sento in vena di festeggiare subito il nostro incontro.»
«Anch’io, Dan» mormorò la donna. «Mi sembra di essermi svegliata da un incubo. Sono davvero felice di avervi conosciuto. Non poteva capitarmi niente di meglio!»
«Una volta rasato, beninteso!»
«Certo» disse lei ridendo. «Adesso va molto meglio. Ne avevate veramente bisogno, sapete!»
E voi no, avrebbe voluto dire Dan ripensando alla scena della stanza da bagno, invece disse solamente: «In quanto a voi, siete meravigliosa. Le altre donne sprizzano invidia da tutti i pori, e gli uomini muoiono dalla voglia di conoscervi. Siete davvero affascinante!»
Il cameriere servì loro il whisky, e Dan levò il suo bicchiere.
«Bevo al bianco e nero» esclamò. «A proposito, è così dappertutto?»
«Spetta a voi, mio caro, trovare la risposta» ribatté Joane toccando leggermente con il suo bicchiere quello del compagno.