«Esatto» disse Graham non condividendo l’allegria dell’altro.
«Non preoccupatevi» lo rassicurò Thomas. «Sorveglierò attentamente l’argano.»
Graham tornò a calarsi nella fossa, e liberò la pietra dalla terra restante. Ancora una volta si chinò affascinato sull’iscrizione uscita dalla notte dei tempi. Cercò con un violento sforzo di memoria di ricordarsi con la massima esattezza i gesti con i quali aveva già provocato il funzionamento del meccanismo e li ripeté il più fedelmente possibile, sfiorando con le dita i solchi dei circoli, delle piramidi, dei cubi e delle linee rette. E ancora una volta, inesplicabilmente, l’impossibile si ripeté: la pietra scomparve come dissolta nell’aria. Non esistevano cardini sui quali avesse potuto girare, né leve che avessero potuto sospingerla, eppure non c’era più alcuna traccia della materia solida sulla quale un attimo prima Graham posava i piedi… L’archeologo sentì attorno alla vita la pressione della cintura trattenuta dal cavo che si era teso tenendolo sospeso nel vuoto. Sotto di lui il nero più intenso, e l’attrazione di un pozzo profondissimo che affondava nelle viscere della terra.
Dov’era la pietra verde? E come rimpiazzarla all’occorrenza?
Graham rabbrividì e chiamò Thomas.
Rimessi i piedi a terra sul bordo della buca, lo scienziato si liberò del cavo e poi, rivolgendosi a Liska, disse: «Ecco fatto, la porta è aperta. Cosa ci sia lì sotto, nessuno lo sa. Come vi ho spiegato ieri, può darsi che la discesa in quel pozzo comporti un grosso rischio. Se volete, siete ancora in tempo per rifiutarvi di seguirmi…»
«Vengo con voi» rispose Liska dopo aver dato uno sguardo alla fossa.
Una specie di navicella in tela, dal fondo rigido, fu attaccata al cavo. Disposti sul fondo tutti gli attrezzi utili per la misteriosa discesa, Graham diede le ultime istruzioni a Thomas.
«Qualsiasi cosa succeda, non muovetevi di qui» gli disse. «Può darsi che noi si stia là sotto parecchio tempo, forse anche tutto il pomeriggio se scopriremo qualcosa di interessante. Ora state bene attento: non tentate di raggiungerci, per nessun motivo. Quando avremo toccato il fondo, aggancerete al cavo il dispositivo di sicurezza. Daremo noi stessi uno strappo alla corda che farà scattare il campanello d’allarme non appena saremo pronti per risalire. Soltanto allora dovrete azionare il motore. L’argano automatico farà il resto.»
«Mi sembra facile» rispose Thomas. «Potrò fare un riposino, mentre siete là sotto?»
«Fate quello che volete, purché non vi allontaniate.»
Graham e Liska salirono sulla navicella i cui bordi arrivavano loro alle spalle.
«Direi proprio che è impossibile caderne fuori» commentò Liska.
«Siamo pronti» avvertì Graham. «Mollate il cavo, Thomas!»
Mura d’un verde grigio, lisce, senza la più piccola crepa, cominciarono a sfilare davanti ai loro occhi. Sembrava che fossero della stessa sostanza della pietra che aveva coperto l’ingresso al tunnel verticale.
Chissà chi l’aveva costruito, e quando l’aveva costruito, e per quale scopo!
Lo spazio dal quale penetrava la luce diminuì a poco a poco sopra le loro teste, si restrinse fino a divenire un punto, scomparve lasciando i due archeologi nelle tenebre più fitte. Furono accese allora le lampade portatili, e alla luce artificiale Graham continuò a esaminare le pareti, sempre uguali. Sempre più sbalordito, lo scienziato si lambiccava invano il cervello tentando di capire quale poteva essere stato lo scopo che aveva spinto gli ignoti antichissimi costruttori a scavare un pozzo tanto profondo. E soprattutto non gli riusciva di immaginare da dove provenisse il materiale e l’abilità che avevano permesso la costruzione di un simile capolavoro architettonico in un’epoca che si perdeva nella notte dei tempi. Non dubitava minimamente, infatti, che quella inverosimile opera fosse più antica della Vadia e del Cimitero del Diavolo.
«Incredibile!» esclamò a un tratto Liska risvegliando con la sua voce l’eco che rimbalzò fra le pareti del pozzo.
«Cosa?» chiese Graham.
«Questo pozzo! Siamo già scesi di un centinaio di metri e non ne vediamo ancora la fine. Ho provato a proiettare in basso la luce della mia lampada ma si vede solo il vuoto. Come lo spiegate?»
«Non ci capisco niente nemmeno io» rispose Graham. Esitò un attimo, poi aggiunse: «A tutta prima avevo pensato che questo potesse essere un pozzo destinato ai sacrifici cruenti, qualcosa come i precipizi nelle montagne del Perù e del Messico dove gli Incas e gli Aztechi gettavano dalle rocce le vittime offerte agli dèi.»
«Già, se le mie nozioni sono esatte, si trattava principalmente di giovani vergini. Riprovevole sperpero, in verità!» commentò Liska. «A quale epoca pensate che risalga questa strana costruzione?»
«Non ne ho la minima idea. Potrebbe essere vecchia di decine di secoli, forse di centinaia! Comunque è certo più antica di Stonehenge.»
«Stonehenge!» esclamò Liska, sbalordito. «Ma per Stonehenge si parla del mille e ottocento avanti Cristo. Se questo pozzo è ancora più antico dobbiamo ammettere l’esistenza di lacune vastissime nella nostra conoscenza archeologica!»
«Certamente, e si tratta di lacune assai più numerose e più vaste di quanto si pensi.»
Graham sorvegliava attentamente la loro discesa e cominciava a domandarsi un po’ preoccupato se il cavo sarebbe stato abbastanza lungo per permettere loro di toccare il fondo. Bell’affare se fossero rimasti sospesi a metà strada!
L’aria che respiravano era gradevolmente pura adesso, mentre durante il primo tratto erano stati avvolti da un’atmosfera maleodorante. Si avvertiva però ancora quella sensazione di aridità che stagna nei luoghi rimasti chiusi per un tempo senza data, e che ricordava a Graham l’effetto provato nel penetrare in una tomba egizia che aveva conservato attraverso i millenni l’odore degli unguenti, delle spezie, degli olii. L’atmosfera del pozzo però era assolutamente priva di odore.
Improvvisamente Liska emise una esclamazione soffocata. Stavano per toccare il fondo. Il fondo?
L’assistente teneva la sua lampada puntata in basso, e Graham guardò sotto di sé. Scorse solo un chiarore biancastro punteggiato di forme sferiche e di bastoncini, e notò che le pareti si allontanavano. Infine la navicella si posò al centro di una immensa caverna semisferica. Gli oggetti bianchi erano diventati più grandi e più distinti.
Graham si guardò attorno lentamente, rifiutandosi di credere a ciò che vedeva, tanto era irreale, impossibile, lo spettacolo che si presentava ai loro occhi. Ovunque avanzi di scheletri bianchi, grigi, marrone, qualcuno intatto, altri mescolati tra loro ricoperti da avanzi più recenti. Da ogni angolo lo fissavano innumerevoli orbite vuote. Dappertutto mascelle ghignanti, bocche nude e irridenti. Braccia, gambe e mani tese verso di lui, dappertutto. Uomini e donne, adulti e ragazzi, a centinaia, a migliaia, a milioni. Ossa mescolate in quell’ultima decomposizione che prelude al ritorno di ogni cosa alla polvere che l’ha generata. Polvere anonima, primaria.
Per quanto provato dalle esperienze precedenti, Graham non poté frenare un moto d’orrore. Da dove provenivano quegli avanzi allucinanti? Qual era l’origine del mostruoso mucchio di resti umani?
Gli scheletri più recenti erano senza dubbio di uomini dell’età moderna. L’archeologo ne esaminò parecchi prima di decidersi a esplorare tutta la caverna.
Aveva percorso pochi metri, quando Liska lo chiamò.
«Guardate, Graham! Ce ne sono decine di questi, quaggiù!»
Lo scienziato tornò verso il suo assistente per prendere visione di quello che il giovane stava mostrando. Con le precauzioni del collezionista, Liska gli porse un cranio brunito dal tempo e in via di disfacimento. La mascella inferiore non esisteva più, e la struttura della testa era assai deteriorata, ma Graham riconobbe immediatamente il cranio di un uomo diCro-Magnon.
«Ce n’è un mucchio» disse Liska. «Abbiamo qui la migliore collezione che un Museo possa desiderare.»
«Bravo» disse Graham. «E siamo solo al primo strato!»
Ricominciò a muoversi su quel pavimento inverosimile, calpestando gli ammassi di ossa. Liska si era inginocchiato e studiava quei resti con il fervore di un Magellano o di un Galileo.
Non si vedeva un solo centimetro del suolo originale. Graham si chiese quanto fosse alto il macabro tappeto. Poco dopo, l’assistente si avvicinò allo scienziato con una nuova scoperta: resti di uomini diNeanderthal.Seguendo l’esempio di Liska, anche Graham iniziò le ricerche in quel senso. Insieme selezionarono e misero da parte i resti meglio conservati. Se la coltre di ossa fosse risultata molto spessa, con tutta probabilità avrebbero scoperto avanzi di uomini anteriori a tutte le specie conosciute. Continuarono le ricerche. A causa della stragrande abbondanza, potevano permettersi il lusso di scartare le ossa troppo friabili, e in breve accumularono una notevole quantità di frammenti intatti. Capitarono tra le loro mani anche numerosi oggetti verdi di rame ossidato, e rozze armi di pietra e gioielli primitivi; ma tutto questo si trovava alla superficie. Gli oggetti di rame sbalzato indicavano l’età del bronzo, e la loro assenza quella della pietra. Sotto i loro occhi si svolgeva tutta la storia dell’umanità: scheletri dell’uomo diCro-Magnon,poi l’uomo diNeanderthaldal cranio più piccolo, e la razza Predmost e quella di Grimaldi. Negli strati inferiori poi vennero alla luce i resti degli uomini di Heidelberg e ancora altre specie tra le quali alcune di cui fino a quel momento si era ignorata l’esistenza. Centinaia e centinaia di secoli passarono tra le mani dei due archeologi: l’uomo della Rodesia, il Pithecantropus Erectus, l’uomo di Pechino, il Sivapithecus…
Quando la fatica li costrinse a riprendere fiato, si scambiarono uno sguardo di soddisfazione e di meraviglia.
Ma c’erano domande alle quali non potevano ancora dare una risposta: come si trovavano riuniti in quell’unico macabro letto di testimonianze della storia dell’uomo? Quali mani avevano sotterrato e conservato quei resti attraverso gli abissi del tempo? Quale gigantesca potenza aveva costruito il monumentale ossario e l’aveva protetto mentre i continenti si inabissavano ed emergevano, mentre i ghiacci si ritiravano verso il nord, e gli oceani si capovolgevano e le montagne subivano le alterazioni che avevano sconvolto il mondo?
Graham si sentiva sfinito. Il mistero invece di chiarirsi si infittiva.
L’assurda inutilità di ogni congettura, l’impossibilità di ogni risposta logica e il succedersi dei fenomeni fiaccavano lo spirito e la mente.
Graham si rialzò e scelse macchinalmente qualche prezioso avanzo.
«Vi rendete conto di quanto tempo abbiamo passato quaggiù? Quasi tre ore» disse. «Andiamo, adesso. Portiamo con noi qualcuna di queste ossa, tanto non c’è pericolo di impoverire la riserva.»
«Questo è certo» rispose Liska. «Qui c’è di che rifornire tutti i Musei del mondo, ma il più ricco sarà il Ludbury.»
L’archeologo lo interruppe di colpo. «Ascoltate!»
Dal centro della caverna veniva una specie di fruscio. Poi si sentì il rumore secco di ossa spezzate. Graham alzò la lampada verso il punto dal quale giungeva il rumore.
Il cavo cadeva a spirale raccogliendosi sulla navicella e allargandosi sul macabro tappeto.