Tutto questo ha lo stesso significato del cielo che vive sopra la mia testa. Curioso! Per anni, mi sono sentito continuamente come se fossi sulle tracce di un fuggiasco che si sottraeva alle mie ricerche. Per anni, esaminando tutti gli indizi, mi sono sforzato invano di identificarli, arrivando sempre a un vicolo cieco…
Poi un giorno, in Egitto, mi trovai davanti alla Sfinge. Mi affascinò subito, come aveva incantato l’immaginazione di molti altri prima di me. Rimasi ore e ore a contemplarla.
La gigantesca costruzione enigmatica mi portò attraverso gli abissi del tempo. Mi sentivo entusiasmare. La passione per le antiche rovine si era impadronita di me. Esisteva dunque una cosa che aveva il potere di distrarmi dalla mia angoscia! Avevo trovato finalmente qualcosa in cui gli enigmi potevano concretarsi in una ricerca: la ricerca delle antichità, il fascino di quei colossali avanzi, il loro mistero. Nell’archeologia la mia vita avrebbe trovato uno scopo che non sarebbe mai venuto meno.
Studiai le Piramidi, e in seguito mi recai nel Tibet e in Mongolia. Esaminai i cerchi fatti di pietre, come se ne trovano in certi luoghi dell’Inghilterra. Feci ricerche a Stonehenge. Penetrai nelle giungle delloYucatandove mi interessai alle testimonianze della civiltà Maya. Visitai tutte le biblioteche leggendo avidamente quanto riguardava l’Atlantide. Anghor-Vat risuonò dei miei passi. E quante ore trascorsi davanti a quell’unica favolosa meraviglia che è il Grande Quadrante dorato di Nyamba:
Ma più di ogni altro luogo, l’Isola di Pasqua tentava la mia mente. Ho vissuto mesi interi sull’isola studiando le enormi piattaforme di pietra e le ciclopiche statue.
Tutti questi posti famosi e molti altri ancora che io esplorai per anni fecero sorgere in me certe domande precise. Perché gli antichi costruttori usavano così largamente delle forme piramidali e circolari? L’Isola di Pasqua abbonda di avanzi disposti in cerchi concentrici. Ma, innanzi tutto, da dove traevano ispirazione quei colossi che sorgevano dovunque? E quale serie di cataclismi o di sacrifici aveva completamente spazzato dalla faccia della Terra la razza che li aveva costruiti?
Durante un viaggio nel cuore del Tibet, a Paru-Sai, scoprii su una grande montagna volta a sudest un santuario isolato e un vecchio prete Sekhita, sacerdote di un culto che va scomparendo. Il tibetano mi offrì ospitalità per la notte. Parlava un inglese assai corretto, ed è uno degli uomini più istruiti che abbia mai conosciuto. Passammo quasi tutta la notte a parlare. Gli raccontai dei miei viaggi e delle mie esplorazioni rivelandogli lo scopo segreto di tutte queste ricerche. Gli dissi della mia curiosità per l’origine degli antichissimi monumenti, parlai della loro immensa grandezza e del più importante mistero che mi assillava: la venuta sul mondo della razza umana.
Lui mi ascoltò nell’oscurità del suo rifugio, senza interrompermi. Quando smisi di parlare, il Sekhita si drizzò sul fragile corpo e scomparve in una nicchia della caverna. Tornò quasi subito tenendo tra le mani un libro che recava impressi sulla rilegatura di avorio alcuni strani simboli in oro. L’aprì mostrandomi le pagine di pergamena. Si trattava certamente di un documento antichissimo, non avrei saputo dire quanto, e scritto in una lingua che mi era sconosciuta. Probabilmente anteriore al sanscrito. Il mio ospite me ne lesse un brano.
“Quando le stelle si troveranno nella posizione profetizzata, allora i Titani si sveglieranno e ritorneranno. La terra si spalancherà, e da cripte più profonde di quanto sono alte le nubi, il Guardiano del Sigillo lancerà ai Titani il suo richiamo. Il Guardiano del Sigillo diverrà anch’esso grande come un Titano e andrà a porsi sul Crltul Thr. Le acque ribolliranno, la terra si aprirà, e le stelle sorgeranno in un cielo di fiamma. Dal loro Universo, al di là degli astri, scenderanno i Titani. Essi reclameranno per sé tutto ciò che vive, loro che ci hanno fatti di polvere e di fuoco che consuma. Questo si compirà quando i Titani si sveglieranno, quando le stelle saranno al posto giusto, a meno che non giunga colui che affronterà il Guardiano del Sigillo e lo sconfiggerà. Allora il Guardiano tornerà pietra e i Titani aspetteranno nella loro grande sfera fino a che le stelle non saranno tornate una volta ancora nella posizione voluta dalla profezia. E il Guardiano del Sigillo resterà sull’asse da Crltul Thr a Mrcg.”
Mentre il prete leggeva, io stenografavo questo rituale che allora non aveva nessun significato per me. Il mio ospite sfogliò poi le ultime pagine del libro. Queste erano in carta semplice. Su una pagina erano segnate le costellazioni quali nessun uomo le aveva mai viste. Forse quella era la disposizione celeste di un milione di anni prima. La seconda pagina le raffigurava invece come sarebbero state di lì a vent’anni. Questo lo seppi dal Sekhita, la cui conoscenza dell’astronomia era profondissima. Sulla carta, le zone piene indicavano i mari e i continenti, ma con una forma del tutto diversa da quella che ci è nota. Le mie cognizioni di geologia si rivelarono assai preziose in quell’occasione. Mi ricordai infatti di alcune carte ipotetiche le quali rappresentano il nostro mondo nell’aspetto che si suppone abbia avuto nelle diverse epoche geologiche. La cartina che stavo guardando corrispondeva alla fine del Miocene o all’inizio del Pliocene, cioè alla Terra di 1.500.000 anni fa.
Inoltre su quella carta era segnata una linea che univa il punto dove attualmente sorge l’Isola di Pasqua al luogo cui corrisponde adesso Stonehenge. Interrogai il tibetano sul significato di quel segno, ma lui si limitò a indicare con un dito il brano che aveva letto. Gli chiesi allora chi fosse il Guardiano del Sigillo e se “l’asse da Crltul Thr a Mrcg” potesse identificarsi con una immaginaria linea dall’Isola di Pasqua a Stonehenge. Ma anche a questa domanda il prete non rispose.
Per lunghi anni ancora dopo questo incontro io continuai le mie ricerche attraverso il mondo. Mi specializzai nella storia dell’uomo attraverso le vestigia più antiche e i monumenti più, primitivi. Non dimenticai mai la notte trascorsa nella caverna del Sekhita e feci diversi viaggi nei dintorni di Stonehenge, ma senza scoprire niente di speciale.
Infine accettai il posto di conservatore al Museo Ludbury. Beninteso però continuai a leggere per tenermi al corrente di ogni novità nel campo delle scoperte e delle invenzioni. Mi familiarizzai con la teoria della elettrogenetica, secondo la quale ciò che noi chiamiamo “vita” può sussistere soltanto finché nel corpo umano si verifica uno scambio positivo-negativo di impulsi elettrici. Mi dedicai anche allo studio delle teorie di Einstein e della geometria a quattro dimensioni, e passai in rivista le diverse ipotesi e dottrine sulle origini del mondo, interessandomi a miti, leggende e folclore.
Le mie inchieste e le analisi mi posero nell’alternativa di scegliere tra due conclusioni che si annullavano a vicenda.
O la vita umana era nata sulla Terra spontaneamente, o vi era stata portata dall’esterno. Se vi era nata in modo spontaneo, non sarei mai riuscito a sapere come e quando fosse avvenuto. Ma se era venuta dall’esterno, mi trovavo di fronte a una nuova alternativa: o l’avvenimento si era verificato accidentalmente con la caduta di qualche meteorite o per un fatto consimile, oppure era il prodotto di una intelligenza dotata di volontà. Se la tesi esatta era quella della casualità, ancora non sarei mai arrivato a capo di niente. Ma se era giusta l’ultima ipotesi, potevo nutrire ancora qualche speranza.
Questo era il tema generale dei miei ragionamenti. E pur occupando il posto di conservatore al Museo, continuai le mie esplorazioni approfittando dei periodi di ferie.