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Niente però durante questi ultimi anni mi ha sconvolto quanto l’avvenimento della statuetta verde scoperta a Isling. Ben presto mi resi conto che poteva trattarsi del famoso Guardiano del Sigillo del quale si parlava nel preistorico volume del santuario di Paru-Sai. Erano state così eccezionali le manifestazioni di potenza della statuetta verde, che mi recai subito a Isling. Qui non solo trovai la scultura cosmica ma in seguito scoprii un tunnel che si inoltrava nelle viscere della Terra, e nel quale rischiai di perdere la vita mentre cercavo di uscirne. Inoltre, quando per caso le mie dita si erano messe a seguire i contorni delle incisioni sullo zoccolo della statuina, si era prodotto un fenomeno inimmaginabile accompagnato da una visione paurosa.

Questi fatti hanno solo due possibili spiegazioni. O io sono stato vittima di continue allucinazioni, o avevo assistito al manifestarsi di forze superiori a ogni immaginazione.

Penso che questa ultima ipotesi sia quella giusta. Se è così, allora è stato proprio il fatto di toccare i segni incisi sul sostegno della statuetta a scatenare le forze incontrollabili.

Ma in che modo? Qual è la natura del meccanismo? Senza dubbio con quel gesto io ho lanciato nello spazio o un segnale o un avvertimento. Tutto infatti è successo come se la statuetta avesse trasmesso in modo inesplicabile i miei pensieri, intensificandoli e imprimendo loro una potenza sovrannaturale, e provocando una reazione estremamente rapida dell’essere al quale erano destinati. Un essere che si trovava in un altro tempo e in un altro spazio.

Qualunque fosse la soluzione del mistero, essa doveva necessariamente risiedere nella statuetta. Dal momento che. l’idolo non presentava alcuna somiglianza con nessun minerale conosciuto, doveva avere un’origine extraterrestre e perciò sfuggiva a tutte le regole del nostro mondo. Dirò di più. Quella statuetta doveva rispondere a leggi totalmente estranee a quelle che regolano la materia e l’energia come noi le conosciamo.

L’immagine doveva dunque essere stata portata sul nostro mondo da creature venute dagli spazi, o dagli abissi, per un motivo ben stabilito e con uno scopo altrettanto preciso. E questo scopo doveva essere talmente importante che al minimo accenno di pericolo, al più piccolo allarme, una specie di sentinella correva alla riscossa. Infine la natura stessa della statua, la sua fattura altamente artistica, tutto denunciava una civiltà molto progredita.

La visione che mi era apparsa, pensai, era quella di un guardiano avvertito di un pericolo da un eccezionale mezzo di comunicazione sconosciuto a noi uomini di scienza, o dalla stessa entità che nel lontanissimo passato aveva posto la statuetta a Isling. Ma quando era avvenuto questo? E perché? E chi era questa potenza sconosciuta?

E perché la pietra verde era stata messa a protezione del pozzo del Cimitero del Diavolo? Sono sempre più convinto che in origine quel pozzo fosse destinato ai sacrifici umani di esseri votati a una divinità mostruosa e sconosciuta, come lo prova, sempre secondo me, la straordinaria varietà di scheletri che vanno dall’uomo dell’età moderna fino a specie infinitamente più antiche di quelle conosciute. Questa mia teoria del sacrificio religioso era plausibile, ma era anche logico pensare che le vittime venissero destinate ad altro, se si considera la sparizione della carne dal loro corpo. Forse se ne nutrivano? E quella sostanza verde era forse organica, inun altro universo, o perlomeno dotata di una forza e di una “esistenza” simili a quella che noi chiamiamo “vita”. Questi pensieri mi diedero la sensazione che, per la prima volta nel corso delle mie esperienze di investigatore lanciato attraverso il tempo e lo spazio, io cominciassi davvero a veder chiaro. Gli enigmi che mi avevano assillato prendevano forma nella mia mente, si precisavano.

Ragionai a lungo sul modo in cui potevo essere uscito dal tunnel finendo a Stonehenge, e alle straordinarie proprietà della pietra e del sigillo posto a guardia del pozzo. Tutto faceva pensare a una geometria ultraeuclidea. Anche Stonehenge sembrava essere stata costruita in funzione del corridoio sotterraneo. E chissà che gli uomini ai quali erano appartenute quelle innumerevoli ossa, all’epoca in cui rivestivano ancora la loro carne mortale, non fossero entrati spontaneamente nella caverna allo scopo di trasferire la loro carne, la loro intelligenza, la loro personalità, alla potenza superumana tanto lontana da noi, e pur così vicina secondo le regole dell’iperuniverso, dell’iperspazio, dell’ipertempo!

Tornai a esaminare le fotografie scattate a Isling, concentrando la mia attenzione sulle riproduzioni della volta celeste, e riconobbi facilmente la stessa disposizione delle stelle come era riprodotta nelle carte del manoscritto di Paru-Sai. Doveva per forza esistere un nesso tra le due cose! E mi ricordai della riproduzione della terra di 1.500.000 di anni fa. Qualcosa cominciava finalmente a delinearsi. Tentai di ricostruire alcuni fatti che appartenevano a un passato assai lontano, cercando di astrarmi dalla mia posizione di essere umano condizionato dalle cose di questo mondo, per adottare il punto di vista di un abitante del supercosmo completamente estraneo alla Terra, questo piccolo grano di sabbia di uno sconfinato deserto. Immaginai dunque che questa potenza del supercosmo si fosse trovata nella necessità di gettare, a scopo di esperimento, un minuscolo germe su questa terra, come si semina un batterio in una provetta, e di lasciarlo sviluppare liberamente per un certo periodo. E calcolai questo periodo a 1.500.000 di anni del nostro tempo che per gli sconosciuti esseri possono benissimo corrispondere a 1.500.000 di secondi, cioè meno di tre settimane.

Se la prima cartina geografica stabiliva l’epoca nella quale i Titani erano venuti sulla Terra per seminarvi il virus della vita umana, la seconda doveva necessariamente riferirsi al tempo nel quale l’esperimento sarebbe finito. L’avvenimento determinante la fine doveva allora aver luogo all’una o all’altra estremità dell’asse Stonehenge-Isola di Pasqua, e in un lasso di tempo molto breve.

Più pensavo e più mi convincevo che la vita umana era opera di questa potenza supercosmica. Ma per quale motivo era stata creata? Si trattava unicamente di una coltura di laboratorio impiantata per trovare un virus che servisse da antidoto a qualche malattia che affliggeva quelle superesistenze? Allo scadere di quelle tre settimane corrispondenti a un nostro milione e mezzo di anni, avrebbero colto il frutto del loro esperimento o ricominciato una nuova coltura?

Un milione e mezzo di anni! L’universo conosciuto da noi forse è solo una molecola o una cellula della specie più comune nel superuniverso dei Titanici colossi. C’è una mosca, l’effimera, la cui esistenza dura solo una giornata. Ma per lei, l’effimera, queste ventiquattro ore valgono forse quanto cento anni per noi. Così questo milione e mezzo di anni di peccati, d’amori, di rancori, di morti, di invenzioni e di lento progresso verso la conquista della civiltà rappresentano forse solo qualche settimana nel tempo dei nostri padroni.

E la strana statuetta verde, il Guardiano del Sigillo, è la guida di questo esperimento-vita. Tutto è come se gli enigmatici chimici, abitanti di un superuniverso al di là del tempo e dello spazio, in rapporto al quale il nostro mondo non è che un insetto ondeggiante nel sistema solare, come se questi chimici, dicevo, avessero deposto una goccia di liquido inquinato sotto il microscopio di un laboratorio ultracosmico ottenendo quale risultato la moltiplicazione di germi nel virus durante un periodo di incubazione di tre settimane. E adesso che l’uomo si era moltiplicato, l’esperienza veniva interrotta. Per apportarvi una variazione o per subire una trasmutazione? Io non lo so, ma credo che questo fantomatico gioco di forze convergerà sull’Isola di Pasqua, tra i giganteschi uomini di pietra e i funebri monoliti che la ricoprono, perché le stelle si trovano nella posizione descritta nel manoscritto Sekhita e sulla pietra verde di Isling.