All’alba, dopo essersi rinfrescato e messo in ordine in una toilette pubblica, entrò in un ristorante dove consumò una colazione a base di banane alla crema, due uova fritte, marmellata d’arance e tre tazze di caffè. Non appena furono messi in vendita i giornali, si affrettò ad acquistarne uno.
Scorse velocemente l’articolo dedicato al disastro di Nottington e trasse un sospiro soddisfatto nel vedere che non si faceva nessun accenno all’assassinio di una donna.
Poco più tardi, Dan salì sul treno diretto a Southampton, Qui giunto si rifornì di tutto quello che poteva servirgli per il viaggio, compreso un rasoio, una confezione di talco borato, uno spazzolino da denti, dentifricio, camicie, cravatte, calze, un paio di pigiama, una vestaglia e un orologio da polso.
Nella sua euforia comperò anche due bottiglie di Scotch e una valigia per contenere il tutto.
Un’ora prima della partenza, Dan Farrell saliva la passerella della WesternQueen, e si sistemava a bordo.
La WesternQueenera una nave moderna e lussuosa con una sola classe, di tonnellaggio inferiore a quello delle altreQueendella stessa compagnia di navigazione che attraversavano l’Atlantico in quattro giorni.
Affidato il bagaglio a uno steward, l’uomo rimase sul ponte, impaziente di veder levare l’ancora. Appoggiato al parapetto con aria indifferente, osservò gli altri passeggeri che soli o a gruppi aspettavano come lui di assistere alla partenza. Dal movimento sui ponti ebbe l’impressione che per quel viaggio la nave non fosse a pieno carico. A un tratto sussultò sentendosi fissato. Girò la testa e incontrò lo sguardo di una donna. Sentì il sangue dargli una scossa violenta, e per mascherare il proprio turbamento si cercò nelle tasche il pacchetto di sigarette. Ne accese una, e aspirò una profonda boccata prima di voltarsi ancora verso la passeggera. Gli occhi della sconosciuta erano ancora fissi su di lui.
Poteva avere venticinque o ventisei anni, stabilì Dan. Il corpo morbido e ben modellato, e tutto nel suo atteggiamento faceva pensare all’agilità di un felino. La bocca, dalle labbra carnose, aveva una piega crudele agli angoli. La faccia truccata sapientemente, era più interessante che bella. Ai lineamenti fini e delicati facevano contrasto gli occhi troppo lontani tra loro sopra gli zigomi alti. Il colore di quegli occhi era di un azzurro talmente chiaro che Dan ne fu stupito. Non aveva mai visto occhi simili, liquidi e trasparenti. La donna indossava un completo grigio molto semplice ma di taglio raffinato. Attorno al collo lasciato scoperto, spiccava una grossa catena d’oro. Ma quello che colpiva maggiormente erano i capelli: fini, morbidi e vaporosi, d’un nero ebano sul lato destro, diventavano striati d’argento nel mezzo, mentre a sinistra erano completamente bianchi, d’un bianco abbagliante. Questa particolarità le dava un’aria giovane e vecchia insieme: sembrava che in lei fossero fuse due donne diverse.Icapelli bianchi ricadevano inanellati sulle spalle, i capelli neri erano rialzati sulla fronte in una piega morbida.
Quei capelli lo affascinavano. Gettata la sigaretta, si diresse decisamente verso la bella donna sostenendone lo sguardo indagatore.
«Stupefacente!» disse quando le fu vicino. «So che non dovrebbe riguardarmi… ma, sono veri?»
«Oh, sì. Nascono così.»
Anche il suono della voce lo turbò. Era bassa e vibrante di intensità contenuta. Gli occhi di Dan scesero dai capelli agli occhi, alla bocca, al collo… Aveva un collo magnifico, che gli ricordò un’altra donna, la cui gola non palpitava più e che giaceva dove il sole non poteva raggiungerla.
La voce della sconosciuta lo distolse dai suoi pensieri.
«Qualcosa che non va? Avete scoperto qualche difetto?»
«No. Ammiravo la vostra collana. Vi sta molto bene. L’oro si accorda magnificamente con il nero e il bianco.»
Lei sorrise.
«Per essere un uomo che non si fa la barba, parlate in modo ricercato.»
Il sorriso donava calore alla sua bocca, che nel cambiamento ci guadagnava: le labbra acquistavano maggior fascino.
«Ho passato una notte e una mattina assai movimentata» rispose l’uomo. Poi, ricordando una elementare norma di galateo, aggiunse: «Mi chiamo Dan Farrell.»
«E io Joane Marsh.»
«Viaggiate sola?»
«Sì.»
«Sposata?»
Esitò un attimo prima di rispondere: «Non lo so.»
La risposta fu tanto insolita che Farrell, sbalordito, non seppe cosa dire.
«Siete sorpreso?» chiese la donna con aria candida.
«Mio Dio, sì… Di solito le donne lo sanno quando sono sposate…»
«Siete americano?»
«Sì. Sono arrivato in Inghilterra un mese fa, per affari.»
«È inspiegabile allora che il mio nome non vi abbia detto niente» commentò la ragazza. «Joane Marsh e Thomas Marsh. Non sapete?»
«Scusatemi, ma non riesco ancora a capire» rispose Dan dopo aver inutilmente interrogato la memoria.
«Sono americana anch’io» riprese lei. «Ho conosciuto Tom tre anni fa, quando è venuto a New York per affari. L’ho sposato e l’ho seguito in Inghilterra. Tom era ricchissimo, possedeva una antica fabbrica di coltelli a Sheffield, e una vasta proprietà in campagna. Un anno fa è scomparso.»
Poiché la signora Marsh non dimostrava la minima emozione, Dan si ritenne esentato dalle frasi di prammatica e si limitò a commentare: «Non è il primo caso del genere. Sigaretta?»
«Grazie» accettò la donna.
Ne accese una anche lui. Joane girò un poco la testa per soffiare il fumo, poi riprese: «Doveva andare a Parigi dove aveva appuntamento con un industriale. È scomparso proprio la vigilia della partenza. Ho offerto una ricompensa di cinquanta sterline a chiunque mi avesse fornito qualche indicazione utile per ritrovare le sue tracce, morto o vivo. La compagnia di assicurazioni ne ha aggiunto altre cinquanta, ma non è servito a niente.»
«Non è possibile un caso di amnesia?»
«Non so più cosa pensare» disse lei stringendosi nelle spalle. «Sono state fatte ricerche sia dalla polizia inglese sia da quella francese, i giornali hanno parlato di questa scomparsa per giorni e giorni. Le autorità hanno frugato la zona, metro per metro, sono stati dragati i laghi, ma tutto è risultato inutile. Certamente avrà avuto anche lui le sue relazioni extra coniugali come tutti, ma nessuno ne ha mai saputo niente. Forse è stato ucciso da un rivale che ne ha poi occultato il cadavere. O forse è ancora vivo. Oppure si è stancato del suo lavoro e della famiglia, e ha deciso di scomparire senza lasciare traccia. Non lo so. Questo è stato un anno molto difficile per me. La solitudine, le chiacchiere della gente, i sospetti degli amici. È da poco che i nostri conoscenti hanno cominciato ad accettare il fatto così com’è e a manifestarmi ancora la loro simpatia. Da tanto tempo desideravo fare un viaggio, ne sentivo il bisogno, e all’improvviso… voi.»
«Io?» Dan non capiva cosa c’entrasse lui con la storia del signor Marsh.
Lei gli si mise di fronte, la testa leggermente piegata all’indietro. Negli occhi azzurri Dan vide passare una luce così viva e pericolosa da ricordargli la scintilla elettrica che un giorno aveva visto scoccare tra l’anodo e il catodo di un apparecchio durante un esperimento dimostrativo. Si sentì a disagio sotto quello sguardo dal potere misterioso. Gli sembrava che Joane lo guardasse con strana avidità.
«Oh, sì, Dan» rispose la ragazza. «Voi mi ricordate Tom. Siete alto come lui perché anche a Tom io arrivavo appena alle spalle, gli stessi capelli sempre scompigliati, lo stesso viso ora duro ora canzonatorio. E scommetto che avete anche lo stesso peso… Ottantacinque chili, vero?»