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Urubugala fece una capriola e si stese sul pavimento in mezzo a loro. — Ci sono limiti alla vita di una figlia e di una moglie! — gridò.

— Lo so — disse Bella. — Ma quando il mio potere comincerà a svanire, avrò semplicemente un altro figlio. La prossima volta, credo, uno di dodici mesi. Trovami dei maghi, Palicrovol. Fagli studiare l’argomento nei loro libri.

Mentre rideva, un uomo imponente entrò nella sala, portando una spada e indossando una pesante armatura, ma senza elmo.

— Zymas, scappa! — gridò Palicrovol.

— Oh, resta, Zymas — disse Bella. — La festa non sarebbe completa senza di te.

Zymas non si fermò ad ascoltare né l’uno né l’altra, ma avanzò dritto verso Bella, sollevando la spada sulla testa. Le era quasi addosso, e tutti per un momento sperarono che forse l’azione diretta di Zymas fosse l’antidoto per quell’improvvisa malattia che era caduta sul mondo. Ma no. D’improvviso, i suoi capelli divennero grigio ferro, la faccia si fece vecchia e rugosa, la spada cadde dalle sue dita artritiche e nodose, e Zymas barcollò sotto il peso dell’armatura.

— Zymas, il baldo e coraggioso generale, è morto — disse Bella. — Al suo posto, ecco il capitano della mia guardia di palazzo. Coniglio, lo chiamo. Coniglio lo chiameremo tutti. Perché era un tale codardo che aveva paura di una donna.

Bella guardò coloro che aveva odiato per tanto tempo, e sorrise. C’era autentica bellezza nel suo sorriso, e la Regina dei Fiori sapeva che quando quel viso era stato il suo non aveva mai avuto una simile espressione di estatica gioia. — Coniglio, Urubugala e Donnola.

La mia forza, la mia astuzia e la mia bella faccia. Vi terrò per sempre con me, capitano, buffone e dama. Sarete i gioielli della mia corona. E fuori da Inwit, dove abiterà in eterno, sarà Palicrovol, Re di Burland, che mi ricorderà sempre, e mi desidererà sempre. Se mai dovesse sentire dispiacere per se stesso, potrà sempre ricordare te, e immaginare cosa faccio a te, e questo lo rallegrerà in maniera incommensurabile. — Si avvicinò a Palicrovol, che si contorceva a terra, e gli toccò delicatamente un fianco. Lui gridò, cercò di toccarla e ricadde indietro, instupidito. — Portatelo via — disse Bella. E gli ospiti, che avevano osservato la scena con impotente terrore, le obbedirono, lo portarono fuori dal palazzo, fuori dal castello, fuori da Inwit attraverso la Porta Occidentale.

Fuori dalla città lo attendevano alcuni dei suoi uomini più coraggiosi, che vestirono il suo corpo nudo e lo portarono via. Fra loro era un monaco, che profetizzò che l’uomo che avrebbe ucciso Bella sarebbe entrato attraverso la stessa porta. A causa di questo, Bella fece sigillare la porta, e ordinò che non venisse mai più usata.

Entro un tempo brevissimo, la città di Inwit tornò alla normalità, e meglio di prima. Tutte le leggi di Palicrovol rimasero in forza, e tutte le libertà che aveva concesso rimasero intatte. Bella regnò con tale benevolenza nella sua città, che la gente non rimpianse il cambio di governante. E la sua corte divenne un luogo di sfarzo, che i re delle altre nazioni amavano visitare. Ben presto impararono a non recarsi in visita alla corte di Palicrovol, poiché scoprirono che se tributavano a Palicrovol gli onori dovuti al Re di Burland, venivano perseguitati dalle più fastidiose infezioni. Così dovettero mandare ambasciatori, che ben presto impararono a oltraggiare Palicrovol ogni volta che gli parlavano, per poter evitare le malattie che altrimenti sarebbero capitate loro.

Bella regnava a Inwit, e l’esilio di Palicrovol era iniziato. Tuttavia, con il passare degli anni, lei si rese conto che la sua vendetta era vuota e incompleta. Poiché malgrado tutte le sue ingiurie, non ti aveva cambiato, e non aveva cambiato i tuoi tre amici prigionieri. La nostra carne poteva cambiarla, le nostre vite riempirle di miseria e vergogna, ma noi eravamo ancora noi stessi, e a meno di ucciderci non poteva renderci diversi da quello che eravamo. Restavamo sempre al di là della sua portata, anche se eravamo sempre fra le sue mani.

5

IL RE PRIGIONIERO

Come un uomo può essere schiavo anche se è libero di recarsi in ogni luogo del mondo tranne uno.
I tormenti di Bella

Dovrò riepilogare per te le sofferenze del tuo esilio, Palicrovol?

Gli ambasciatori ti insultavano, altrimenti le loro vesciche si infiammavano quando orinavano.

I tuoi stessi soldati sputavano quando ti avvicinavi, o venivano infestati dai pidocchi.

Per quanti sforzi facessero i cuochi, tutti i cibi che ti venivano serviti erano coperti di muffa, e tutte le bevande avevano una pellicola di limo. Ti circondavi di maghi, per avere qualche momento di respiro di tanto in tanto; Bella strappava le loro deboli barriere ogni volta che voleva, e qualsiasi mago ti aiutasse diventava da quel momento incapace di copulare.

Cercasti aiuto presso i preti, anche se Dio aveva perso il suo potere ed era silenzioso nel mondo; i preti che ti recarono conforto e ti onorarono, svilupparono tutti il gozzo e tumescenze varie sulla testa e sul collo.

Per una settimana ti costringeva a sforzarti invano di andare di corpo; la settimana successiva ti dava la dissenteria, e ti costringeva a liberarti gli intestini in luoghi pubblici, cosicché eri costretto a metterti dei pannolini, per rispetto verso quelli che ti circondavano.

Ti svegliavi in piena notte con un prurito insopportabile. Ti sentivi gelare in estate, e non riuscivi a portare i vestiti in inverno, a causa del calore che ti davano. Per giorni e giorni sogni terribili ti svegliavano. Poi, per settimane, ti appisolavi perfino mentre sedevi a giudizio, o presiedevi le riunioni dei tuoi generali.

Uno dei suoi trucchi peggiori era di scambiare la vista con te. Lei guardava dai tuoi occhi e vedeva tutto quello che ti succedeva intorno, e nello stesso tempo tu vedevi tutto quello che lei vedeva dentro il palazzo. Non lo faceva per spiarti: aveva la sua Vista, e poteva sapere tutto quello che succedeva nell’intero regno di Burland. Lo faceva perché tu potessi vedere Donnola battuta per qualche offesa; Coniglio che trasportava faticosamente qualche peso, o si appoggiava a un giovane servitore; Urubugala che faceva capriole fra le risate dei baronetti o dei rampolli di ricchi mercanti. I tuoi amici che soffrivano per amore tuo, e tu impotente a salvarli. Per questo ti facesti fabbricare delle coppe d’oro con cui coprirti gli occhi, in maniera che nessuna luce potesse entrarci. Fu così che ti venne uno dei nomi con cui fosti conosciuto: l’Uomo dagli Occhi d’Oro. Ti chiamavano anche l’Uomo dalle Corna, l’Uomo Che non Può Essere Solo, e il Marito della Bella Lontana. E il tuo popolo non si lasciò ingannare: anche se eri il giocattolo di Bella, eri un buon Re, e la gente prosperava e viveva libera, ti pagava tasse lievi, abbastanza volentieri, e si sottometteva al tuo giudizio con fiducia.

E tuttavia, ironicamente, i suoi tormenti ti fecero del bene oltre che del male. Sapevi che se un uomo rimaneva al tuo servizio non lo faceva per i piaceri e gli onori, e neppure perché avesse pietà di te e odiasse la Regina Bella. Quelli che rimasero con te, in quei tristi tempi, quelli che vivevano vicino a te e conoscevano i tuoi più riposti pensieri, tu sapevi che ti servivano o perché conoscevano il tuo cuore e ti amavano, o perché amavano il buon governo e sopportavano te e la vita che dovevano vivere con te per amore del popolò di Burland. Avevi un dono che a pochi re è stato concesso: potevi fidarti di tutti coloro che ti circondavano.