Mangiarono in silenzio, infilzando i pezzi di carota e di carne con i loro coltelli, e bevendo a turno dalla pentola di rame. Finita la cena, il droghiere lavò la pentola nel fiume, poi mise le mani a coppa per bere.
Orem gli porse la sua fiasca. — Dalla sorgente di mio padre.
Il droghiere lo guardò con severità, e finalmente parlò: — Risparmiala, ragazzo.
— Non c’è acqua dove andiamo?
— Quando arrivi al Piccolo Tempio devi versare l’acqua della tua casa, e prendere l’acqua di Dio.
— Per bere?
— Per versarla nella sorgente di tuo padre. Forse hanno dimenticato Dio nella fattoria di tuo padre?
Dobbick aveva spesso voluto dirgli dei riti del Grande e del Piccolo Tempio di Inwit, ma Orem non aveva mai pronunciato il voto semplice. E tuttavia, non era il caso che il suo ospite lo credesse di una famiglia di miscredenti. — Diciamo le cinque preghiere e i due canti.
— Risparmia l’acqua. Per la tua vita.
Rimasero seduti in silenzio, mentre il vento prendeva a soffiare più forte, ravvivando i tizzoni nel braciere di terracotta. Dunque stiamo andando a Inwit, pensò Orem. Dopo tutto, era la destinazione più logica per il droghiere; in verità la maggior parte del traffico che scendeva lungo il fiume era diretta lì, poiché tutte le acque portavano alla città della Regina. — Anch’io vado a Inwit — disse Orem.
— È un vantaggio — disse il droghiere.
— Perché?
— Perché è da quella parte che scorre il fiume.
— Com’è Inwit?
— Dipende, non ti pare? — rispose il droghiere.
— Da cosa?
— Dalla porta per la quale entri.
Orem rimase perplesso. Sapeva cos’erano le porte: Banningside aveva una palizzata, e c’erano porte nelle mura della Casa di Dio. — Ma tutte le porte non conducono alla stessa città?
Il droghiere alzò le spalle e ridacchiò. — Sì e no. Tu da quale porta vorresti passare?
— Quella più vicina, immagino.
Il droghiere si mise a ridere. — Immagino di no, ragazzo. Proprio no. Ci sono porte e porte, capisci. La porta Sud è la porta della Regina, e solo i cortei, l’esercito e gli ambasciatori usano quella porta. Poi c’è la Porta di Dio, ma se passi di lì ti danno solo un visto da pellegrino, e se ti pescano fuori dal quartiere dei Templi, ti marchiano il naso con una O e ti buttano fuori, e non puoi più rientrare.
— Non sono un pellegrino. Tu quale porta usi?
— Io sono un droghiere. La Porta dei Maiali, in fondo alla Via dei Macellai. Mi danno un visto da droghiere, ma è tutto quello che mi serve. Mi permette di andare al Mercato Grande e al Mercato Piccolo, alla Città di Sangue e alle Taverne. Ah, le Taverne: da sole valgono la pena del viaggio.
— Ci sono taverne anche a Banningside — disse Orem.
— Ma non c’è una Via delle Puttane, vero? — Il droghiere sogghignò. — No, nessun altro posto al mondo ha una Via delle Puttane. Per due monete di rame, ci sono delle donne che te le puoi fare contro il muro; si tirano su le gonne, e in tre minuti le puoi riempire fino agli occhi. E se hai cinque monete, ci sono quelle che ti portano in una stanza, e hai quindici minuti di tempo; puoi farlo due volte se sei in gamba, e io lo sono. — Il droghiere gli strizzò l’occhio. — Sei vergine, vero?
Orem distolse gli occhi. Suo padre e sua madre non parlavano mai in quel modo, e i suoi fratelli erano dei porci. Tuttavia, quel droghiere sembrava ben intenzionato, anche se Orem non poté fare a meno di pensare che il viaggio era stato più piacevole prima che l’uomo avesse cominciato a parlare. — Non lo sarò per molto — disse Orem — una volta arrivato a Inwit.
Il droghiere rise forte, e infilò rapido una mano sotto la lunga gonna di Orem, pizzicandogli la coscia pericolosamente vicino all’inforcatura. — Così si fa, ragazzo! Così si fa! — Era un pizzicotto che Orem ricordò bene, e fu con un certo fastidio che ascoltò i racconti che il droghiere gli fece sulle sue prodezze sessuali nella Via delle Puttane. Apparentemente Orem aveva superato una specie di prova, e il droghiere lo considerava una specie di amico, uno che si interessava a tutto quello che lui diceva. Orem si sentì sollevato quando finalmente il droghiere sbadigliò e si alzò, si levò tutti i vestiti, li arrotolò in maniera da formare un cuscino e li spinse davanti a sé infilandosi nella tenda.
Orem diede una sbirciatina nella tenda mentre l’uomo entrava, e vide che non c’era posto per lui. Il droghiere non gli badò ulteriormente, per cui Orem si rannicchiò sul ponte, riparandosi dal vento col carico. Faceva freddo, specialmente dove la camicia di Orem era ancora bagnata per la nuotata di poche ore prima, ma avrebbe potuto andare peggio.
Il mattino dopo il silenzio tornò a regnare, ma questa volta Orem non fece nulla per interromperlo. Aiutò il droghiere nei lavori sulla zattera, portandogli da bere mentre usava la pertica, e di tanto in tanto immergendo il remo nell’acqua per aiutarlo a manovrare fra le correnti forti o vicino alle secche. Orem divise il suo poco pane per il pranzo, e il droghiere lo prese senza una parola. Ma questa volta, quando giunse la sera, il droghiere fece segno a Orem di gettare le pietre dell’ancora insieme a lui, e quando la cena fu finita cominciarono subito a chiacchierare. Il droghiere diventò sempre più allegro, anche se non bevve neppure un goccio di birra, e raccontò ancora molte cose su Inwit.
— C’è la Porta degli Asini, ma tu non sei un mercante. E la Porta Posteriore è solo per quelli che abitano nelle Fattorie Alte, e tu non ci abiterai mai, perché quelle famiglie sono più antiche della stessa tribù della Regina e quasi altrettanto magiche, dicono. No, ragazzo, per te c’è solo la Porta del Piscio e il Buco. Alla Porta del Piscio ti danno un visto di tre giorni, e se non trovi lavoro entro tre giorni, devi andartene altrimenti ti tagliano le orecchie. La seconda volta che ti beccano con un vecchio visto o senza visto, puoi scegliere: ti vendono come schiavo oppure ti tagliano le palle: e ti garantisco che ci sono meno eunuchi liberi che schiavi con la fregola!
Tre giorni. In tre giorni avrebbe trovato un sacco di lavoro.
— Cos’è il buco?
Il droghiere di colpo diventò serio. — È il Buco, ragazzo, non un buco qualsiasi. È chiuso, e non ci sono visti. Non da parte delle guardie. Ma ci sono dei passaggi attraverso il Buco, e passaggi per girare tutta la città, da lì, ma io non li conosco. No, io sono un Uomo di Dio e i passaggi attraverso il Buco sono tutti magici, o per i criminali. No, prova la sorte alla Porta del Piscio, con un visto di tre giorni, e se non trovi lavoro tornatene a casa. Nessun bene viene dal Buco. È magia nera, e Dio l’ha in odio.
Magia. Magia, pensò Orem. Dicono che la Regina Bella sia una strega e che la magia abbondi a Inwit, anche se i preti fanno del loro meglio per soffocarla, e le leggi sono tutte contro. Forse vedrò la magia, pensò Orem, anche se sapeva che Dio non bazzicava con i maghi, e venivano sette diavoli a prenderti l’anima se mettevi in pratica gli incantesimi comprati. Gli incantesimi bianchi delle Dolci Sorelle, le magie che fanno le donne nelle fattorie naturalmente erano una cosa diversa. Ma le magie del Buco non dovevano essere di quel tipo, Orem ne era certo. E si sentì attratto all’idea di passare per il Buco, per scoprire la città che voleva vedere.
— Non mi piace la tua espressione — disse il droghiere. — Non starai pensando dei pensieri stregati, vero?