— Per prima cosa i miei cinque denari — disse Orem.
Era un rischio calcolato; un uomo onesto avrebbe potuto mandarlo al diavolo, sentendosi offeso. Ma Glasin si limitò a ridere. — E va bene: sei denari, se aspetti ancora.
Dunque voleva davvero imbrogliarlo. — Prima i cinque che ho guadagnato.
Fu solo a questo punto che Glasin diventò sospettoso. — Eh, già: così quando torno non trovo più né te né la mia roba? Ti pago solo a lavoro finito.
Orem non poté sopportare l’accusa di essere un ladro, quando aveva rischiato la sua incolumità per salvare le mercanzie di Glasin.
— Un uomo mi ha offerto cinquanta denari, e mi avrebbe ucciso! Io l’ho fatto scappare per te, e tutto in cambio di cinque denari!
Glasin non gli credette. — E che razza di uomo potresti far scappare tu? Non mi faccio prendere per il naso con una bugia così sciocca, io!
Automaticamente, Orem si rivolse alle guardie e ai droghieri vicini, per avere una conferma della sua storia. — È vero, voi avete visto! — gridò. Ma nessuno diede segno di averlo sentito.
— E perché qualcuno dovrebbe testimoniare per te? — chiese Glasin. — Con cosa potresti pagarli?
— Potrei pagarli con i miei cinque denari.
— E allora vattene! Cerchi di imbrogliarmi. Dopo che ti ho lasciato venire sulla mia barca, buono a nulla che sei! Tieniti i tuoi cinque denari, che non ti sei guadagnato. E adesso sparisci, prima che chiami le guardie e ti denunci come ladro! Via! Sparisci!
A questo punto, con sorpresa di Orem, gli altri droghieri intervennero. — Il ragazzo ti vuole imbrogliare? — chiamò uno. — Buttiamolo nel fiume! — gridò un altro.
— Ai pesci, il ragazzo!
Che altro poteva fare, a questo punto, se non andarsene? Era furibondo per l’ingiustizia subita, ma era evidente che allo stesso modo in cui i portuali trovavano sicurezza nella reciproca compagnia, così i droghieri erano solidali fra loro; e avrebbero dato una mano a un altro droghiere, da qualsiasi parte stesse il diritto, contro un ragazzo vagabondo come Orem. Era un gruppo debole e poco sicuro, perché non avevano fatto né detto nulla quando un ladro aveva preso le merci di uno di loro, ma era lo stesso un gruppo. E quello di Orem dov’era? Chi avrebbe protetto lui? Era come nella Casa di Dio, con i suoi nemici che potevano gettarlo nel fuoco perché non aveva amici.
Allora scappò dal droghiere, stringendo in mano le sue poche monete di rame. Ma paura o non paura, voleva essere sicuro; così si fermò poco lontano, a guardare: e proprio come aveva pensato, Glasin riuscì a far stare tutta la sua mercanzia nel carretto, a parte la roba marcia. E per proteggere del cibo marcio, Orem avrebbe dovuto aspettare tutto il giorno, senza essere pagato. Non c’era onore a Inwit, neanche un briciolo, e questo lo rese più timoroso che mai della punta del pugnale che gli era stata puntata contro la pancia. Un pugnale aveva solo una punta, ma un traditore colpisce da qualsiasi parte, dicevano, e solo adesso Orem capiva quanto fosse vero.
Dove andare ora? Nelle sue chiacchiere, durante il viaggio, Glasin aveva parlato molto degli ingressi in città. A questo punto Orem non si sentiva troppo disposto a seguire i consigli di Glasin… ma in quel posto quale altra guida aveva? Glasin non poteva aver avuto alcun vantaggio nel mentirgli con i suoi racconti circa la città. Orem non aveva altra scelta che fidarsi. Cosa gli aveva detto Glasin? La Porta del Piscio, e tre giorni per trovare lavoro prima che lo buttassero fuori. Bene, allora non c’era altro da fare che andarci, poiché passare attraverso il Buco era pericoloso, aveva detto Glasin. E quali potevano essere quei pericoli, se il molo era pieno di trappole?
— Non comprare niente fuori dalla porta — gli aveva consigliato il droghiere. — E non comprare nulla da chi ti offre le cose. Capirebbero che sei un contadino alla prima occhiata, e ti chiederebbero dieci volte il prezzo abituale. — Era tutta la saggezza su cui Orem poteva contare, era la sua sola armatura, quando si trovò nella Via dei Macellai, dove quattro lunghe file di carri e di animali attendevano di superare le guardie alla Porta dei Maiali.
Le guardie indossavano gonnellini di placche metalliche e corazze di ottone; palesemente non erano i soldati che difendevano la città, poiché gli uomini di Palicrovol portavano cotte di acciaio e avevano spade che avrebbero spezzato come carta quelle corazze di ottone. E anche se le mura della città erano alte, e le porte di legno ben solide, Orem si chiese perché accadeva che Re Palicrovol, con un esercito che dicevano fosse il più forte mai visto al mondo, non fosse mai riuscito a minare o aprire una breccia nelle mura, e neppure, dicevano, a uccidere uno solo dei soldati della Regina Bella. Senza dubbio la Regina doveva avere un esercito terribile nascosto, e quelle guardie con le divise arcaiche dovevano essere solo di rappresentanza.
Di rappresentanza, tranne per il fatto che erano un ostacolo all’ingresso di Orem in città quanto potevano esserlo uomini in cotta d’acciaio e con spade d’acciaio. Li guardò, e vide che non si facevano fare troppa fretta dalla folla imprecante di droghieri e macellai; ogni visto era controllato per bene, e più di un uomo venne fatto aspettare mentre gli altri gli passavano davanti. E sopra tutti, c’erano gli arcieri, in cima alle torri della porta, attenti a tutto quello che succedeva sotto di loro. Non c’era modo per Orem di passare senza farsi notare, anche se lo avesse voluto.
— Non serve a niente guardare, contadino — disse una voce alle sue spalle.
Orem si voltò e vide un uomo dall’aria astuta, più basso di lui di quasi un palmo, che gli sorrideva. Sorrisi come questi, pensò Orem, li fanno i cani che hanno messo con le spalle al muro il loro scoiattolo.
— Non sono un contadino — disse Orem.
— Allora non puoi passare dalla Porta dei Maiali, no?
— Sto cercando la Porta del Piscio.
L’uomo annuì. — Tutti la cercano, ragazzo, tutti la cercano. Bene, quando avrai finito con la Porta del Piscio, troverai qui il vecchio Braisy, e potrai passare. Ti farà entrare in Inwit per la modica somma di cinque denari e un favore, sicuro. — Poi Braisy se ne andò, e poiché era molto piccolo, Orem lo perse quasi subito di vista fra il mare di teste che si muovevano in ogni direzione sulla Via dei Macellai.
Per quanto poco invitante fosse la città, Orem doveva trovare il modo di entrare. Fece delle domande, e fra tante risposte scorbutiche, raccolse informazioni sufficienti per arrivare alla Via del Letame, Ghe passava prima fra i puzzolenti recinti per il bestiame, e poi in mezzo alla Città dei Mendicanti. — Troverai facilmente le torri della Porta del Piscio, se guardi in alto e tieni le mura alla tua destra — gli aveva detto un uomo con il grembiule da macellaio sporco di sangue. Ma la Via del Letame era diventata rapidamente stretta, e si era allontanata dal flusso principale del traffico. Più andava avanti, meno insegne incontrava: tanto, chi sapeva leggere in un posto del genere? Poiché la Città dei Mendicanti era formata da coloro che non avevano trovato lavoro con i visti dei poveri e non potevano rimanere entro le mura della città. Era un posto per poveri, con squallidi negozietti di legno che lasciarono a poco a poco il posto a edifici chiusi con assi di legno, in cui, malgrado fossero pericolanti e sporchi, abitava della gente; e anche questi cominciarono a sembrare un lusso, man mano che delle baracche spuntavano fra i vecchi edifici cadenti. Le casupole invadevano la strada; la gente accoccolata all’ombra, sul lato a est della strada, aveva un’aria affamata; Orem cominciò ad aver paura dei ladri, perché in posti come quello anche cinque denari potevano valere la vita di un uomo.