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Ben presto si trovò perso. Soltanto le mura rimanevano sempre uguali, alte e grigie, dominando la lurida città che era già tre volte più grande di Banningside. Orem non osava chiedere la strada a nessuno di quelli che incontrava lungo la strada. Si teneva il più lontano possibile dalle case. E più camminava, meno persone vedeva, fino a quando non ci fu nessuno, e in quel momento vide le due torri gemelle di una porta. Le case erano chiuse con assi o, cosa ancora più minacciosa, lasciate aperte, senza tetti e senza finestre, come se non fossero state finite. Non c’era un’anima in vista; neppure lo sbattere di una porta aperta rompeva il silenzio. Orem sapeva che quella non poteva essere la Porta del Piscio, da dove i poveri entravano nella città di Inwit. Ma questo non lo fermò, perché capì quale doveva essere quella porta, e ancor più volle vederla.

Si fermò ai piedi delle torri, guardando in alto. La strada si era allargata, formando una piazza, poi era sparita. Dove avrebbe dovuto aprirsi la grande porta in legno, delle case si alzavano appoggiandosi alle torri, coprendo lo spazio intermedio, e lasciando vedere solo in cima il legno della porta. C’era uno strano effetto ottico: un momento sembrava che la porta sorreggesse le case, quello successivo che le case sorreggessero le mura, impedendo loro di cadere addosso a Orem e di schiacciarlo.

— Ehi, ragazzo!

Orem sobbalzò, perché aveva creduto di essere solo.

— Cosa fai lì?

All’ombra di una delle case chiuse, c’erano due guardie. Le loro corazze di bronzo sembravano meno lucide di quelle delle guardie alla Porta dei Maiali. Ma questo le rendeva ancora più minacciose. Senza pensare, Orem decise che questa era la volta di sembrare ciò che era in realtà: un ragazzo di campagna, perso nei bassifondi della città.

— Sto cercando la Porta del Piscio — disse. — È la prima volta che vengo qui. Hanno chiuso la porta?

Le guardie si guardarono e sorrisero. C’era della derisione nel loro sorriso, e Orem si sentì a disagio.

— Questa non è di sicuro la Porta del Piscio. Quella la si riconosce dalla puzza dei ladri e dei contadini che arrivano dal fiume sperando di diventare ricchi in città. — Le guardie gli si avvicinarono, e Orem si accorse che ce n’era più di una dozzina; erano rimaste nascoste nell’ombra o, sospettava Orem, nei gusci delle case che non erano chiuse con le assi.

— Io non spero di diventare ricco — disse Orem, cercando di sembrare spaventato, e riuscendoci meglio di quanto si fosse aspettato.

— Da dove vieni, ragazzo?

— Da una fattoria, la fattoria di mio padre. Vicino a Banning.

Le guardie si fecero più all’erta, e Orem notò che le mani si erano posate sulle impugnature, e le dita si erano chiuse attorno alle asce. — C’è una persona illegale vicino a Banningside — disse una guardia.

Una persona illegale? Il Re, naturalmente. E per un terribile momento, Orem temette che lo prendessero per una spia. Le spie, lo sapeva, erano scuoiate vive e costrette a ingoiare il loro cuore. Doveva far finta di non sapere che Palicrovol era venuto in quella regione? No, non l’avrebbero mai creduto. Era impossibile non accorgersi che un esercito così grande veniva a foraggiarsi in una zona. — So soltanto che i sergenti andavano in giro a reclutare i soldati. E io non volevo entrare nell’esercito.

La guardia che sembrava a capo del gruppo lo guardò dalla testa ai piedi e rise. — Se hai rischiato di essere arruolato, vuol dire che i ribelli sono più disperati di quanto si credesse.

Alla risata, Orem cercò di sorridere, sperando di farseli amici. La sua allegria li offese. Il comandante non lo prese per la camicia: lo prese per la pelle della vita, in una stretta che strappò a Orem un grido. — Lo sai quanto sei vicino a morire?

— No, signore.

Un’altra guardia aveva aperto la bisaccia di Orem. Dentro c’era solo la sua fiasca, ancora piena con l’acqua della sorgente di suo padre, e l’ultimo pezzo di pane, che ormai era duro come un sasso. Le sue monete erano in un posto più sicuro.

— È uno ricco, si vede — disse la guardia ributtandogli la bisaccia.

Orem osò fare una domanda: — Perché è chiusa questa porta?

— Starai meglio se non saprai mai la risposta a questa domanda.

Una guardia dai capelli bianchi, che aveva l’aria di uno che ha commesso tutti i peccati e ancora non è soddisfatto, parlò a bassa voce: — È uno sciocco campagnolo. È pieno giorno.

— Io dico di interrogarlo — disse un altro.

La guardia dai capelli bianchi parlò a voce ancora più bassa. — Merda. Le spie lo sanno come entrare in città, e non usano il Buco a metà pomeriggio.

Il comandante diede una spinta a Orem, facendogli male al fianco anche nel lasciarlo andare. — Vattene via di qui, ragazzo, e non tornare. Se cerchi la Porta del Piscio, segui il muro verso nord, e non allontanartene.

— Oppure torna a casa tua — disse la guardia dai capelli bianchi. — Non c’è niente a Inwit per te. Non lo sai che questa città divora i bambini e scuoia vivi uomini forti?

Orem sorrise come se non capisse, e indietreggiò. — Grazie signori. Buona giornata a voi. Non tornerò più.

— Il tuo nome, ragazzo! — disse il comandante. — E non mentire!

— Orem ap Avonap!

La guardia dai capelli bianchi rise forte. — Che nome! Solo a un contadino verrebbe in mente!

Le altre guardie si diedero delle gomitate e risero pure loro. Ma lo guardarono lo stesso sparire alla vista, e Orem ebbe il sospetto che uno lo seguisse per un bel pezzo.

Lo fece arrabbiare che avessero riso di lui, ma quello che lo irritava di più era che si era meritato le loro risate. Uno sciocco, ecco cos’era stato, e non era stata una finta, anzi!

Vita e morte nella città dei mendicanti

Più si spostava verso nord, meno il luogo appariva morto; un bambino che giocava nella strada, poi un mendicante che dormiva steso a terra, e infine cominciarono ad apparire dei rifiuti ai bordi della strada, e in mezzo un canale di scolo, fetido per la sporcizia in decomposizione. La Città dei Mendicanti era tornata viva, lontano dal Buco, e le facce che prima lo avevano spaventato adesso erano un sollievo. Orem cominciò a vedere non la loro estraneità, non la crudeltà e la sporcizia, ma la debolezza e il dolore. La maggior parte indossavano abiti eleganti, ma così a brandelli e sporchi che i colori un tempo brillanti erano ridotti a un marrone o un grigio uniformi. C’era qualcosa di spento anche negli occhi, come se la vita, nella Città dei Mendicanti, togliesse la mente dalla testa, come se la gente potesse attraversare le sue giornate senza mai svegliarsi completamente.

Orem cominciò ad avere pietà di loro, e quasi perse la sua paura, fino a quando un uomo con una faccia vuota come tutti si avvicinò a un altro uomo, non lontano da Orem, e con calma gli infilò un pugnale in un occhio. La vittima cadde senza un grido, col sangue che sgorgava sulla sua faccia e sulla strada. Orem provò più angoscia che paura, poiché se un uomo con una faccia morta come quello poteva uccidere, se i morti potevano alzarsi e trascinare i vivi nelle loro tombe, che speranze aveva lui di conservare la sua vita?

Sul molo il ladro era stato ignorato dai testimoni del suo crimine, ma qui vigeva un altro codice. Mentre l’assassino stava spogliando la sua vittima, cinque o sei uomini si raccolsero attorno e cominciarono a gettare pietre contro il ladro. Il ladro cercò di scansarle senza molta convinzione, e alla fine rinunciò a impadronirsi della camicia del morto. Mentre si allontanava dalla sua vittima, gli uomini lo raggiunsero, lo presero a calci, lo gettarono a terra, lo picchiarono in silenzio, senza una parola. Il ladro dapprima cercò di ripararsi dai colpi, ma alla fine rinunciò a difendersi. Non aveva perso la conoscenza, vide Orem; né gli uomini che lo battevano erano spinti dall’odio. Semplicemente lo presero a calci, finché un uomo saltò con entrambi i piedi sulla testa e sul collo dell’uomo. Il collo si ruppe. La bocca si apri, con la mascella penzolante, e tuttavia gli occhi non sembrarono più morti di prima. Gli uomini che avevano ucciso l’assassino lo lasciarono sulla strada vicino alla sua vittima. I topi già si stavano radunando, e nessuno si mosse per coprire i corpi. Orem sentì di aver visto tutto ciò che c’era da vedere della ruota della vita, in quel luogo. Lì non c’era nascita: solo morte, solo i topi che rodevano i cadaveri.