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Mardien si fece avanti, con gli occhi velati da uno strano sguardo spento. «Uccidermi?» La sua voce era perplessa. «Perché?»

Gardius la fissò incollerito, senza sapere cosa rispondere. La risposta alla sua domanda era in qualche modo legata alla fitta di dolore che aveva sentito nel vederla nel villino di Arman. Mardien vide l’eroe prono a terra, e si portò una mano alla gola.

«L’hai ucciso… così presto?»

«No, non è morto.»

«E adesso che cosa farai?»

«Lo porterò su Maxus, e lo baratterò con mia sorella, mio fratello, e quanti amici sarà possibile.»

«Ma lo tortureranno!» Guardò di nuovo Gardius, e già il velo stava lasciando i suoi occhi.

Gardius alzò le spalle, gettò un’occhiata al grande corpo. «Avrebbe dovuto pensarci prima di diventare un mercante di schiavi. Può sopportare parecchio.»

Mardien gli si avvicinò. «Gardius… Jaime! Tu non capisci! Non puoi, non sei così malvagio! Qui c’è la speranza dell’universo, in Arman! Saresti tanto crudele?»

Gardius emise un suono cupo, a metà tra un risolino e una sbuffata. «Forse sei cieca. Forse sei troppo ingenua.»

Bianca in viso, con gli occhi sbarrati, Mardien disse: «Dietro a quello che dici non c’è nulla, solo le tue emozioni.»

Gardius ripeté il suono sarcastico. «Le stesse parole valgono per te.»

«Ma io so! Io so!» disse tra i denti stretti.

Gardius scrollò le spalle. «Ha parlato di partire domani. Perché? E per dove?»

Mardien esitò, poi la risposta le scaturì rabbiosa dalle labbra. «Per Maxus con seicento persone del mio popolo. Ecco quanto crediamo in Arman! In seicento si sono offerti volontari.»

«Volontari? Per cosa?»

«Hanno offerto i loro corpi volontari per la schiavitù.»

Gardius rimase immobile, sondandola con lo sguardo. «Perché?»

Mardien distolse gli occhi. «Ho detto troppo.»

Gardius disse lentamente: «Ho capito bene che seicento Otro si lasciano — volontariamente — vendere come schiavi?»

«Sì!» rispose in tono di sfida. «Hai capito bene.»

«E Arman si prende il denaro che sarà pagato per loro?»

«Sì.»

«Adesso so che siete pazzi, tutti quanti.»

«Sei uno sciocco!» scattò Mardien. «Il denaro serve per comprare attrezzature tecniche, per le fabbriche, per gli impianti elettrici, gli utensili.»

«E chi lavorerà in queste fabbriche?»

«Noi Otro.»

«E chi vi darà da mangiare quando i vostri campi resteranno incolti?»

«Quelli delle Terre Basse. Compreremo il cibo.»

«E chi proteggerà le vostre industrie da Maxus?»

«Avremo uno schermo come lo schermo attorno a Maxus.»

«Quello,» disse Gardius, «è uno dei segreti meglio custoditi di Maxus: come schermare un pianeta.»

Mardien gli rivolse un sorriso gelido. «Quando gli Otro saranno schiavi su Maxus, Maxus non avrà più segreti. Coloro che andranno sono tecnicamente preparati.»

Gardius la guardò accigliato. «Non ti capisco.»

«Naturalmente. Tu non sei un Otro.»

«No,» disse Gardius. «Non lo sono. Come farete uscire quei segreti dal pianeta?»

«Questo è uno dei nostri segreti. Lo faremo. Scoveremo ogni formula, ogni progetto strutturale, ogni fase di conoscenza avanzata di Maxus. E qui nelle Terre Alte di Alam ricreeremo i segreti.

«Schermeremo Fell dalle navi da guerra di Maxus fino a quando avremo delle navi da guerra nostre. Allora ci espanderemo, esporteremo le nostre tecniche sugli altri pianeti. Maxus scomparirà davanti a noi.»

«Molto fantasioso,» disse Gardius seccamente. Si appoggiò alla parete. «Ma perché barattare le occasionali predazioni di Maxus con la tirannia di questo,» toccò Arman con un piede, «questo mercante di schiavi, questo assassino?»

«Non ci sarà tirannia sotto Arman!»

Gardius scosse piano la testa. «Innocenti fiduciosi! Persino quando Arman dice «coloro che hanno schiavizzato saranno gli schiavi», voi avete ancora fiducia in lui.»

««Coloro che hanno schiavizzato saranno gli schiavi»,» ripeté Mardien lentamente, stupita. «Tu eri all’incontro.»

«Sì.»

«Cosa intendi dire con ciò?»

«Intendo dire che forse potrete creare un sistema industriale, ma che per controllarlo avrete bisogno di milioni di uomini, molti più di quanti ce ne siano su Fell. Ti rendi conto di quanto sia complicata una nave da guerra spaziale? Quanti anni di lavoro nella vita di un uomo ci vogliono per costruire anche solo un incrociatore?»

«No,» disse Mardien debolmente.

«E quanti anni di lavoro nella vita di un uomo ci vogliono solamente per costruire i meccanismi, le attrezzature, le maschere di montaggio che sono appena sufficienti per cominciare?»

«Cominceremo su piccola scala.»

«Non ci sono piccole scale. O è grande, o non esiste affatto. Ci vogliono quaranta milioni di Sommi semplicemente per sovrintendere alle industrie di Maxus. E voi siete solo in pochi milioni. Da dove verrà tutta questa forza lavoro aggiuntiva? Nel suo discorso Arman vi ha dato la risposta. Gli viene in mente senza sforzo, poiché è un mercante di schiavi per professione. Schiavi!

«Un’altra cosa: mentre il vostro sistema industriale si starà espandendo, credete che i Sommi se ne andranno a dormire? Sono dei realisti. Si espanderanno con voi, più in fretta di voi. Costruiranno più fabbriche, schiavizzeranno più pianeti, e hanno duemila anni di anticipo su di voi.

«Se il vostro piano riesce, voi non vincerete, nessuno vincerà. Perderanno tutti. Non ci sarà solamente Maxus a devastare i pianeti in cerca di uomini, ci saranno anche i mercanti di schiavi di Fell. Due sistemi industriali, in competizione per i mercati della galassia, per comprare cibo sufficiente a nutrire i loro schiavi.»

«No, no, no!» gridò Mardien. «Questo non è per niente il nostro piano.»

«Certamente no,» disse mitemente Gardius. «Voi siete idealisti. Gli idealisti sono sempre i rivoluzionari, le zampe del gatto. Poi i realisti consolidano la situazione, raggiungono i compromessi, liquidano l’opposizione.»

Restarono a guardarsi l’un l’altra attraverso la stanza, entrambi schiacciati contro la parete come cariatidi, e in mezzo a loro giaceva l’idolo prono. Mardien disse con voce sottomessa: «Cosa proponi, allora? Cerchi di distruggere la mia fede, ma non mi offri nulla.»

«Mi dispiace,» disse Gardius con calma. «Non posso offrire soluzioni gradevoli, se non rendere il mercato degli schiavi così pericoloso che esseri come questo,» toccò ancora Arman con un piede, «saranno costretti a fare acrobazie. Ho pianificato la mia vita in questa direzione. Sto cominciando con il mercante di schiavi che mi ha privato della mia famiglia: Arman.

«Quando l’avrò consegnato all’Alto Ricognitore non ci sarà quartiere. Li ucciderò come mi capiteranno sotto mano.» La sua voce assunse un’aspra vivacità. «Come scorpioni!»

Notò lo strano pallore sul volto di Mardien, notò la direzione del suo sguardo. Era fisso sul pavimento in una fascinazione inorridita.

Troppo tardi balzò indietro. Da terra scaturì il movimento, una massa rapida e agile lo colpì alla vita, lo scagliò, con un tonfo, lungo disteso sul pavimento. Il raggio termico cadde sull’assito. Mardien gemette, corse avanti ad afferrarlo.

Gardius sferrò un calcio da dov’era sdraiato, colse Arman nell’addome. Scorse Mardien, con la faccia contorta nell’agonia del dubbio. La pelle splendeva dov’era tirata sulle ossa, i denti erano bianchi contro le labbra grigie. I suoi occhi erano grandi, un velo scese davanti al suo sguardo.

Gardius intuì la sua decisione, rotolò di fianco mentre un ago di luce rossa carbonizzava il pavimento vicino a lui.

Balzò in piedi, schivò il boccheggiante Arman passandogli alle spalle, afferrò uno sgabello e lo lanciò contro Mardien, che si accasciò a terra. Gardius si girò di nuovo verso Arman, che gli si stava avvicinando con il volto in fiamme e la bocca ruggente.