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— Allora, potete dire loro che mi trovo qui.

— Ottimo. Semplificherà le cose. Volevo il suo consenso.

— Non c’erano… messaggi per me, da Anarres?

— Non lo so. Non ho chiesto. Non avevo pensato alla cosa dal suo punto di vista. Se c’è qualcosa che la preoccupa, potremmo trasmettere noi ad Anarres. Conosciamo la lunghezza d’onda usata dalla sua gente, naturalmente, ma non l’abbiamo mai usata perché non siamo mai stati invitati a farlo. Ci è parso meglio non forzare le cose. Ma possiamo facilmente predisporre una conversazione per lei.

— Avete un trasmettitore?

— Possiamo usare la nave come amplificatore… la nave Hainita in orbita attorno a Urras. Hain e Terra lavorano insieme, come forse lei sa. L’Ambasciatore di Hain sa che lei è con noi; è l’unica persona che ne sia stata informata ufficialmente. La radio è quindi a sua disposizione.

Egli la ringraziò, con la semplicità di una persona che non guarda dietro l’offerta per vedere le motivazioni dell’offerente. Lei lo studiò per un momento, con gli occhi acuti, diretti, quieti. — Ho ascoltato il suo discorso — disse.

Egli la fissò come da una grande distanza. — Discorso?

— Quando lei ha parlato alla grande dimostrazione in Piazza del Campidoglio. Oggi fa una settimana. Noi ascoltiamo sempre la radio clandestina, le trasmissioni degli Operai Socialisti e dei Libertari. Che, naturalmente, trasmettevano in diretta dalla dimostrazione. L’ho sentita parlare. Ne sono rimasta profondamente commossa. Poi si è udito un rumore, uno strano rumore, e si poteva sentire che la folla cominciava a gridare. Non ne spiegarono il motivo. Ci furono delle urla. Poi la trasmissione cessò bruscamente. Era terribile, terribile da ascoltare. E lei era laggiù. Come è riuscito a scappare da una cosa simile? La Città Vecchia è ancora isolata da un cordone di truppe; ci sono tre reggimenti dell’esercito nella città di Nio; arrestano ancora oggi scioperanti e sospetti a decine e centinaia al giorno. Come ha fatto ad arrivare qui?

Egli fece un pallido sorriso. — Con un taxi.

— Superando tutti i posti di blocco? E con addosso quel cappotto macchiato di sangue? E tutti conoscono la sua faccia.

— Ero nascosto sotto il sedile posteriore. Il taxi era stato requisito, si dice così? È stato un rischio che alcune persone si sono volute assumere per me. — Abbassò gli occhi sulle proprie mani, che teneva strette in grembo. Era perfettamente tranquillo e parlava con voce calma, ma c’era una tensione interna, uno sforzo, che traspariva nei suoi occhi e nelle linee intorno alla sua bocca. Meditò per un istante, poi proseguì nello stesso modo distaccato: — È stata fortuna, all’inizio. Quando sono uscito dal nascondiglio, ho avuto la fortuna di non essere arrestato subito. Comunque, arrivai alla Città Vecchia. E di lì in poi non fu soltanto fortuna. Si chiesero dove potessi andare, studiarono il modo di farmi arrivare qui, corsero rischi. — Disse una parola nella propria lingua, poi la tradusse: — Solidarietà…

— È molto strano — disse l’Ambasciatore della Terra. — Non conosco quasi nulla del suo mondo, Shevek. So soltanto ciò che ci hanno detto gli urrasiani, dato che il suo popolo non ci permette di scendere. So, naturalmente, che il pianeta è arido e spoglio, e so il modo in cui è stata fondata la colonia, che è un esperimento di comunismo non autoritario, che sopravvive da centosettant’anni. Ho letto qualcosa degli scritti di Odo… non molto. Pensavo che tutto questo non fosse molto importante per ciò che accade oggi su Urras, che fosse una cosa lontana, un interessante esperimento. Ma sbagliavo, vero? È davvero importante. Forse Anarres è la chiave per capire Urras… I rivoluzionari di Nio: vengono dalla stessa tradizione. Non scioperavano soltanto per salari migliori o per protestare contro la coscrizione. Non sono soltanto socialisti, sono anarchici: scioperavano contro il potere. Capisce, la dimensione della dimostrazione, l’intensità del sentimento popolare, e la reazione di panico del governo, tutto sembrava molto difficile da comprendere. Perché tanta agitazione? Il governo di qui non è dispotico. I ricchi sono molto ricchi, certo, ma i poveri non sono poi così poveri. Non sono né schiavi né ridotti alla fame. Perché non si accontentano del pane e dei discorsi? Perché sono così sensibili?… Ora comincio a capire il perché. Ma la cosa che mi resta ancora inesplicabile è che il governo dell’A-Io, sapendo che questa tradizione libertaria era ancora viva, e conoscendo lo scontento che regnava nelle città industriali, la abbia portata ugualmente su Urras. Come avvicinare il fiammifero al barile della polvere!

— Non mi sarei mai dovuto avvicinare al barile della polvere. Dovevo rimanere lontano dal popolo, vivere tra gli scienziati e i ricchi. Non vedere i poveri. Non vedere nulla di brutto. Dovevo rimanere avvolto nella bambagia, in una scatola dentro una confezione dentro una cassa di cartone dentro una pellicola di plastica trasparente, come ogni cosa di qui. E lì dovevo essere felice di fare il mio lavoro: il lavoro che non potevo fare su Anarres. E quando l’avessi terminato, l’avrei dato a loro, in modo che potessero servirsene per minacciarvi.

— Minacciarci? La Terra, intende dire, e Hain e le altre potenze spaziali interstellari? Minacciarci di cosa?

— Di annullare lo spazio.

Ella rimase in silenzio per alcuni secondi. — È questa, la cosa che lei fa? — disse con la sua voce pacata, divertita.

— No. Non è quello che faccio io! In primo luogo, non sono un inventore, un ingegnere. Sono un teorico. La cosa che vogliono da me è una teoria. Una teoria del Campo Generale nella fisica temporale. Lei sa di che cosa si tratta?

— Shevek, la vostra fisica Cetiana, la vostra Nobile Scienza, è totalmente al di fuori della mia portata. Non ho studiato matematica, fisica, filosofia, e mi pare sia costituita di tutte queste cose, e della cosmologia, e d’altro ancora. Ma so cosa intende quando dice Teoria della Simultaneità, un po’ come so cosa si intende con Teoria della Relatività; cioè, so che la teoria della relatività ha condotto a certi risultati pratici assai notevoli; e quindi penso che la sua fisica temporale può rendere possibili certe conquiste tecnologiche.

Egli annuì. — La cosa che desiderano — disse, — è il trasferimento istantaneo di materia attraverso lo spazio. La transilienza. Viaggio spaziale, capisce, senza attraversamento di spazio o passaggio di tempo. Forse ci si arriverà; ma non con le mie equazioni, penso. Ma con le mie equazioni possono costruire l’ansible, se vogliono. Gli uomini non possono scavalcare il grande vuoto, ma le idee sì.

— Che cos’è l’ansible, Shevek?

— Un’idea. — Egli sorrise senza molta allegria. — Uno strumento che permetterà la comunicazione senza alcun intervallo di tempo fra due punti dello spazio. Lo strumento non trasmetterà messaggi, naturalmente; simultaneità è identità. Ma per la nostra percezione, quella simultaneità funzionerà come trasmissione, invio. Così potremo usarlo per parlare tra i mondi, senza le lunghe attese perché il messaggio vada e la risposta torni indietro, attese richieste dagli impulsi elettromagnetici. In realtà si tratta di una cosa molto semplice. Come una specie di telefono.

Keng rise. — La semplicità dei fisici! Così io potrei prendere l’… l’ansible?… e usarlo per parlare con mio figlio a Delhi? E con la mia nipotina, che aveva cinque anni quando sono partita, e che è vissuta per quindici anni mentre io viaggiavo dalla Terra a Urras in una nave a velocità prossima a quella della luce. E potrei sapere che cosa succede a casa adesso, e non undici anni fa. E si potrebbero prendere delle decisioni, fare degli accordi, e comunicare delle informazioni. Io potrei parlare ai diplomatici di Chiffewar, lei potrebbe parlare con i fisici di Hain, non occorrerebbe una generazione per trasmettere un’idea da un mondo all’altro… Lei sa, Shevek, credo che la sua cosa molto semplice potrebbe cambiare la vita di tutti i miliardi di persone dei nove Mondi Conosciuti?