— Se lasciassimo venire questi pretesi Odoniani, come penserebbero di raggiungerci?
Aveva parlato l’oppositore che Bedap temeva maggiormente, la donna fredda e intelligente chiamata Rulag. Per tutto l’anno era stata il suo oppositore più agguerrito e brillante. Bedap lanciò un’occhiata a Shevek, che per la prima volta era venuto ad assistere alla riunione del consiglio, per richiamare la sua attenzione sulla donna. Qualcuno aveva detto a Bedap che Rulag era un ingegnere, ed egli aveva trovato in lei la chiarezza e il pragmatismo mentali dell’ingegnere, e in più l’avversione dei meccanicisti verso la complessità e l’irregolarità. Avversava il Gruppo dell’Iniziativa su ogni punto, compreso quello del suo diritto all’esistenza. Le sue argomentazioni erano buone, e Bedap la rispettava. A volte, quando parlava della forza di Urras, e del pericolo di trattare con il forte da una posizione di debolezza, egli le credeva.
Infatti c’erano dei momenti in cui Bedap si chiedeva, in cuor suo, se egli stesso e Shevek, quando si erano riuniti nell’inverno del ’68 e avevano discusso i modi con cui un fisico frustrato avrebbe potuto stampare la propria opera e comunicarla ai fisici di Urras, non avessero dato il via a un’incontrollabile catena di eventi. E quando infine avevano stabilito contatto radio, gli urrasiani si erano rivelati più desiderosi di parlare, di Scambiare informazioni, di quanto non si fossero aspettati; e quando avevano stampato i rapporti delle loro comunicazioni, l’opposizione su Anarres era stata più virulenta di quanto avessero previsto. Su entrambi i pianeti, la gente prestava loro troppa attenzione perché si potessero sentire veramente tranquilli. Quando il nemico ti abbraccia con entusiasmo, e i tuoi compatrioti ti rifiutano amaramente, è difficile non chiederti se non sei, in effetti, un traditore.
— Penso che verrebbero con un mercantile — rispose. — Da buoni Odoniani, scroccherebbero il viaggio. Se il loro governo, o il Consiglio dei Governi Mondiali, desse loro il permesso. Ma glielo darebbero? Gli archisti farebbero un favore agli anarchici? Ecco il punto che mi piacerebbe scoprire. Se invitassimo un piccolo gruppo, sette o otto di quelle persone, che cosa succederebbe su Urras?
— Curiosità lodevole — disse Rulag. — Conosceremmo meglio il pericolo, certo, se conoscessimo meglio come vanno le cose su Urras. Ma il pericolo sta proprio nell’atto di scoprirlo. — Si alzò in piedi, per indicare che voleva tenere l’attenzione per più di una frase o due. Bedap fece una smorfia, e guardò di nuovo Shevek, seduto accanto a lui. — Attento a questa — mormorò. Shevek non rispose, ma Shevek era sempre timido e riservato alle riunioni, non valeva niente a meno che non venisse profondamente commosso da qualcosa, nel qual caso si rivelava un oratore sorprendentemente valido. Era seduto al suo posto e si fissava le mani. Ma mentre Rulag parlava, Bedap notò che la donna, sebbene parlasse a lui, continuava a lanciare occhiate verso Shevek.
— Il vostro Gruppo dell’Iniziativa — disse, sottolineando l’aggettivo «vostro», — ha proceduto a costruire un trasmettitore, a trasmettere a Urras e a ricevere da questo, e a pubblicare le comunicazioni. Tutto ciò è stato da voi compiuto contrariamente alle opinioni della maggioranza del CDP, e alle crescenti proteste di tutta la Fratellanza. Non ci sono state ancora rappresaglie contro la vostra attrezzatura o contro voi stessi, soprattutto, io credo, per il fatto che noi Odoniani ci siamo disabituati alla stessa idea che qualcuno adotti un corso d’azioni dannoso agli altri e persista in esso a dispetto degli avvisi e delle proteste. È un evento assai raro. In realtà, voi siete i primi di noi che si siano comportati nel modo sempre predetto dai critici archisti quando parlavano del comportamento dei membri di una società priva di leggi: con totale mancanza di responsabilità nei riguardi del bene della società. Non intendo ritornare sul danno da voi già compiuto, il passaggio di informazioni scientifiche a un nemico potente, la confessione della nostra debolezza rappresentata da ciascuna delle vostre trasmissioni a Urras. Ma ora, ritenendo che ci siamo già assuefatti a tutto questo, voi proponete qualcosa di assai peggiore. Che differenza ci può essere, voi direte, tra parlare con alcuni urrasiani sulle onde corte e parlare con alcuni di essi qui ad Abbenay? Qual è la differenza? Qual è la differenza tra una porta chiusa e una porta aperta? Apriamo la porta… ecco che cosa ci dite, voi lo sapete, ammari. Apriamo la porta, lasciamo venire gli urrasiani! Sette o otto pseudo Odoniani sul prossimo mercantile. Settanta o ottanta profittatori iotici su quello che verrà dopo, per esaminarci bene e vedere come ci possono suddividere come proprietà tra le nazioni di Urras. E col viaggio seguente verranno settecento o ottocento navi da guerra armate: cannoni, soldati, una forza d’occupazione. Fine di Anarres, fine della Promessa. La nostra speranza giace, da centosettant’anni, nei Termini dell’Insediamento: Nessun urrasiano scenderà dalle navi, eccetto i Coloni, né allora né mai. Nessuna mescolanza. Nessun contatto. Abbandonare quel principio ora, equivale a dire ai tiranni che un tempo abbiamo sconfitto: L’esperimento è fallito, venite di nuovo a renderci schiavi.
— Niente affatto — disse subito Bedap. — Il messaggio è chiaro: L’esperimento è riuscito, ora siamo abbastanza forti da affrontarvi come uguali.
La discussione continuò come prima, un rapido martellare di botta e risposta. Non durò a lungo. Non si fece una votazione, come al solito. Quasi tutti i presenti sostenevano fortemente il rispetto dei Termini dell’Insediamento, e non appena questo divenne chiaro, Bedap disse: — D’accordo, ritengo chiusa la questione. Nessuno verrà qui con il Forte di Kuieo o il Pensiero. Sulla questione di portare urrasiani su Anarres, l’intenzione del Gruppo deve chiaramente cedere all’opinione complessiva della società: abbiamo chiesto il vostro parere e lo seguiremo. Ma c’è un altro aspetto della stessa questione. Shevek?
— Be’, c’è la questione — disse Shevek, — di mandare un anarresiano su Urras.
Si alzarono esclamazioni e domande. Shevek non alzò la voce, che era poco più di un mormorio, e continuò: — Non farebbe alcun danno e non minaccerebbe nessuno che viva su Anarres. E mi pare che sia una questione di diritti individuali; una specie di prova di questi diritti, in effetti. I Termini dell’Insediamento non lo proibiscono. Proibirlo ora sarebbe un’assunzione di autorità da parte del CDP, una restrizione del diritto dell’individuo Odoniano di dare inizio ad azioni innocue per gli altri.
Rulag si sporse in avanti, senza alzarsi dalla sedia. Sorrideva un poco. — Ciascuno è libero di lasciare Anarres — disse. I suoi occhi chiari passarono da Shevek a Bedap e a Shevek. — Può andare dove vuole, se le navi dei proprietaristi sono disposte a prenderlo. Ma non può tornare indietro.
— Chi dice che non può? — chiese Bedap.
— I Termini della Chiusura dell’Insediamento. Nessuno potrà allontanarsi dalle navi mercantili al di là della cinta del Porto di Anarres.
— Su, via, nelle intenzioni, questo si doveva certamente riferire agli urrasiani, non agli anarresiani — disse un vecchio consigliere, Ferdaz, che amava tuffare nell’acqua il proprio remo anche se esso allontanava la barca dalla rotta da lui voluta.
— Urrasiano è chi viene da Urras — disse Rulag.
— Legalismi, legalismi! Cosa sono tutti questi cavilli? — disse una donna calma, pesante, chiamata Trepil.
— Cavilli! — gridò il nuovo membro, il giovane. Aveva l’accento degli Altipiani del Nord e una voce profonda, forte. — Se non ti piacciono i cavilli, senti questo. Se quaggiù ci sono delle persone a cui non piace Anarres, lasciatele andare. Darò una mano anch’io. Le porterò io stesso al Porto, ce le spingerò a calci! Ma se cercheranno di strisciare indietro, troveranno alcuni di noi, laggiù, ad aspettarle. Alcuni veri Odoniani. E non li troveranno sorridenti, a dire: «Benvenuti a casa, fratelli.» Si troveranno i denti cacciati in gola a pugni, le balle rincalcate in pancia a calci. Questo lo capite? È abbastanza chiaro per tutti?