Carcolo, abbandonando ogni esitazione, si rizzò sulla sella e segnalò di impegnare i suoi Massacratori, che fino a quel momento aveva tenuto in serbo come se fossero figli suoi.
Strillando e singultando, i Massacratori scesero pesantemente nella mischia, strappando grandi bocconi di carne a destra e a sinistra, sbranando con le branchie i draghi più piccoli, calpestando i Rissosi, afferrando Orrori Azzurri e Assassini, e scagliandosi ululanti nell’aria. Sei cavalieri di Banbeck cercarono di arrestare la carica, sparando a bruciapelo con i moschetti contro quei musi demoniaci: caddero e non si rialzarono più.
La battaglia scese precipitosamente lungo le pendici del Burrone della Stella Spezzata. Il nucleo del combattimento divenne meno concentrato, e il vantaggio della Valle Beata si dissipò. Carcolo esitò, per un lungo istante vertiginoso.
Erano accesi allo stesso modo, lui e le sue truppe: l’ebbrezza del successo inaspettato solleticava i loro cervelli… ma lì, nel Burrone della Stella Spezzata, potevano rovesciare le probabilità favorevoli alle più consistenti forze di Banbeck? La prudenza suggeriva che Carcolo si ritirasse sulla Guglia di Barch, per sfruttare al massimo la sua limitata vittoria. Già un forte plotone di Diavoli si era raggruppato e manovrava per caricare il suo scarso contingente di Massacratori. Bast Givven gli si avvicinò: si attendeva sicuramente l’ordine di ritirata. Ma Carcolo aspettava ancora, godendosi lo scompiglio provocato dai suoi sei Massacratori.
Il volto cupo di Bast Givven aveva un’espressione severa. — Ritiriamoci, ritiriamoci! Verremo annientati, quando le sue ali avanzeranno su di noi!
Carcolo l’afferrò per il gomito. — Guarda! Vedi dove si radunano quei Diavoli, vedi dov’è Joaz Banbeck? Non appena caricheranno, manda sei Assassini dai Grandi Passi da ogni lato: che gli piombino addosso, che l’uccidano!
Givven aprì la bocca per protestare, guardò nella direzione indicata da Carcolo e si allontanò per obbedire agli ordini.
I Diavoli di Banbeck avanzavano, muovendo con furtiva sicurezza verso i Massacratori della Valle Beata. Joaz, alzandosi sulla sella, seguì la loro avanzata. All’improvviso, dai due lati, gli Assassini dai Grandi Passi piombarono verso di lui. Quattro dei suoi cavalieri e sei giovani suonatori di cornetta, lanciando grida d’allarme, tornarono precipitosamente indietro per proteggerlo: vi fu il clangore dell’acciaio contro l’acciaio e dell’acciaio contro le scaglie. Gli Assassini combattevano con spade e mazze. I cavalieri, che non potevano usare i moschetti, si difesero con le corte sciabole, e caddero uno dopo l’altro.
Rizzandosi sulle zampe posteriori, il caporale degli Assassini sferrò un fendente contro Joaz, che deviò disperatamente il colpo. L’Assassino alzò temporaneamente la spada e la mazza… e da cinquanta passi di distanza una pallottola di moschetto gli penetrò nell’orecchio. Impazzito per il dolore, abbandonò le armi e crollò in avanti, addosso a Joaz, contorcendosi e scalciando. Gli Orrori Azzurri di Banbeck si buttarono all’attacco; gli Assassini sfrecciarono avanti e indietro sul caporale in convulsioni, sferrarono affondi contro Joaz, cercando di colpirlo a calci, e finalmente fuggirono davanti agli Orrori Azzurri.
Ervis Carcolo si lasciò sfuggire un gemito di disappunto. Per mezzo secondo era stato privato della vittoria. Joaz Banbeck, pesto, malconcio, forse ferito, si era salvato.
Oltre la cresta della collina sopraggiunse un cavaliere, un giovinetto disarmato che frustava un Ragno barcollante. Bast Givven lo additò a Carcolo. — Un messaggero che arriva dalla Valle.
Il ragazzo scese precipitosamente il pendio del burrone, verso Carcolo, gridando, ma il suo messaggio si perse nel frastuono della battaglia. Finalmente si avvicinò. — I Basici! I Basici!
Carcolo si accasciò come una vescica semisgonfia. — Dove?
— Una grande nave nera, larga metà della valle. Io ero su, tra l’erica, sono riuscito a fuggire. — Tese il braccio, piagnucolando.
— Parla, ragazzo! — ringhiò Carcolo con voce rauca.
— Che cosa fanno?
— Non ho visto. Sono corso da te.
Carcolo volse lo sguardo sul campo di battaglia; 1 Diavoli di Banbeck avevano quasi raggiunto i suoi Massacratori, che stavano arretrando lentamente, con le teste abbassate e le zanne protese.
Carcolo alzò le braccia, disperato. Ordinò a Givven: — Ordina la ritirata, disimpegnati!
Agitando un fazzoletto bianco, aggirò le truppe che combattevano per raggiungere il punto in cui Joaz Banbeck giaceva ancora a terra, mentre i suoi uomini sollevavano di peso l’Assassino fremente che gli era piombato sulle gambe. Joaz alzò la testa, bianco in volto quanto il fazzoletto di Carcolo. Quando lo vide, i suoi occhi si spalancarono e s’incupirono, le sue labbra si strinsero.
Carcolo proruppe: — I Basici sono tornati. Sono scesi nella Valle Beata, e stanno sterminando la mia gente.
Aiutato dai suoi cavalieri, Joaz Banbeck si rimise in piedi. Barcollando, con le braccia abbandonate e inerti lungo i fianchi, scrutò in silenzio il viso di Carcolo.
Carcolo riprese a parlare. — Dobbiamo proclamare una tregua. È una battaglia inutile. Marciamo con tutte le nostre forze nella Valle Beata e attacchiamo i mostri prima che ci annientino tutti! Ah, pensa cosa avremmo potuto fare, con le armi dei sacerdoti!
Joaz continuò a tacere. Trascorsero altri dieci secondi. Carcolo gridò furiosamente: — Avanti, cosa decidi?
Joaz parlò con voce rauca. — Niente tregua. Tu hai respinto il mio avvertimento. Hai pensato di saccheggiare la Valle dei Banbeck. Non avrò pietà di te.
Carcolo ammutolì; la bocca spalancata era un foro rosso sotto l’onda dei baffi. — Ma i Basici…
— Torna dalle tue truppe. Sei mio nemico, come i Basici. Perché dovrei scegliere tra di voi? Preparati a combattere per la tua vita: non ti concedo tregua.
Carcolo era diventato pallido quanto Joaz. — Non avrai mai pace! Anche se vincerai questa battaglia, qui al Burrone della Stella Spezzata, non godrai mai della vittoria. Ti perseguiterò fino a quando implorerai che ti uccida.
Banbeck fece un cenno ai suoi cavalieri. — Ricacciate fra i suoi questo cane, a frustate.
Carcolo fece indietreggiare il suo Ragno per sottrarsi alle fruste che lo minacciavano, lo girò e sfrecciò via.
Le sorti della battaglia erano cambiate. I Diavoli di Banbeck, adesso, avevano fatto irruzione oltre gli Orrori Azzurri. Uno dei suoi Massacratori era sparito; un altro fronteggiava tre Diavoli che avanzavano di sbieco, e sbatteva le grandi mandibole, mulinando la spada mostruosa.
I Diavoli guizzarono e fintarono con le sfere d’acciaio: poi corsero all’attacco. Il Massacratore avventò un colpo, fracassando la spada sulla corazza dei Diavoli, dura come la pietra; e quelli sfrecciarono sotto di lui, colpendo con le mazze ferrate le zampe mostruose. Il Massacratore cercò di balzar via per liberarsi, e si rovesciò maestosamente. I Diavoli gli squarciarono il ventre: a Carcolo restavano ormai soltanto cinque Massacratori.
— Indietro! — gridò. — Disimpegnatevi!
Le sue truppe risalirono la Guglia di Barch: il fronte della battaglia era un tumulto ruggente di scaglie, corazze, metallo lampeggiante. Fortunatamente per lui, Carcolo aveva alle spalle il terreno più elevato, e dopo dieci minuti terribili riuscì a dare una parvenza d’ordine alla ritirata.