— Forse si sono stancati di aspettare la nostra risposta — suggerì Heather. — Può anche darsi che ricomincino, se ci facciamo vivi.
— Non sarà che…
— Cosa? — domandò Heather.
— Equazione di Drake, ultimo termine. Heather rimase in silenzio per qualche istante.
— Oh… — disse poi, sommessamente.
L’equazione di Drake, che fornisce una stima del numero di civiltà, entro la nostra galassia, capaci di effettuare trasmissioni radio, contiene sette termini:
R* fp ne fl fi fc L
Ritmo di formazione stellare, moltiplicato la frazione di stelle provviste di pianeti, moltiplicato il numero di pianeti adatti alla vita, moltiplicato la frazione di pianeti adatti alla vita su cui la vita effettivamente appare, moltiplicato la frazione di forme di vita che sviluppano l’intelligenza, moltiplicato la frazione di forme di vita intelligenti che sviluppano la radio, moltiplicato…
Moltiplicato L grande: cioè la lunghezza del ciclo vitale di una civiltà.
Una civiltà che possieda la radio è probabile che disponga altresì di armi nucleari o altre mostruosità altrettanto pericolose.
Le civiltà possono essere spazzate via in pochi minuti… certamente in meno di un solo giorno di trentuno ore.
— Non possono essere morti — disse Salme.
— O sono morti, o hanno interrotto volontariamente, oppure il messaggio è completo.
Bussarono alla porta. Heather coprì il micro. — Avanti!
Fece capolino l’assistente d’istituto. — Scusi il disturbo, professoressa Davis, ma c’è al telefono la CBC. Vogliono sapere da lei che cos’è successo agli alieni…
10
Il laboratorio di Kyle era affollato. La preside era appoggiata a una parete, il capodipartimento stava appollaiato sul ripiano sporgente dalla parte inferiore del quadro controllo di Cita, un legale dell’ufficio brevetti dell’Università aveva occupato la sedia di Kyle, e i cinque specializzandi che lavoravano nel gruppo di calcolo quantico erano lì pure loro a gironzolare.
— Allora — esordì Kyle rivolgendosi ai presenti. — Come sapete, sin dal 1996 disponiamo di una tecnica per produrre semplici porte a logica quantica. Tale tecnica, basata sull’uso della risonanza magnetica nucleare per misurare gli spin atomici, trova ostacolo nel fatto che, man mano che si aggiungono bit, il segnale in uscita s’indebolisce in modo esponenziale. Un elaboratore quantico a trenta bit basato su tale principio produce un’uscita che è solo un miliardesimo di quella ottenibile con un elaboratore a un bit basato sulla medesima tecnica.
“Bene, il metodo che intendiamo dimostrare oggi rappresenta, riteniamo, il lungamente atteso passo avanti: un elaboratore quantico che, in teoria, può utilizzare un numero illimitato di bit senza riduzione della qualità del segnale in uscita. Per la dimostrazione odierna tenteremo di scomporre in fattori un numero di trecento cifre generato a caso. Tale operazione richiederebbe, sull’ECB-5000 di facoltà, pressappoco cento anni di calcoli ininterrotti. Ma se abbiamo visto giusto, se il nostro metodo funziona, otterremo invece una risposta circa trenta secondi dopo l’inizio dell’esperimento.
“Il nostro prototipo di elaboratore quantico, che abbiamo battezzato Democrito, non possiede soltanto trenta registri, bensì mille, ciascuno dei quali è costituito da un solo atomo. Il risultato consisterà in una serie di frange d’interferenza che un altro elaboratore… quello là… analizzerà e presenterà in forma numerica. Tutto chiaro? Allora procediamo.”
Si avvicinò al disadorno pannello nero dietro il quale si nascondeva Democrito. Tanto per fare un po’ di scena avevano piazzato un vistoso interruttore a coltello, degno del laboratorio di Frankenstein, sul fianco dell’apparecchio. Kyle abbassò la manopola e chiuse il contatto. Si accese un vivido LED rosso e…
…e tutti trattennero il respiro. Kyle non distolse lo sguardo da Democrito, che ovviamente lavorava in perfetto silenzio. Altri tennero d’occhio l’orologio digitale sulla parete, accanto alla vistosa insegna dell’uscita di emergenza.
Trascorsero dieci secondi.
Ancora altri dieci.
Poi gli ultimi dieci.
Infine il LED si spense.
Kyle lasciò andare il respiro.
— Fatto — disse, col cuore che gli martellava.
Fece segno ai presenti di seguirlo dall’altra parte della stanza, dove il secondo elaboratore stava analizzando il risultato fornito da Democrito.
— Ci vorranno all’incirca cinque minuti per decodificare le frange d’interferenza — spiegò. Poi si concesse un sorriso. — Se state pensando che è molto più di quanto ci sia voluto per produrre l’immagine, avete ragione… ma ricordate che adesso abbiamo a che fare con un elaboratore convenzionale.
— Quante operazioni occorrono per scomporre in fattori un numero così grande? — s’informò la preside, decisamente incuriosita.
— Intorno a dieci elevato alla cinquecentesima — rispose Kyle.
— E non c’è modo di arrivarci in meno passaggi? Democrito non potrebbe prendere una scorciatoia?
Kyle scosse il capo. — No, per calcolare i fattori di un numero tanto elevato servono davvero dieci alla cinquecentesima passaggi.
— Ma evidentemente Democrito non li ha eseguiti tutti.
— Questo Democrito no. Lui, in effetti, ha compiuto una sola operazione, utilizzando i mille atomi come palline del suo abaco, per così dire. Ma se tutto è andato bene, altri dieci alla cinquecentesima Democrito, in altrettanti universi, avranno compiuto anch’essi un’operazione ciascuno… mettendo in gioco, ovviamente, un totale di mille volte dieci alla cinquecentesima atomi, cioè dieci elevato a cinquecentotré. E questo, amici miei, è un numero assai significativo.
— Perché? — volle sapere il capodipartimento.
— Ecco, il valore preciso non è importante. Quel che importa è il suo rapporto col totale degli atomi del nostro universo. — Sorrise, in attesa dell’inevitabile domanda.
— E quanti atomi ci sarebbero, nel nostro universo? — chiese la preside.
— Ho chiamato la professoressa Holtz, ai Laboratori di Fisica McLennan, e l’ho chiesto a lei. La risposta, con un margine di un paio di ordini di grandezza in più o in meno, è che nel nostro universo ci sono dieci alla ottantesima atomi.
Qualcuno dei presenti rimase a bocca aperta.
— Capite? — continuò Kyle. — In quei trenta secondi, per scomporre in fattori il numero proposto, Democrito deve avere utilizzato molti trilioni di volte più atomi di quanti ve ne siano nell’intero universo. Precedenti prove di calcolo quantico non hanno mai utilizzato un numero di bit realmente superiore alla quantità di atomi disponibili nel nostro universo, lasciando aperto qualche dubbio circa l’effettivo coinvolgimento di mondi paralleli. Ma se questo esperimento dà esito positivo, ciò significa necessariamente che il nostro Democrito ha lavorato in tandem con altri elaboratori di altri universi.
Il calcolatore convenzionale cui stavano di fronte emise un bip e uno dei suoi monitor si risvegliò. Sullo schermo apparvero due stringhe di numeri, ciascuna di varie decine di cifre.
— Quelli sarebbero i primi due fattori? — domandò l’avvocato.
Kyle provò un tuffo al cuore. — Be’, no. In effetti… — Deglutì. Una punta di nausea prese a vellicargli la bocca dello stomaco. — Cioè, sì, certo, sono sicuramente fattori del numero di partenza, però… però…
Uno dei giovani laureati guardò Kyle, poi disse le parole che, in quel momento, Kyle non era capace di pronunciare. — Sullo schermo non doveva apparire nulla finché tutti i fattori non fossero stati pronti. A meno che, per qualche miracolo, il numero di partenza non abbia solo due fattori, l’esperimento non ha funzionato.