— Ciao, Kyle. Avrei bisogno di una mano.
— Ieri sera però la mia mano non l’hai voluta — ribatté lui glaciale.
Heather sospirò. — Mi spiace. Mi spiace davvero. È un momento difficile per tutti.
Kyle non disse nulla. Heather sentì il bisogno di riempire quel vuoto. — Ci vorrà tempo per fare ordine nella nostra situazione.
— Ormai sono via da un anno — replicò lui. — Mi sai dire quanto tempo ti serve?
— Non lo so. Senti, scusa se ti ho chiamato, non ti volevo disturbare.
— Dai, lascia perdere. Volevi dirmi qualcosa?
Heather deglutì e non si fece pregare. — Sì. Credo di aver fatto un passo avanti coi messaggi dei Centauri. Se li consideri a gruppi di cinquantanove, tutti i gruppi risultano della stessa dimensione.
— Davvero?
— Sì.
— E quanti gruppi ci sarebbero? — Esattamente quarantotto.
— Quindi penseresti… vediamo… penseresti che i singoli messaggi formino quarantotto pagine lunghe uguale?
— Esatto. Però dentro ogni pagina vi sono messaggi tutti diversi fra loro. A mio parere si dovrebbe poterli aggregare secondo un qualche reticolo rettangolare, ma in pratica non so come procedere.
Kyle emise un suono che pareva un grugnito.
— Non c’è bisogno di farla cadere dall’alto — commentò Heather.
— Ma no, scusa, che hai capito. È buffo, sai? Ora ti spiego. Vedi, è un problema di “copertura”.
— Cioè?
— Ecco, questo problema di copertura… verificare se un numero finito di tessere possa essere disposto secondo un reticolo rettangolare… è del tutto risolvibile, semplicemente a forza di calcoli. Ma si pongono altri problemi di copertura, derivanti dalla necessità di stabilire se tessere di una determinata forma possano coprire un piano infinito senza lasciare spazi vuoti, che sin dagli anni Ottanta sappiamo non essere, in sostanza, risolvibili tramite elaboratore. Ammesso che tali soluzioni esistano, saranno ottenibili per via d’intuizione e non certo di calcolo.
— In conclusione?
— In conclusione è proprio buffo che i Centauri abbiano scelto, per i loro messaggi, un formato che richiama uno dei grandi dibattiti sulle capacità della mente umana e i limiti della conoscenza. Tutto qui.
— Hmm… Comunque hai detto che per il mio problema una soluzione si può trovare, vero?
— Certo. Mi servono le dimensioni di ciascun messaggio… lunghezza e larghezza in bit o pixel. Posso scrivere abbastanza facilmente un programma che proverà a spostarli uno rispetto all’altro finché non si raccorderanno tutti quanti in una forma rettangolare… ammesso, naturalmente, che tale forma sia ottenibile. — Kyle s’interruppe qualche istante, poi soggiunse: — Ci sarà anche un interessante effetto collaterale, sai? Se le diverse tessere non sono quadrate e giungono a connettersi complessivamente in un modo solo, potrai dedurne l’orientamento di ogni singolo messaggio. Non dovrai più darti pensiero per la questione dei due possibili orientamenti.
— Non ci avevo pensato, ma hai ragione. Quando te ne potresti interessare?
— Be’, in realtà sono troppo occupato. Scusa, ma è cosi. Però posso incaricare uno dei miei laureati. Dovremmo avere una risposta in un paio di giorni.
— Grazie, Kyle — gli disse, sforzandosi far vibrare un po’ di affetto in quelle semplici parole… ma ebbe quasi l’impressione di sentirlo scrollare le spalle.
— Sempre a tua disposizione — rispose lui, e riattaccò.
13
Risultò, con gran gioia di Heather, che le cinquantanove tessere di ciascun gruppo componevano effettivamente un reticolo rettangolare. Di più: formavano quarantotto quadrati perfetti.
Se i reticoli venivano raffigurati sotto forma di pixel bianchi e neri, divenivano visibili numerosi motivi circolari. Tali cerchi presentavano vari diametri, alcuni grandi, altri piccoli, e in base a tale parametro potevano essere suddivisi in categorie: nessun cerchio era unico, quanto a dimensioni.
Tuttavia, a parte i cerchi (la cui presenza pareva confermare che proprio quello era il modo in cui le tessere andavano disposte) non comparvero purtroppo altre immagini chiaramente identificabili. Heather aveva quasi sperato di ritrovarsi con una specie di libro illustrato composto da quattro dozzine di fogli: Quarantotto vedute del Monte Alpha Centauri…
Provò a disporre i quarantotto messaggi in gruppi ancora più grandi: otto righe di sei, tre righe di sedici, e così via. Senza però ottenere alcun disegno ulteriore.
Cercò anche di costruire dei cubi. Talvolta il risultato sembrava avere senso: in certe configurazioni, i cerchi presenti sulle facce opposte di un cubo apparivano posizionati in modo perfettamente simmetrico, tanto da simulare l’intersezione ortogonale con un altro solido a sezione circolare.
Il vero significato di tutto ciò, comunque, continuava a sfuggirle.
Finché, dal profondo… I È intelligente, ma non ha molta esperienza. Il suo schema indica pensiero tridimensionale.
Quella frase continuava ad assillarla.
Spock si era riferito a Khan, ovviamente, ma di chi parlava la voce del sogno?
E poi…
Dio mio!
Il termine usato nel film era “bidimensionale”, non tridimensionale. Come aveva fatto a non accorgersene prima?
Khan si era sconsideratamente limitato a una forma di pensiero bidimensionale, tanto da poter essere sconfitto con un attacco in tre dimensioni.
L’errore di Heather consisteva forse, analogamente, nell’affidarsi al pensiero tridimensionale. Le avrebbe recato giovamento affrontare la questione in modo “quadridimensionale”?
Ma perché gli alieni si sarebbero dovuti avvalere di un modello quadridimensionale?
Be’, e perché no?
No, calma. Doveva esserci un motivo serio, non poteva trattarsi di un semplice capriccio.
Heather si avvalse del terminale web per reperire informazioni sulla quarta dimensione.
Quando poi ebbe finito di sorbirsi tutto il malloppo, si afflosciò sulla sedia, sbigottita.
Dunque c’è davvero una sorgente, pensò. C’è davvero un punto d’incontro fra tutte le specie. Nulla però di così elementare come un gruppo di radiofrequenze. Il terreno comune non ha attinenza con la fisica tradizionale né con la chimica atmosferica né con alcunché di altrettanto ordinario. Eppure si tratta di qualcosa che per molti versi è ancor più basilare, più fondamentale, più insito nella struttura intrinseca dell’esistenza.
Il terreno comune è di natura dimensionale. È la quarta dimensione, per l’esattezza.
A seconda dell’apparato sensoriale, delle facoltà mentali, delle convenzioni stabilite di comune accordo con altri individui della propria specie, e di altri fattori, una forma di vita può percepire l’universo, percepire la sua realtà, in una dimensione, due dimensioni, tre dimensioni, quattro dimensioni, cinque dimensioni e così via, ad infinitum.
Ma di tutte le possibili configurazioni dimensionali, ve n’è una davvero speciale.
Un’interpretazione quadridimensionale della realtà si distingue fra mille altre.
Non tutto il materiale le risultò perfettamente intelligibile: in qualità di psicologa, Heather possedeva ampie nozioni di statistica, ma non se la cavava troppo bene con la matematica superiore. Appariva comunque chiaro, da quanto aveva letto, che alla quarta dimensione dovevano attribuirsi caratteristiche assolutamente uniche.
Sul sito web di “Science News” aveva trovato, e letto con stupore, un articolo di Ivars Peterson risalente al maggio del 1989, che iniziava così:
Quando i matematici - individui abitualmente prudenti e meticolosi - utilizzano aggettivi come “bizzarro”, “strano”, “singolare” e “misterioso” per definire i risultati delle proprie ricerche, ci troviamo di fronte a qualcosa d’insolito. Simili espressioni riflettono l’attuale situazione degli studi sullo spazio quadridimensionale, un territorio situato appena un passo più in là del nostro familiare mondo a tre dimensioni.