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E poi Dalí. A Kyle era sempre piaciuto Dalí. C’era Persistenza della memoria, quello con gli orologi molli. E Il sacramento dell’ultima cena. E…

Però, quello là sarebbe stato perfetto, per i suoi studenti. Corpus hypercubicus. Erano anni che non gli capitava di vederlo e di sicuro avrebbe ravvivato il laboratorio.

Esporre un dipinto con riferimenti religiosi gli avrebbe senz’altro procurato qualche frecciata velenosa, ma chi se ne frega. Trovò il contenitore con le copie arrotolate e ne portò una al cassiere, un piccoletto esteuropeo.

— Trentacinque e novantacinque — disse l’impiegato. Kyle gli passò la sua SmartCash. L’altro la infilò nel lettore e l’importo venne detratto dal memochip della carta. Poi il cassiere avvolse il tubo in una busta su misura e lo porse a Kyle.

Tornò alla libreria. Pochi minuti dopo, Zack si liberò.

— Dov’è che possiamo parlare? — chiese Kyle.

Zack sembrava ancora piuttosto riluttante, ma dopo qualche esitazione propose: — Va bene l’ufficio? — Kyle assentì e Zack lo condusse in una stanza sul retro che aveva l’aria d’essere più un magazzino che un ufficio. Scaffalature traballanti e due sgangherate scrivanie di legno ingombravano il locale. Per ammodernare quella parte del negozio non dovevano aver speso un soldo; quel che contava era l’apparenza esteriore.

Zack offrì a Kyle l’unica sedia, ma Kyle scosse il capo. A sedersi fu Zack. Kyle si appoggiò a uno scaffale, ma quello si mosse leggermente. Allora preferì scansarsi, ond’evitare che quell’aggeggio gli cascasse addosso. Negli ultimi tempi, di colpi ne aveva avuti già abbastanza.

— Zack, io voglio bene a Becky — esordì Kyle.

— Nessuno, che l’amasse sul serio, avrebbe potuto farle quel che le ha fatto lei… — ribatté Zack con fermezza. Esitò un istante, come a domandarsi fin dove calcare la mano, poi, con giovanile schiettezza, cedendo all’indignazione soggiunse: — …sudicio bastardo!

A Kyle venne voglia di cambiare sistema e mollargli una sberla, ma si trattenne. — Ti assicuro che l’ho sempre rispettata. Non le ho mai fatto del male.

— E invece sì! Al punto che non riesce nemmeno…

— Cosa?

— Niente.

Ma Kyle aveva imparato un paio di lezioni, da Cita. — Avanti, parla chiaro.

Zack parve pensarci su, poi alla fine si decise e sputò il rospo. — Non riesce più nemmeno a far l’amore.

Kyle sentì il cuore balzargli in petto. Ma era naturale che Becky facesse del sesso; dopotutto aveva diciannove anni, che diamine. Eppure, sebbene avesse sospettato una cosa del genere, non gradì affatto sentirsela spiattellare a quel modo.

— Non l’ho mai toccata in modo sconveniente. Mai.

— Non credo che a Becky farebbe piacere, se sapesse che ho accettato di parlarle.

— Maledizione, Zack, la mia famiglia sta andando a pezzi… mi devi aiutare.

— Giovedì sera la pensava diversamente — replicò Zack beffardo. — Era una questione di famiglia, no? E io dovevo farmi gli affaracci miei, vero?

— Becky non vuole starmi ad ascoltare. Mi serve il tuo aiuto.

— Cosa? Dovrei forse dirle che suo padre non le ha fatto nulla? Ma Becky sa bene che non è così.

— E invece io posso dimostrare la mia innocenza! Ecco perché sono qui. Voglio che tu venga con me all’Università.

Zack, che indossava una maglietta Ryerson, arruffò il pelo. Kyle sapeva che i frequentatori degli altri due atenei di Toronto odiavano il modo in cui quegli studenti dell’UDT si riferivano a essa come all’Università per antonomasia.

— Motivo? — domandò Zack.

— A medicina legale abbiamo un laboratorio completo di poligrafo e conosco un tizio che ci lavora. Ha deposto come perito in centinaia di casi. Voglio che tu venga con me al laboratorio. Mi farò collegare al poligrafo, e potrai sottopormi a tutte le domande che vorrai. Così vedrai che sto dicendo la verità. Non ho fatto del male a Becky, e mai avrei potuto fargliene. Constaterai da te che sono sincero.

— Il suo amico potrebbe manipolare il test.

— E allora facciamolo da un’altra parte. Scegli tu il laboratorio, a pagare ci penso io. Quando ti sarai convinto, forse mi potrai aiutare a farmi ascoltare da Becky.

— Un bugiardo patologico può ingannare anche la macchina della verità.

Kyle si sentì montare il sangue alla testa. Scagliandosi sul giovane lo agguantò per il davanti della maglietta. Ma subito si ritrasse, mollando la presa e spalancando le braccia. — Scusa — disse. — Mi dispiace. — Cercò di calmarsi. — Ti assicuro che sono innocente. Perché non mi dai modo di provartelo?

Zack rimase immobile, congestionato in volto per la scarica di adrenalina che doveva esserglisi riversata nelle vene quando si era visto aggredito da Kyle. — Non ho bisogno di sottoporla a nessun test — rispose con voce stridula. — Becky mi ha detto cos’ha dovuto subire da lei e Becky non mi ha mai mentito.

Col cavolo che non l’ha fatto, povero idiota, pensò Kyle. Le persone si mentono l’un l’altra di continuo. — Ti ripeto che sono innocente — ribadì ancora una volta.

Zack scosse la testa. — Lei non può nemmeno immaginare i problemi che ha dovuto affrontare Becky. Comunque a poco a poco ne sta uscendo. Ha pianto per ore, dopo che abbiamo lasciato casa vostra giovedì sera, adesso però sta molto meglio.

— Ma, Zack, sai che Becky e io viviamo separati ormai da quasi un anno. Se davvero mi fossi comportato da padre degenere, di sicuro se ne sarebbe andata prima, o per lo meno avrebbe detto qualcosa non appena venuta via di casa. Perché mai…

— E lei crede che sia facile parlarne? Il suo psicanalista dice…

— Psicanalista? — Kyle accusò il colpo. Sua figlia in terapia. Come accidenti aveva fatto a non accorgersene? — Perché diavolo dovrebbe essere in terapia?

Zack fece una smorfia, a significare che la risposta era ovvia.

— Come si chiama l’analista? Se non riesco a convincere te, posso almeno tentare di convincere lui.

— Io… non lo so.

— Stai mentendo.

Ma l’accusa servì solo a incaponire Zack. — No, sul serio, non lo so.

— Dimmi almeno come ha fatto a trovarlo.

Zack si strinse un poco nelle spalle. — È lo stesso al quale si era rivolta sua sorella.

— Mary? Anche Mary era in cura?

— Be’, per forza. Nulla di strano, con quel che le aveva fatto passare.

— Io non ho fatto niente a Mary. E neppure a Becky ho fatto niente.

— Adesso chi sarebbe il bugiardo?

— Io no di certo! — E dopo un attimo di esitazione, sforzandosi di non perdere il controllo: — Maledizione, Zack. Porca schifosa d’una… Ti sei messo d’accordo con lei. Avete deciso di trascinarmi in tribunale, vero?

— Becky non vuole i suoi soldi — rispose Zack. — Vuole solo starsene in pace. E metterci una pietra sopra, nient’altro.

— Metterci una pietra sopra? Che razza di soluzione sarebbe? È così che l’analista ha detto a mia figlia di chiudere la questione? Mettendoci una fottuta pietra sopra?

Zack si alzò. — Signor Graves, se ne vada a casa. E per l’amor di Dio, veda di sottoporsi a terapia anche lei.

Kyle uscì furibondo dall’ufficio e lasciò la libreria, immergendosi nel caldo infernale di quella splendida giornata estiva.

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