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La Gurdjieff l’avrebbe fissato con immutata espressione di sfida, ma senza replicare.

— E poi — avrebbe continuato Kyle, accennando a sua moglie — undici mesi dopo, Heather era di nuovo incinta. Non è che all’epoca le nostre finanze fossero proprio floride, e un secondo figlio non ce lo potevamo davvero permettere. Heather sarebbe stata anche disposta ad abortire. Però lo volevamo tutti e due un altro bambino. Quindi m’ingegnai a trovare un po’ di supplenze, qualche ripetizione, classi serali… E insomma in qualche modo ce la facemmo, all’occorrenza bisogna pur sapersi arrangiare.

Ciò detto, Kyle avrebbe volto lo sguardo a Heather,. cercando di decidere se voleva sul serio rivelare a sua moglie quel segreto che per tanti anni aveva tenuto solo per sé. Poi, stringendosi un poco nelle spalle, consapevole di quanto insignificanti certi scrupoli stessero per diventare, avrebbe proseguito.

— Sarò sincero, signora Gurdjieff… una femminuccia l’avevamo già, e francamente speravo in un maschietto. Sa, per andarci a pesca, per giocarci a pallone. Avevo persino immaginato… in certe cose noi uomini a volte siamo proprio ridicoli… di chiamarlo Kyle junior. Ma quando alla fine arrivò, era di nuovo una bambina. Non me ne resi conto immediatamente, mi ci volle qualche secondo, poi dovetti affrontare la realtà. Un terzo tentativo era da escludersi. Questa gravidanza era stata molto difficile per mia moglie. Compresi, quindi, che un figlio maschio non l’avrei mai potuto avere. Ma non importava, perché Becky era perfetta.

— Ascolti un po’ — avrebbe cercato di reagire la Gurdjieff. — Non so proprio…

— E infatti! — l’avrebbe bruscamente interrotta Kyle. — Lei non sa. Non sa nulla. Le mie figlie erano tutto, per me.

— Il solito ritornello dei genitori snaturati — avrebbe ribattuto la Gurdjieff. — Figuriamoci se ci credo. Ho trascorso centinaia di ore, con le sue figlie, per portare a galla la verità.

— Vorrà dire piuttosto che ha trascorso centinaia di ore con le nostre figlie per ficcar loro in testa quelle idee perverse — sarebbe intervenuta Heather.

— Ripeto: è quello che dicono tutti.

Lì Kyle non sarebbe riuscito a trattenere la rabbia, e avrebbe cercato un epiteto forte, qualcosa che non usava da anni, una di quelle metafore che più sono eccessive più colgono nel segno. — Brutta troia bastarda, tanto hai fatto che sei riuscita a rivoltarmele contro, ma Becky ha ritrattato, e…

— Ah, sì? — avrebbe chiocciato la Gurdjieff con aria compiaciuta. — Be’, sapete, a volte succede. Non siamo tutti uguali. C’è gente che getta la spugna, che rinunzia a lottare. Come nella Germania nazista, dove…

Certo, Germania nazista, avrebbe detto proprio un’idiozia del genere.

— Ha ritrattato per il semplice fatto che non era vero — avrebbe replicato Kyle.

— Ah, non era vero? E allora me lo dimostri.

— Lurida iena rognosa, ma io ti…

Heather però l’avrebbe messo a tacere con un’occhiata, soggiungendo quindi, in tono misurato: — Certo che possiamo dimostrarlo, in tutto e per tutto. Nei prossimi giorni verrà diffusa una notizia che cambierà il mondo. E lei stessa potrà acquisire la prova assoluta che ha convinto me e mia figlia.

Kyle avrebbe sospirato, poi, controllandosi: — Lei deve molto a mia moglie, signora Gurdjieff. Fosse per me, dedicherei la vita di qui in avanti a svergognarla e a fare in modo che non trovi più uno straccio di cliente… ma mia moglie mi ha convinto che non sarà necessario. La sua professione sta per mutare drasticamente, forse anche per scomparire del tutto, nelle prossime settimane. Ma voglio almeno che per il resto dell’esistenza lei abbia un pensiero conficcato nella mente: che Mary, mia figlia, quella creatura meravigliosa, si è tagliata le vene per causa sua, dopo di che non contenta lei ha quasi distrutto quel che restava della mia famiglia. E spero che il rimorso per le infamie che ha commesso possa perseguitarla fino al giorno della sua morte, fino all’ultimo minuto, fino all’ultimo respiro.

Avrebbe cercato il volto di Heather, quindi un estremo sguardo a trafiggere la Gurdjieff.

— Adesso sì — avrebbe dichiarato, finalmente soddisfatto, mentre quella stava lì a bocca aperta — possiamo dire veramente di averci messo una pietra sopra.

Poi avrebbe raggiunto sua moglie, e insieme sarebbero andati via scomparendo nella notte.

Certo, proprio questo voleva fare, esattamente questo progettava di fare, precisamente questo aveva bisogno di fare…

Ma ecco che tutto d’un tratto la sua feroce determinazione veniva meno.

Si era immedesimato intensamente in quella fantasticheria e, come diceva Heather, nella terapia junghiana tocca spesso all’immaginazione prendere il posto della realtà. I sogni sono importanti e possono aiutare a guarire. Questo aveva funzionato di sicuro.

…avendo chiesto a Becky il permesso di entrarle nella mente, volle assistere a qualche seduta “terapeutica”, constatare da sé che cosa fosse andato storto, come si fosse attuata quella manipolazione della realtà, in quale modo le sue figlie fossero state indotte a vedere in lui un degenerato.

Non intendeva minimamente immischiarsi coi fetidi pensieri di Lydia Gurdjieff… meglio piuttosto camminare a piedi nudi in una squacquera di merda e vomito. Ma, analogamente al suo corrispettivo bidimensionale, l’oscillazione di Necker a livello di psicospazio, come ogni illusione ottica che si rispetti, avveniva talvolta per scelta e talaltra per caso.

Finì dunque per ritrovarsi, quando meno se l’aspettava, nella mente di Lydia.

La quale gli apparve, a prima vista, ben diversa da come si aspettava.

Almeno in superficie non era affatto tenebrosa, grondante malvagità, ribollente di depravazione.

Ma tutta fremente di vita, ricca e complessa e impetuosa e luminosa come la mente di Becky, come la mente di Heather, come la mente dello stesso Kyle.

Lydia Gurdjieff era una persona. Per la prima volta in assoluto Kyle riconobbe che si trattava, in effetti, di un essere umano.

Avrebbe ovviamente potuto, con modesto sforzo di volontà, traslare in una qualunque delle persone i cui volti traversavano la mente di Lydia: ella pareva trovarsi al momento in un magazzino d’alimentari, intenta a spingere il suo carrello lungo un’ampia corsia affollata. Oppure gli sarebbe bastato visualizzare la metafora soluto-solvente per sottrarsi a lei.

Però non lo fece. Sorpreso da quanto aveva trovato, decise di soffermarsi un po’. Avendo già avuto qualche assaggio di sedute “terapeutiche”… cui non poteva pensare se non virgolettandole… dall’angolatura di Becky, ora non gli fu difficile individuare analoghe circostanze nell’ottica di Lydia.

E tutt’a un tratto le virgolette volarono via, come pipistrelli roteanti nella notte. Per quanto riguardava Lydia, si trattava di terapia nel vero senso del termine. Becky era così incredibilmente triste e aveva già manifestato sintomi di bulimia. In quella ragazza c’era evidentemente qualcosa che non andava. Netta e indiscutibile, Lydia avvertiva la sua sofferenza così come, per tanto tempo, aveva percepito la propria. Certo, il ricorso alle purghe si poteva anche semplicemente ricondurre al desiderio di rimanere magra. La pressione esercitata in mille modi sulle donne per indurle ad adeguarsi a ridicoli modelli di snellezza continuava immutata, decennio dopo decennio. Lydia non aveva dimenticato che cosa vuol dire essere giovani. Anche lei, all’età di Becky, rimirandosi tutta nel grande specchio del bagno, aveva provato un amaro senso d’inadeguatezza. E anche lei si era purgata, credendo che tutto il problema stesse in quell’assillo della linea… mentre solo più tardi aveva appreso che i disordini alimentari sono di solito associati ad abusi sessuali.