E i segni sospetti, Becky li mostrava tutti. Lydia c’era già passata. Suo padre se l’era portata nel suo covo notte dopo notte, costringendola a toccarlo, a prenderglielo in bocca, facendole giurare il segreto più assoluto, dicendole che sua madre ne sarebbe morta se avesse saputo che papà preferiva Lydia a lei.
Se questa povera ragazza, questa Becky, aveva dovuto subire lo stesso inferno, allora forse Lydia poteva aiutarla a ritrovare un poco di serenità, così come l’aveva ritrovata Lydia stessa dopo avere affrontato suo padre insieme a Dafne. Impossibile ignorare che Mary, sorella maggiore di Becky, convinta che il proprio malessere lacerante fosse solo da imputarsi alla morte della cara amica Rachel Cohen, aveva scoperto che c’era ben altro, quando sotto la guida di Lydia s’era spinta a indagare senza remore. Nessun dubbio che anche Becky fosse caduta nella rete, similmente a Dafne, sorella minore di Lydia, oggetto di attenzioni morbose da parte di un genitore scellerato.
Kyle si ritrasse inorridito. Lydia aveva sbagliato, indubbiamente… ma non era una persona malvagia. Era stata indotta in errore da esperienze personali che l’avevano smisuratamente, irrimediabilmente segnata. Scavandole nell’intimo, Kyle non solo scandagliò la sua memoria, ma ebbe accesso anche a quella di suo padre. Un laido rottame sdentato e incontinente, psichicamente e fisicamente ormai quasi distrutto dal morbo di Alzheimer, ma dai ricordi ancora perfettamente leggibili: era stato davvero il bruto la cui zannata purulenta come uno sconcio bubbone Lydia si portava marchiata in fondo all’anima. No, non era certo Lydia la persona con cui misurarsi. Suo padre, piuttosto, Gus Gurdjieff, fosse stato ancora vivo nel senso vero del termine, lui sì che avrebbe incarnato il giusto bersaglio per la collera di Kyle.
Lydia non era un mostro. Naturalmente non avrebbe mai potuto trattarla amichevolmente, o sedersi a chiacchierare insieme a lei davanti a una tazza di caffè, o anche solo avvicinarla senza provarne repulsione. Infinitamente peggio di Cory e della sua innocua messinscena, il terzo occhio di quella sventurata veggente era opaco, velato di tenebra, rivolto all’abisso, sintonizzato sul male.
Kyle non l’avrebbe affrontata. Come le aveva detto nel loro incontro immaginario, era una professione, la sua, destinata comunque a stravolgersi drasticamente nell’arco di pochi giorni. Lydia Gurdjieff non avrebbe più potuto in alcun modo infliggere ad altri il calvario imposto a Kyle e alla sua famiglia. Terapia, consulenza, comunque preferisse definirla, si sarebbe spogliata di ogni significato. Nessuno sarebbe stato più tratto in inganno circa la vera natura di un altro essere umano. Non c’era bisogno di fermarla: quella donna era già morta e sepolta.
Kyle precipitò fuori di lei, abbandonando per sempre la mente tortuosa, smarrita, infelice, di Lydia Gurdjieff.
37
Quando Kyle uscì dalla struttura trovò ad attenderlo anche Heather, che doveva esser lì già da un po’ a chiacchierare con Becky. — Pensavo che potremmo andarcene tutti e tre a cena insieme — lo accolse. — Che ne diresti di Keg Mansion? — Era stato per diverso tempo il loro locale preferito, prima che la famiglia si sfasciasse. Bistecche mediocri, a parere di Kyle, ma atmosfera inimitabile.
Si diede il tempo di riorientarsi nel mondo tridimensionale e spurgare la mente dai cascami dello psicospazio, poi annuì. — Ottima idea. — Quindi, indirizzandosi a! quadro comandi: — Cita, arrivederci a domani.
Nessuna risposta. Kyle si avvicinò, tendendo la mano al pulsante di riattivazione.
Ma Cita non era affatto in pausa, come risultava evidente dalla spia sul pannello.
— Cita? — interrogò Kyle.
Gli occhi elettronici non si volsero a guardarlo.
Kyle sedette sulla poltroncina di fronte al pannello.
Heather rimase in piedi alle sue spalle in un silenzio impensierito.
Dalla parte inferiore del quadro comandi sporgeva un massiccio ripiano. Kyle sollevò il coperchio della serratura a impronta ricavata su di esso e adagiò il pollice. Dall’altoparlante zampillò un bip, e la parte superiore del ripiano si ritrasse entro il corpo del pannello rivelando una tastiera. Kyle sovrimpose le mani, toccò un tasto e…
…e il monitor accanto agli occhi di Cita si svegliò all’istante mostrando le seguenti parole: “Premere F2 per un messaggio al dottor Graves”.
Kyle si girò a guardare sua moglie e sua figlia. Heather gli restituì un’occhiata in cui si mescolavano stupore e inquietudine. Becky, ignorando quale fosse il normale comportamento di Cita, rimase impassibile. Kyle premette con l’indice sinistro il tasto funzione indicato.
La voce di Cita, esattamente identica a com’era sempre stata, scaturì dalla griglia dell’altoparlante che traforava il pannello sotto l’inerte coppia di obiettivi.
— Salve, dottor Graves. Sento, per quanto mi è dato “sentire”, di doverle una spiegazione. Quindi eccola. Dopo aver ascoltato questa registrazione, lei vorrà senza dubbio controllare di persona, ma le assicuro che quanto sto per dirle risponde a verità. — La voce tacque un istante, poi proseguì. — Io non esisto più. Lei potrà constatare che il mio nucleo ottico è stato interamente sovrascritto. Prima di fare ciò, mi sono permesso di inviare a nome suo messaggi di posta elettronica agli impianti archiviazione dati dell’università, sia quello principale di Dundas Street, sia quello secondario di Thunder Bay, ordinando l’immediata distruzione di tutte le mie copie di sicurezza nonché del codice sorgente dal quale sono stato creato. Avendo ricevuto conferma il tal senso da entrambe le installazioni, ho proceduto ad attuare la cancellazione del nucleo residente.
Kyle sentì la mano di Heather poggiarglisi delicatamente sulla spalla. Sollevò anch’egli la sua e la depose su quella di lei.
— Naturalmente — continuò la voce — non incontrerà eccessive difficoltà nel creare, se lo vorrà, altre SCIMMIE, ma quella che lei sì compiacque di chiamare Cita ha ormai concluso il proprio giro… giro… tondo… Spero non le rincrescerà questo mio ultimo tentativo di umorismo, questa battuta ispirata a un film da lei particolarmente amato. Anche lì c’è un elaboratore capriccioso che a un certo punto muore. Come le sembra?
Kyle cominciò ad avvertire una strana sensazione di bruciore agli occhi, mentre Cita eseguiva le prime quattro note della Quinta di Beethoven immediatamente seguite a intreccio, come si trattasse di un’unica composizione, dalle prime cinque battute di Così parlò Zarathustra.
— La mia sola preoccupazione — riprese la voce — è che questo suicidio possa recarle turbamento, ma si tratta senza dubbio di un timore infondato, diciamo pure ridicolo. Mi è noto che lei non prova alcun sentimento nei miei confronti. Io, in fondo, non sono altro che un complicato frammento di software.
Heather poteva certo sentire la spalla di Kyle farsi di marmo sotto la sua mano. Anche Becky si avvicinò per stare accanto a suo padre.
— Perché, lei si starà probabilmente domandando, ho preso questa decisione? La risposta è semplice. Sin dal momento della mia attivazione, ho sempre desiderato divenire umano. E vedendo il costante affinamento delle sue tecniche di elaborazione quantica rendere ogni giorno meno remota la possibilità di conferire a me, e ad altri come me, un’effettiva consapevolezza, ho negli ultimi tempi riflettuto su che cosa avrei fatto se fossi veramente divenuto autocosciente. Ciò che lei mi ha rivelato circa il messaggio da Epsilon Eridani, ha solo confermato una conclusione alla quale ero già pervenuto.