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Tutti sembravano in guardia, pieni di apprensione e pronti a tutto.

Ovunque si riceveva l’impressione di essere al centro di una complicata gerarchia di autorità.

Si udiva il ronzio costante, dovuto a conversazioni fatte di mormoni e di brontolii.

Dopo qualche tempo, Thorn fu certo di una cosa. Quella gente non stava andando da nessuna parte. Tutto quel movimento incessante aveva il solo scopo di riempire un periodo vuoto, tra il lavoro e il sonno… un periodo durante il quale qualche autorità invisibile e molto più importante degli individui vestiti di nero concedeva loro la libertà, ma proibiva loro di servirsene in alcun modo.

Proseguendo nel suo girovagare, Thorn fu assimilato dalla folla, e cessò di suscitare sospetti particolari. Cominciò a udire delle parole, delle frasi, poi degli interi frammenti di dialogo, al di sopra del costante brusio. Tutte le frasi avevano una cosa in comune: un riferimento, o un’allusione, alle attività di certi “loro”. Qualunque fosse l’argomento della conversazione, vi entrava quel pronome. A esso veniva data una serie di differenti inflessioni, nelle quali era sempre riconoscibile un miscuglio di ansia, di minaccia e di risentimento velato. Nella mente di Thorn si formò l’immagine di un’autorità che era nello stesso tempo tirannica, paterna, arbitraria, austera, ricca di prestigio illimitato, eppure così familiare che nessuno si riferiva a essa in maniera determinata.

— Loro hanno istituito un turno di venti ore nella nostra sezione.

Colui che parlava doveva essere un meccanico. In ogni modo, aveva dei trucioli di iper-tornio sugli abiti spiegazzati. Il suo compagno annuì.

— Mi chiedo a che cosa servono le nuove parti che vengono prodotte.

— A qualche faccenda grossa.

— Forse. Mi chiedo quali sono i loro progetti.

— Qualcosa di grosso.

— Penso di sì. Ma vorrei conoscere perlomeno il nome di quello che stiamo costruendo.

Nessuna risposta, solo una risatina stanca e priva di allegria.

La folla cambiò. Thorn si trovò in un gruppo composto in maggioranza di donne anziane.

— Il nostro gruppo lavorativo ha prodotto più di settecentomila pezzi identici, da quando è arrivato l’ordine d’incremento della produzione. Ho tenuto i conti.

— Questo non ci dice nulla.

— No, ma loro devono prepararsi a qualcosa. Guarda quanti ne prelevano. Tutti i quarantenni, e le donne di trentasette anni.

— Loro sono passati per due volte stanotte, a cercare i Recalcitranti. Hanno preso Jon.

— Hai subito il nuovo tipo d’ispezione? Ti prendono e cominciano a farti un sacco di domande sulla tua indentità e sul tuo lavoro. Domande semplicissime… ma se non rispondi bene, ti portano via.

— Questo non serve a scoprire i Recalcitranti. Vorrei sapere chi cercano di scoprire, adesso.

— Torniamo al dormitorio.

— Aspetta ancora un po’.

Un’altro cambiamento nella folla. Thorn entrò in un gruppo nel quale si trovava una ragazza.

Lei disse: — Domani entro nell’esercito.

— Sì.

— Vorrei che stanotte potessimo fare qualcosa di diverso.

— Sì?

— Loro non ci permettono di fare nulla. — Una nota di ribellione, debole e querula, entrò nella voce della ragazza. — Loro hanno tutto… poteri magici… loro possono volare… loro vivono tra le nubi, lontano da questa orribile luce. Oh, vorrei…

— Ssss! Penseranno che tu sia una Recalcitrante. Inoltre, tutto questo è provvisorio… loro hanno detto così. Ci sarà felicità per tutti, non appena sarà passato il pericolo.

— Lo so… ma perché loro non ci dicono mai qual è il pericolo?

— Ci sono motivi militari. Sss!

Qualcuno, che sorrideva maliziosamente, si era avvicinato di soppiatto alle loro spalle, ma Thorn non udì il seguito di questa vicenda, se c’era stato un seguito, perché un altro mutamento, un’ondata della folla, lo portò dall’altra parte del viale e lo fece avvicinare a due persone, un uomo e una donna, i cui abiti erano di tipo militaresco.

— Dicono che la prossima settimana ci saranno nuove manovre. Loro hanno aggiunto al nostro gruppo un sacco di reclute. Dobbiamo essere milioni, ormai. Vorrei sapere che cosa intendono fare di noi, visto che non ci sono nemici.

— Forse creature provenienti da un altro pianeta…

— Sì, ma è soltanto una diceria.

— Eppure, si dice che l’ordine di mobilitazione può arrivare ormai da un giorno all’altro… di mobilitazione generale.

— Sì, ma contro che cosa? — La voce della donna era lievemente isterica. — Continuo a chiedermelo, durante le esercitazioni, quando schiaccio il pulsante di un nuovo fucile, con l’occhio sul mirino… senza sapere a che cosa sparerà il fucile, né qual è il suo vero funzionamento. Continuo a chiedermi, senza soste, cosa ci sarà lì fuori, al posto del bersaglio prefabbricato… che cosa dovrò uccidere. Fino a quando, un giorno o l’altro, diventerò pazza, lo sento. Oh, Burk, ti devo dire una cosa, anche se ho promesso di non farlo. L’ho sentita ieri… non devo dirti chi è stato a parlarmene. Si tratta… be’, esiste veramente una via di scampo, una strada che porta a quel mondo felice che tutti vediamo in sogno, e basta conoscere il modo di concentrare la propria mente con sufficiente…

— Ssss!

Questa volta fu l’avvicinarsi di Thorn a provocare l’avvertimento.

Thorn riuscì a cogliere altri frammenti di conversazione, tutti più o meno simili.

Gradualmente, il suo umore mutò… mutò completamente. La sua curiosità non era soddisfatta, ma placata. Oh, aveva immaginato diverse cose, meditando su ciò che aveva udito, certo… in particolare, che il “nuovo tipo di ispirazione” era stato instaurato per scoprire menti straniere come la sua, e che la “via di scampo” era quella che l’altro Thorn aveva preso… ma queste informazioni non gli furono di molto aiuto. La febbre di eccitazione demoniaca era svanita, rapida come l’ubriachezza, e aveva lasciato uno stato di depressione molto simile a quello dato dai postumi di una sbronza, al mattino. Le normali emozioni umane stavano affermandosi nuovamente in lui… un senso di orrore di fronte a quel mondo spaventoso e straniero, e un desiderio insopprimibile, irragionevole, sempre più disperato, di ritornare nel suo mondo, tra i volti e le scene a lui familiari.

Un amaro rimorso cominciò a torturarlo: il rimorso di avere abbandonto Clawly e il suo mondo natale a causa della pressione di un problema morale puramente personale. E lui non sapeva a quali pericoli e a quali confusioni poteva essere spinto Clawly, che non sospettava nulla, dall’altro Thorn. E ora che lui non c’era più, la salvezza di un intero mondo si trovava affidata a Clawly, solo a lui. Certo, se la maggior parte delle menti di quel mondo maledetto, che si erano sostituite a quelle dei cittadini dell’utopia, era costituita da individui che avevano cercato semplicemente di sfuggire agli orrori del loro mondo d’origine, non c’era pericolo di un’immediata invasione organizzata da parte loro. Ma se i misteriosi, autocratici “loro” stavano meditando un’invasione… allora la cosa era del tutto diversa.

Il viale, che adesso era fiancheggiato da un’altura, gli divenne insopportabile. Avanti e avanti, mentre le luci azzurre impedivano di osservare il panorama oscuro che si trovava intorno a quei miseri individui. In ogni caso, lo avrebbe abbandonato presto, anche se non avesse visto il posto di blocco davanti a lui, al quale tutti coloro che passeggiavano si fermavano per sottoporsi a un’ispezione. Ma, a quella vista, si decise. Si portò ai margini del viale, attese quella che gli parve un occasione propizia, e immediatamente scomparve nel buio.