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Perlomeno, lui non era capace di scoprire in se stesso la forza sufficiente per riuscire, qualunque essa fosse.

Una fessura verticale di luce apparve, si allargò, divenne un quadrato, rivelò un lungo corridoio. E nel corridoio, accompagnato da due guardie in uniforme nera, c’era Clawly.

Quella figura nervosa era così simile a quella del Clawly che conosceva… vestito di uno strano abito, e intento a interpretare una parte… che a malapena riuscì a trattenere un saluto amichevole.

E poi, pensare che la mente di quel Clawly era legata a quella dell’altro, che al di là della mente cosciente si muovevano i pensieri del suo amico… era una cosa che faceva girare la testa. Osservò quel volto cinico e ironico, affascinato.

Clawly II parlò: — Considerati fortunato. E lusingato. Ti consegnerò personalmente ai Servitori del Popolo. Vogliono essere loro a decidere, nel tuo caso, tra l’immediato sacrificio spontaneo, la confessione incoraggiata, o qualcos’altro. — Ridacchiò, senza malizia personale. — I Servitori hanno creato degli eufemismi molto divertenti per le parole Morte e Tortura, vero? La cosa strana è che sembrano prenderli sul serio… gli eufemismi, intendo.

Le guardie in uniforme, sui cui solidi volti erano impressi anni di obbedienza senza domande a ordini incomprensibili, non risero. Semmai, sembravano vagamente colpite.

Thorn si alzò in piedi a fatica e si face avanti, lentamente, comprendendo che così facendo accettava un destino che non era il suo ma che era ineluttabile come ogni destino, e faceva il suo ingresso su un palcoscenico sconosciuto, per recitare una commedia sconosciuta. Percorsero il corridoio; le guardie si misero alle loro spalle.

— Sei un assassino meno abile di quanto avessi immaginato, se mi perdoni la critica — disse Clawly II, dopo un istante. — Gridare il mio nome per cogliermi di sorpresa… un trucco piuttosto misero. E poi, lasciar cadere la tua arma nel letto del torrente… No… non direi che la cosa è stata fatta con competenza. Temo che la tua reputazione di Recalcitrante più pericoloso abbia subito un duro colpo. Ma certo, la fatica logora, e tu eri stanco.

Thorn capì che in quelle parole c’era molto di più del semplice compiacimento per la sconfitta del nemico. Senza dubbio, Clawly II si rendeva vagamente conto che qualcosa non andava, e stava cercando di capire il motivo di questa sensazione. Thorn rimase in guardia, dato che aveva deciso perlomeno una cosa, nel buio della cella… di non rivelare di essere una mente sostituita, se non per sfuggire a una morte immediata. Sarebbe stato tutto a posto, se lo avessero considerato semplicemente pazzo. Ma qualcosa gli diceva che non sarebbe stato così.

Clawly II lo fissò con curiosità!

— Piuttosto silenzioso, eh? L’ultima volta che ci siamo incontrati, ricordo, tu mi denunciasti… o denunciasti forse ciò che rappresentavo?… usando il linguaggio più crudo, pur con un controllo di te stesso ammirevole. Forse stai cominciando a cambiare idea, sulla bontà delle idee dei recalcitranti? Temo che sia piuttosto tardi, ormai.

Attese per qualche istante. Poi:

— Sei tu a odiarmi, lo sai. Io non odio nessuno. — Vide la smorfia involontaria che Thorn faceva per nascondere il dolore provocato dalla spalla. — Oh, a volte faccio male alla gente, ma si tratta di semplice adattamento alle circostanze… è un’altra cosa. Il mio ideale, che sono convinto di avere raggiunto, è sempre stato quello di essere perfettamente adattato a qualsiasi circostanza della vita, di galleggiare libero sul fiume dell’esistenza, senza essere appesantito da sentimenti di odio, amore, paura, presentimento, colpa, responsabilità, e così via… godendomi sempre lo spettacolo, intervenendo di quando in quando.

Thorn ammiccò… le parole di Clawly II erano sorprendentemente simili a quelle pronunciate da Clawly I quando si trovava di pessimo umore. Certo, l’uomo doveva avere qualche sospetto, e cervava di farlo parlare… altrimenti non avrebbeo mai parlato a quel modo. E poi, Thorn pensò che Clawly II fosse disturbato da un inesplicabile sentimento di affetto e di simpatia, e cercasse di scoprirne il motivo. Forse l’indipendenza delle menti quasi duplicate non era così completa come era sembrato all’inizio. Forse le emozioni di Clawly I filtravano in maniera inesplicabile nella mente di Clawly II. Era tutto confuso, snervante, e Thorn fu sollevato quando entrarono in una grande sala, rimandando così il momento in cui egli avrebbe dovuto decidere come rispondere.

Era una sala divisa in due parti, nel senso più completo della parola, soprattuto perché nelle due zone di cui si componeva, si trovavano due sistemi di vita completamente diversi, divisi come e più che se ci fosse stata una linea divisoria al centro, e un cartello con la scritta TU NON PASSERAI. Dalla parte in cui si trovava Thorn, c’era una piccola folla di persone che sedevano su lunghe panche, alcune in uniforme nera, altre vestite di grigio. Erano tutti in attesa… questo era evidente: in attesa di ordini, di permessi, di giudizio, di interrogatorio. In loro era evidente quel miscuglio di ansia e di noia caratteristico delle persone che dovevano attendere. Tre parole balenarono nella mente di Thorn, per definire quella gente. Loro non sapevano.

D’altra parte c’erano poche persone… una mezza dozzina, sedute dietro diverse scrivanie. La loro superiorità non era fatta risaltare esteriormente. I loro abiti erano, se possibile, ancora più disadorni e severi di quelli della popolazione, e le scrivanie non erano affatto lussuose. Ma qualcosa nel loro modo di fare, negli sguardi che lanciavano di quando in quando, sollevando gli occhi dal lavoro che stavano facendo, metteva un abisso tra loro e quelli che attendevano con ansia. Questa volta furono sufficienti soltanto due parole. Essi sapevano.

L’arrivo di Clawly II sembrò causare un aumento dell’ansia generale. Perlomeno, Thorn vide diversi sguardi spaventati, e avvertì un senso di generale sollievo quando divenne chiaro che la missione di Clawly II non riguardava nessuno degli astanti. Thorn notò anche che le due guardie sembravano sollevate, quando Clawly ordinò loro di andarsene.

Un altro sguardo che Thorn credette di avere visto fu di natura completamente diversa, e notevolmente sconcertante. Era diretto a lui, piuttosto che a Clawly II. Veniva da un uomo anziano, vestito di grigio, il cui volto non era conosciuto da Thorn, né in quel mondo, né nell’altro. E se Thorn non si era sbagliato, aveva letto in quello sguardo simpatia, ansietà e… la cosa più strana di tutte… devozione. Comunque, se Thorn II era stato una specie di capo ribelle, l’incidente era comprensibile. Thorn tremò, chiedendosi se con il suo comportamento non avesse tradito un’idea nobile e degna in questo mondo come aveva fatto nel suo.

Clawly II sembrava una persona dalla reputazione notevole anche dall’altra parte della sala, perché quando annunciò bruscamente: — Alla Sala dei Servitori, con una persona per i Servitori — nessuno dei sei gli pose domande, ed egli poté passare tranquillamente con il suo prigioniero.

Entrarono in un nuovo corridoio, e l’ambiente che li circondava cominciò a mutare con rapidità sconcertante. Pochi passi li condussero a una galleria subtronica. Thorn fu lieto che lo stupore gli avesse fatto compiere un movimento falso, quando la corrente subtronica lo afferrò e lo trasportò in aria, perché un rapido sguardo lanciato a Clawly II gli fece capire che una sua eccessiva dimestichezza nei confronti di questo tipo di trasporto sarebbe risultata assai sospetta.