— Sicurissimo. Del resto il punto in cui lo si applica non ha molta importanza.
Più alto… Già. Lui sentiva una strana sensazione di calore dentro di sé, malgrado la spossatezza. Eppure era convinto che la ragazza gli avesse rubato energia. Si ricordò di come si era sentito esausto il giorno in cui avevano esplorato il relitto. Dave Steinberg e Ives Lloyd avevano poi dormito per dodici ore filate… In qualche modo quegli esseri avevano assorbito la loro energia vitale, ne era certo. Eppure il suo campo lambda era più alto. Dunque lei gli aveva dato energia oltre che togliergliene.
Portarono dei panini imbottiti. Dopo averne mangiati un paio e bevuto una birra, si sentì meglio.
Harlow apparve sul teleschermo. — Non è su questo piano… forse è già uscita. L’abbiamo cercata dappertutto.
— È impossibile. Non poteva entrare o uscire da nessuna parte senza un tesserino perforato.
— Aveva il mio — disse Carlsen.
— Bene! E lo dite adesso? — Bukowsky si rivolse allo schermo. — Cercate ancora. Può essere su qualsiasi piano. Ma non è certo uscita nuda — disse. Poi tornò a rivolgersi a Carlsen. — Come diavolo fa ad avere il vostro lasciapassare?
— Me l’ha preso.
— Come faceva a conoscerne l’esistenza?
— Me l’ha letto nel pensiero.
— Ne siete sicuro?
— Sicurissimo.
— Questo complica le cose. Credete che possa leggere anche nella mente delle guardie di sicurezza?
— È probabile.
Bukowsky andò al mobile bar e si versò un whisky, poi alzò la bottiglia in direzione di Carlsen che accettò con un cenno. Il direttore tornò con i due bicchieri. Carlsen bevve un lungo sorso e sentì con piacere il leggero bruciore che gli scaldava la gola.
Bukowsky si sedette. Disse: — Olaf, adesso vi farò una domanda precisa e vorrei una risposta altrettanto precisa. Quella ragazza è pericolosa?
Carlsen disse: — Certo che lo è. Ha ucciso un uomo.
— Non è esattamente quello che intendevo. Volevo sapere se come creatura è cattiva.
Carlsen si provò a rispondere, ma nel suo intimo si scatenò un conflitto. L’impulso era di rispondere no, ma la ragione gli diceva che così facendo avrebbe mentito.
Strano, ma non provava risentimento verso la ragazza, anche se lei aveva tentato di impossessarsi della sua forza vitale. Era cattiva? È cattiva una tigre che divora un uomo?
Mentre guardava fisso il pavimento pensando a una risposta, Bukowsky disse: — Avete capito cosa vi sto chiedendo. Quell’uomo aveva evidentemente intenzione di usarle violenza carnale. Lei lo ha distrutto. Potrebbe essere stata legittima difesa?
Carlsen sapeva già cosa rispondere. In tono stanco disse: — No. Non è stata legittima difesa. Aveva bisogno della sua vita e se l’è presa.
— Deliberatamene? — Poiché Carlsen esitava, Bukowsky aggiunse: — Lei era in stato di incoscienza. L’ho vista parecchie volte. Il suo campo lambda era di zero zero quattro. Basso quanto quello di un pesce congelato in un blocco di ghiaccio. Non può darsi che non avesse modo di controllare le proprie azioni per evitare ciò che è successo?
Carlsen rifletté un momento. Alla fine disse: — No. Poteva controllarsi. È stato un atto deliberato.
— Va bene. — Bukowsky si alzò e andò davanti al teleschermo. Disse: — Passatemi George Ash… George Ash… George, ascolta bene. Nella stanza dei campioni i due extraterrestri, l’uomo e la donna… voglio che vengano distrutti immediatamente. Questa sera. Subito. E poi manda un messaggio alla “Vega”. Non devono avvicinarsi alla “Stranger”. Devono starne lontani almeno duecento chilometri.
Ash era il capo della polizia dell’Istituto Ricerche Spaziali, e agiva alle dirette dipendenze di Harlow. Disse: — Li faccio mettere subito nell’inceneritore.
Bukowsky tornò accanto a Carlsen. — Adesso bisogna trovare la ragazza. Speriamo che non sia uscita, almeno. Dare un allarme generale provocherebbe panico. — Si prese la testa fra le mani. Doveva essere molto stanco. Disse: — Per fortuna è fuggita soltanto lei.
— È arrivato l’ispettore Caine, signor Bukowsky — annunciò la segretaria. Caine l’aveva scritto in faccia che era un poliziotto: massiccio, triste, capelli grigi.
Bukowsky gli presentò Carlsen. Caine disse: — Già, vi riconosco. Siete stato voi a scoprirli.
Carlsen si strinse nelle spalle. — Siamo stati noi a scoprirli, o sono stati loro a scoprire noi? La “Stranger” era davvero là da un milione di anni o è stata messa là apposta perché noi la trovassimo?
A Caine questi sofismi però non interessavano. Chiese con tono paziente: — Scusatemi, capitano, ma vorrei sentire da voi che cos’è successo qui questa sera.
Carlsen raccontò nuovamente tutto, e Caine registrò le sue parole. L’ispettore l’ascoltò senza interromperlo fino al momento in cui Carlsen disse di essere entrato di corsa nella stanza e di aver trovato il cadavere.
— Avete detto che la ragazza ha aperto gli occhi. Poi che cos’è successo?
— Si è messa seduta e mi ha teso le braccia, così… come un bambino che chiede di essere preso in braccio.
— E voi che cos’avete fatto?
Carlsen scosse la testa. Gli sembrava stupido rispondere: “Mi sono innamorato di lei”. Bukowsky lo stava osservando attentamente. Carlsen disse: — Niente. Sono rimasto là a guardarla.
— Deve essere stato un bel colpo per voi. Continuate.
— Lei si è alzata con movimenti agili, e ha cercato di mettermi le braccia al collo.
— Voleva “assorbire” anche voi?
— Forse. — Era incredibile come gli riusciva difficile rispondere a quelle domande. Una forte resistenza interiore stava alzando una barriera alta come un muro.
Dal teleschermo venne un segnale. Apparve Ash. Disse: — Quelle creature signor Bukowsky… sono già morte.
— Morte? Ne siete sicuro?
— Venite a vedere voi stesso.
Bukowsky uscì. Gli altri lo seguirono senza parlare. C’erano tre poliziotti nella stanza dei campioni. Uno stava prendendo le misure con un metro a nastro, un altro era intento a fare fotografie. Il corpo di Seth Adams non era stato toccato. Il medico legale era inginocchiato accanto al cadavere. I cassetti con i due extraterrestri erano aperti. Carlsen capì subito quello che aveva voluto dire Ash. Non si poteva sbagliare. Quelli erano i corpi di due morti. Quando andò più vicino sentì un leggero odore di decomposizione.
Poi Carlsen guardò il corpo di Seth Adams, e rabbrividì. Adesso sembrava una mummia, con la carne rinsecchita aderente alle ossa.
Caine disse, incredulo: — Avete detto che quest’uomo aveva poco più di vent’anni?
Carlsen fece segno di sì. Si sentiva soffocare. Chiese a Bukowsky: — La madre non è ancora stata informata, vero?
— No. Non sapevamo chi fosse.
— Sarà meglio che lo faccia io — disse Carlsen, e a Caine chiese: — Avete ancora bisogno di me?
— Non credo. Il vostro numero è sull’elenco?
— No — rispose e scrisse il numero per l’ispettore.
Bukowsky e il dottore stavano osservando i cadaveri dei due extraterrestri. Bukowsky disse: — Bene. Adesso basta trovare la ragazza.
Carlsen fece per parlare, poi cambiò idea.
Preferì non dire quello che pensava.
Il ronzio del teleschermo lo destò da un sonno profondo, comatoso. Udì la voce di Jelka che diceva: — Chi…? Oh, credo che stia dormendo.
Con voce impastata dal sonno Carlsen chiese: — Chi è?
— La polizia.
— Dammi. — Prese la cuffia che metteva in contatto audio. — Pronto — disse.
— Il signor Carlsen? Sono il sergente investigativo Tully, signore. L’ispettore Caine mi ha chiesto di chiamarvi. Vorrebbe che veniste qui appena possibile.