La cavalletta stava salendo verticalmente nell’aria pulita, e la parete del grattacielo sfilava a pochi metri da loro. Carlsen ricordò improvvisamente la fiancata della “Stranger” quando l’avevano vista dalla loro astronave e sentì un tuffo al cuore.
Chiese alla donna poliziotto: — Dove stiamo andando esattamente?
— All’Istituto Psicosessuale. — Sembrò sorpresa che lui non lo sapesse.
— L’istituto dipende dalla Polizia?
— No, è indipendente. Ma collabora spesso con noi.
Mentre smontava dalla cavalletta fu sorpreso del cambiamento di temperatura. Lì faceva quasi freddo. Si avvicinò al parapetto sormontato da un’alta rete metallica. Da lì poteva vedere le curve del Tamigi attraverso Lambeth e Putney fino a Morlake e Richmond. Se Jelka avesse guardato al loro telescopio avrebbe potuto vederlo lì sul letto.
La donna poliziotto disse: — Ecco che arriva il dottor Fallada.
Un’altra cavalletta stava dirigendosi verso il tetto dell’Ismeer Building. Si librò sopra le loro teste e poco dopo si posava con leggerezza a due passi dall’altro elicottero. Fallada smontò e alzò una mano a salutare Carlsen.
— Siete stato gentile a venire subito. Come vi sentite?
— Bene, grazie. Mai stato meglio.
— Magnifico. Ho bisogno del vostro aiuto e con urgenza. Scendiamo.
Fece strada verso una rampa di scale. — Scusate un attimo, devo parlare col mio assistente. — Aprì una porta con la scritta Lab. C. Li investì un forte odore di prodotti chimici e disinfettanti. Su un tavolo a rotelle vicino alla porta Carlsen vide un uomo nudo, di mezz’età. Un giovane in camice bianco era chino su un microscopio.
Fallada disse: — Sono tornato. Fra una mezz’ora Scotland Yard ci manderà un altro cadavere. Lasciate perdere tutto il resto ed esaminate subito il corpo. E avvertitemi appena arriva.
— Bene — disse l’assistente.
Fallada chiuse la porta. — Di qua, capitano.
Andarono all’altra estremità del corridoio e Fallada aprì una porta su cui era scritto il suo nome seguito dalla dicitura: Direttore. Carlsen chiese: — Chi era quell’uomo?
— Il mio assistente, Norman Grey.
— No, volevo dire il cadavere.
— Oh, un idiota che si è impiccato. Forse lo stupratore di Bexley. Stiamo cercando di venirne a capo. — Aprì un armadietto. — Un whisky?
— Grazie, volentieri.
— Accomodatevi, prego.
Carlsen si sedette su una comoda poltrona vicino alla grande finestra. La poltrona lo avvolse morbidamente.
Da lassù il mondo, inondato di sole, sembrava sereno e semplice. Lo sguardo spaziava fino all’estuario del Tamigi e al Southend. Era difficile credere che esistessero violenza e malvagità.
Da uno scaffale di fronte la faccia di Fallada lo guardava dalla copertina di un libro intitolato “Testo di criminologia sessuale”. Le labbra spesse e le palpebre socchiuse gli davano un’aria un tantino sinistra.
Vista al naturale, invece, la faccia del criminologo aveva un non so che di ironico. Dietro le spesse lenti gli occhi pareva si godessero uno scherzo segreto.
— Alla vostra salute. — Il ghiaccio tintinnò nel bicchiere.
Fallada si sedette sull’orlo della scrivania. Disse: — Ho appena fatto un’autopsia.
— Ah, sì?
— Era il cadavere di una ragazza trovata sulla linea ferroviaria vicino a Putney Bridge. — Si mise una mano in tasca e ne tolse un foglio che porse a Carlsen.
Era scritto a macchina. Il capitano lesse l’intestazione: “Deposizione di Albert Smithers. Indirizzo: Foskett Place n. 12, Putney”. Il testo diceva: “Alle 3.30 circa mi sono accorto di aver dimenticato il thermos del tè, e allora ho chiesto al caposquadra di lasciarmi andare a casa a prenderlo. Ho fatto la scorciatoia che fiancheggia la ferrovia, un sentiero lungo cinquecento metri. Un quarto d’ora dopo, alle quattro meno dieci, mentre rifacevo lo stesso percorso, vicino al ponte ho visto qualcosa sui binari. Ero certo che prima non c’era niente. Quando sono stato più vicino ho visto che era il corpo di una giovane, con la faccia in giù. Aveva la testa sui binari. Stavo per correre a cercare aiuto quando ho sentito che stava arrivando il merci da Farnham. Allora ho preso il corpo per le caviglie e l’ho tirato via dai binari. L’ho fatto perché credevo che la ragazza fosse ancora viva, ma quando le ho sentito il polso, ho capito che era morta…”.
Carlsen alzò gli occhi e chiese: — Com’è stata uccisa?
— L’hanno strangolata.
Carlsen aspettò il resto.
Fallada disse: — Il suo campo lambda era di appena zero zero quattro.
— Sì… ma… cosa significa? Credevo che chiunque morisse di morte violenta…
— Sì, certo. Potrebbe essere una coincidenza. — Guardò l’orologio. — Fra un’ora sapremo qualcosa di più.
— In che modo?
— Grazie a un esame inventato da me.
— È un segreto?
— Sì, ma non per voi.
— Grazie.
— È proprio per questo che vi ho pregato di venire qui. Voglio parlarvi di qualcosa che vi interesserà. — Aprì un cassetto e ne tolse una scatoletta che aprì e mise sulla scrivania. — Indovinate che cosa sono?
Carlsen si chinò a guardare. Erano minuscole perline rosse, non più grandi di capocchie di spillo.
— Microspie elettroniche?
Fallada rise. — Centro al primo colpo. Non di un tipo conosciuto, però. — Richiuse la scatoletta e se la mise in tasca. — Volete venire con me?
Aprì una porta, e i due uomini entrarono in un locale adiacente. Fallada accese la luce. Era un piccolo laboratorio con lunghi tavoli contro le pareti e carichi di gabbie e acquari. Nelle gabbie c’erano conigli, cavie, topi bianchi. Negli acquari, pesci rossi, anguille e polipi.
Fallada disse: — Capitano Carlsen, quello che sto per dirvi non lo sa ancora nessuno, fuori di questo Istituto. So che posso fidarmi di voi. — Si fermò davanti a una gabbia in cui c’erano due conigli. — Un maschio e una femmina, che è questa. La femmina è in calore.
Allungò una mano a premere un pulsante. Una specie di teleschermo situato sopra la gabbia si accese di luce verde. Premette un altro pulsante, e una linea nera, oscillante, cominciò a percorrere lo schermo. Sembrava indicare il percorso di una palla di gomma che rimbalzasse leggermente.
— Questa è la misurazione del campo lambda del maschio.
Fallada premette un terzo pulsante. Un’altra linea cominciò a snodarsi lungo lo schermo.
Questa seconda linea era bianca e segnava punte più alte della precedente.
— E questa è la misurazione del campo lambda della femmina.
Carlsen disse: — Non riesco a capire. Che cosa state misurando esattamente?
— Il campo vitale dei due conigli. Quelle perline rosse che avete visto sono misuratori di campo lambda. Non solo misurano l’intensità del campo vitale, ma emettono anche un segnale radio che viene trasmesso amplificato su questo schermo. Che cosa notate in queste due linee?
Carlsen fissò lo schermo.
— Direi che il loro tracciato è quasi parallelo.
— Esatto. Noterete anche una specie di contrappunto, qui e qui… — Indicò. — Conoscete sicuramente quel modo di dire… due cuori che battono all’unisono. Questa misurazione dimostra che è qualcosa di più di un modo di dire.