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Fallada diede a Carlsen un foglio di carta, il secondo nastro, e una matita. — Vi dispiace fare la somma?

Carlsen eseguì e disse: — Sette virgola otto uno tre.

— Bene. Adesso vediamo cosa segna la murena negli ultimi minuti. — Premette nuovi tasti, quindi porse a Carlsen la striscia di carta senza neanche leggere. Carlsen lesse il numero a voce alta. — Sette, virgola otto uno tre. Incredibile! Ma allora… — Si sentì rizzare i capelli sulla nuca, mentre arrivava alla conclusione. — Significa che la murena ha in pratica assorbito il campo vitale del polipo! — Guardò Fallada che sorrideva soddisfatto.

Fallada disse: — Esatto. La murena è un vampiro.

Carlsen era talmente eccitato da non riuscire quasi a parlare. — Stupefacente! — disse. — Ma quanto tempo dura? Cioè, quanto tempo il campo vitale resta così alto? E come possiamo essere sicuri che si tratta veramente di assorbimento di un altro campo vitale… Voglio dire, forse è solo perché è eccitata, trionfante per avere divorato la sua preda. Forse è questo che aumenta tanto la sua vitalità.

— È quello che credevo anch’io all’inizio, Ma ho controllato ogni volta le cifre. Succede sempre la stessa cosa. Per un breve periodo la forza vitale dell’aggressore aumenta esattamente della forza vitale della vittima. — Fallada diede un’occhiata al suo bicchiere che ormai conteneva solo ghiaccio sciolto, e disse: — Ci meritiamo un altro whisky.

Tornarono nell’ufficio accanto.

Carlsen chiese: — Questo succede a tutte le creature viventi, o solo ai predatori, come le murene? Siamo tutti vampiri?

Fallada rise. — Ci vorrebbero ore per illustrare tutti i risultati delle mie ricerche. Guardate qui. — Aprì un armadietto metallico e ne tolse un dattiloscritto rilegato. “Anatomia e Patologia del Vampirismo” di Hans V. Fallada, diceva la dicitura in copertina. — Questo è il risultato di cinque anni di ricerche — disse. — E adesso, il nostro whisky.

Carlsen, accettò volentieri. Poi si sedette in poltrona a sfogliare il voluminoso dattiloscritto. — Questa è roba da Premio Nobel — disse dopo un po’.

Fallada si strinse nelle spalle. — Lo so. Lo sapevo fin da quando ho iniziato a studiare il fenomeno del vampirismo, sei o sette anni fa. Negarlo sarebbe falsa modestia, caro Carlsen. Questa è una delle scoperte più importanti nella storia della biologia. Mi mette a fianco di Newton e di Darwin. Alla nostra salute!

Carlsen alzò il bicchiere. — Alla vostra scoperta!

— Grazie, Adesso avete capito perché sono tanto interessato, affascinato, da quei vampiri dello spazio. Dalla mia teoria si può dedurre che esistono certe creature capaci di assorbire la linfa vitale di altre creature simili, o meglio, le loro forze vitali. Sono convinto che questo è il significato delle vecchie leggende sui vampiri, Dracula, eccetera. Anche voi, capitano, avrete notato come certe persone sembrano svuotare altri della loro vitalità. Di solito si tratta di persone piagnucolose, che passano il tempo a compiangersi. Anche queste sono vampiri.

— Ma la vostra teoria si applica a tutti gli esseri viventi? Siamo tutti vampiri?

— Questa è la domanda più affascinante di tutte. Avete visto i conigli, e come il loro campo vitale vibrava in armonia? È così perché fra loro esiste attrazione fisica. Quando questo succede, un campo vitale può in effetti rinforzare l’altro. Eppure le mie ricerche dimostrano senza ombra di dubbio che la relazione sessuale contiene anch’essa un forte elemento di vampirismo. Ne ho avuto i primi sospetti quando ho cominciato a studiare il caso di Joshua Pike. Lo ricordate? Il sadico di Bradford. Certi giornali l’hanno infatti chiamato il vampiro. E lo era. Beveva il sangue e mangiava brandelli di carne delle sue vittime. Sono andato a visitarlo in prigione, e durante le nostre lunghe conversazioni mi ha detto che quelle azioni cannibalesche gli procuravano un’estasi che durava varie ore. Gli ho misurato il campo lambda mentre mi raccontava questi particolari, e il livello aumentava del cinquanta per cento solo per effetto dei ricordi.

— Anche i cannibali… — L’attenzione di Carlsen era talmente concentrata sulle parole della scienziato, che il capitano rovesciò un po’ di whisky sul dattiloscritto. Asciugò i fogli con la manica, e riprese: — I cannibali hanno sempre sostenuto che mangiare la carne dei propri nemici consentiva loro di assorbirne le qualità, il coraggio, la forza e così via.

— Esatto — disse Fallada. — È un esempio di quello che io definisco vampirismo negativo. Il suo scopo è la totale distruzione della vittima. Ma nei casi che coinvolgono il sesso, c’è un vampirismo positivo. Quando un uomo desidera una donna, indirizza le sue forze psichiche verso di lei, come raggi, cercando di conquistarla, di ottenere la sua sottomissione. Certo, la stessa cosa fa una donna nei confronti di un uomo. — Rise. — Una delle mie assistenti di laboratorio, per esempio, è un soggetto ideale a sostegno di questa teoria. È un’autentica divoratrice d’uomini. Non è colpa sua. Fondamentalmente è una ragazza mite, generosa e servizievole. Una certa categoria di uomini la trova irresistibile. Le si appiccicano come mosche alla carta moschicida. — Fallada indicò il dattiloscritto che Carlsen, aveva posato sulla scrivania. — Ho registrato lì le misurazioni del suo campo lambda. Rivelano che questa ragazza è un vampiro. Ma questo tipo di vampirismo sessuale non è necessariamente di natura distruttiva. Ricordate le vecchie barzellette sui matrimoni ideali fra sadici e masochisti? Fondamentalmente dicono la verità.

Dal teleschermo venne un richiamo. Era l’assistente del dottor Fallada, Norman Grey. — Hanno mandato il cadavere — disse. — Comincio con le analisi o aspetto voi?

— Aspettate, vengo subito. — Fallada si rivolse a Carlsen. — Ora potrete vedere il mio metodo in pratica.

Nel corridoio, si fecero da parte per lasciar passare due inservienti che spingevano un carrello. Passando, i due uomini salutarono Fallada.

Nel laboratorio, Norman Grey stava osservando con una lente d’ingrandimento la faccia della ragazza uccisa.

Su uno sgabello stava seduto un tale di mezz’età, calvo, che al loro ingresso si alzò. Fallada lo presentò a Carlsen. — Il sergente investigativo Dixon, della Scientifica. Il capitano Carlsen… Come mai siete qui, sergente?

— Ho un messaggio per voi da parte dell’alto Commissario. Dice che non è il caso di darsi troppo da fare. Siamo quasi certi di sapere chi è stato — disse il sergente, e indicò il cadavere della ragazza.

— Come ci siete arrivati?

— Siamo riusciti a prendere le impronte digitali dal collo della vittima. — Carlsen si avvicinò di un passo alla ragazza e la osservò. La faccia era graffiata, e sul collo c’erano i segni della pressione di dita. Il lenzuolo tirato indietro scopriva una specie di grembiule azzurro.

Fallada chiese: — È un criminale abituale?

— No, signore. È quel Clapperton…

— Il corridore automobilistico?

Carlsen chiese: — Don Clapperton?

— Proprio lui, signore.

Fallada si rivolse a Carlsen: — Risulta scomparso nel centro di Londra la sera di martedì. — A Dixon chiese: — L’avete trovato?

— Non ancora, ma non ci metteremo molto.

Norman Grey chiese a Fallada: — Volete ancora continuare con l’analisi?

— Oh, direi di sì. Tanto per fare un controllo. — Si rivolse a Dixon: — Ditemi un po’, a che ora Don Clapperton è stato visto l’ultima volta?

— È uscito di casa alle sette di sera per andare a una festa di bambini a Wembley. Doveva distribuire alcuni premi. Ma non è mai arrivato. Due ragazzi dicono di averlo visto verso le sette e mezzo in Hyde Park in compagnia di una donna.

Fallada disse: — E questa ragazza sarebbe stata uccisa da lui a Putney, circa otto ore più tardi?

— Così sembra. Può darsi che Clapperton abbia avuto una crisi. Forse ha perso la memoria e ha girovagato per ore…