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Fallada fece un breve cenno, senza sorridere, ma evidentemente compiaciuto.

C’era un vassoio con whisky e bicchieri sul tavolo del Consiglio. Senza aspettare che lo invitassero a farlo, M’Kay si servì.

Jamieson si sedette a capotavola, abbassò lo sguardo e per un momento parve immerso in una profonda meditazione.

Nessuno parlava, si udiva solo il tintinnio del ghiaccio nei bicchieri e il sibilo del sifone del seltz. Poi entrò una segretaria che andò a posare un foglio davanti a ognuno dei presenti. Carlsen lo guardò, si accorse che era a rovescio e lo rigirò. Gli pareva una cartina geografica. Le linee erano vagamente familiari, ma la scrittura era di un genere mai visto prima, e incomprensibile.

— Bukowsky non c’è ancora? — Jamieson aveva appena fatto la domanda che la porta si aprì, e Bukowsky entrò seguito da un uomo grasso, con gli occhiali.

— Ah, bene, ci siamo tutti — disse il Primo Ministro. — Buona sera professor Schliermacher. Siete stato molto gentile a venire.

Schliermacher arrossì, fece un gorgoglio in gola, e disse nervosamente: — Per me è un onore, signor Primo Ministro.

Bukowsky si sedette e cominciò a pulirsi gli occhiali. Vide la mappa sul piano del tavolo, e disse: — Ah, le avete già avute.

— Le ho richieste alla base lunare. Volete passarne una copia al professor Schliermacher? Grazie.

Jamieson diede un’occhiata circolare ai presenti e tossì per richiamare l’attenzione di M’Kay che stava asciugandosi la fronte con il fazzoletto e guardava fuori della finestra.

— Signori — disse il Primo Ministro — credo che adesso ci siamo tutti. Possiamo cominciare. — Si rivolse a Carlsen. — Cominciamo da voi, Comandante Carlsen. Sapete che cosa rappresenta questa carta? — chiese, battendo un dito sul foglio che aveva davanti a sé.

Carlsen disse: — Sembrerebbe una carta della Grecia.

Jamieson si rivolse a Schliermacher. — E voi che cosa ne dite, professore?

Schliermacher parve sorpreso. — Sì, certo, è la Grecia.

— Sapete da dove viene, questa carta?

Carlsen scosse la testa. Jamieson scrutò le facce intorno al tavolo per vedere se qualcuno avesse pronta una risposta. A Carlsen fece pensare a un maestro che sta interrogando gli allievi. Quando il silenzio diventò imbarazzante, Jamieson disse: — È stata trovata nella cabina di comando della “Stranger”.

Dai presenti vennero esclamazioni di sorpresa. Jamieson sorrise, evidentemente soddisfatto dell’effetto che aveva ottenuto.

— I particolari non sono molto chiari — disse. — L’originale ci direbbe molto di più.

Rawlinson disse: — È incredibile!

— Ma vero, come può confermare Bukowsky.

Bukowsky fece segno di sì, senza sollevare lo sguardo dalla carta. Schliermacher stava osservando la sua copia con una lente d’ingrandimento, tutto assorto.

Jamieson chiese: — Sono certo che tutti ci rendiamo conto del significato di questa carta, vero?

Il Ministro degli Interni disse: — Già… che quelle creature conoscono la Terra piuttosto bene…

Jamieson dimostrò una lieve irritazione nel vedersi preceduto. Diede una manata sul tavolo. — Esattamente, signori. Significa che quegli alieni hanno visitato il nostro pianeta in un’altra occasione. — La voce di Jamieson si era fatta vibrante, churchilliana. Si guardò intorno per misurare l’effetto delle sue parole. — L’unica altra possibilità sarebbe che abbiano potuto studiare la Terra attraverso telescopi incredibilmente potenti. Ma posso immaginare anche una terza possibilità. E voi, signori?

Carlsen diede un’occhiata a Fallada che era seduto di fronte a lui. Anche Fallada sembrava confuso e incerto.

Il professor Schliermacher disse all’improvviso. — Ma è assolutamente incredibile!

— Che cosa, professore?

Schliermacher evidentemente era troppo eccitato per poter parlare. Batté il dito sulla carta. — Guardate… Questa è sì la Grecia, ma non la Grecia moderna.

Bukowsky disse seccamente: — Mi pare logico, no? — e ignorò l’occhiata lanciatagli dal Primo Ministro.

Quasi balbettando, Schliermacher riprese: — Non mi sono spiegato. C’è qualcosa di molto strano… Osservate… — Si protese verso Bukowsky. — Sapete che cos’è questa?

— Sembrerebbe un’isola — disse Bukowsky.

— Sì, è un’isola — riprese Schliermacher — ma ha la forma sbagliata… È l’isola di Thera, quella che oggi chiamano Santorino. Su una carta dei nostri giorni avrebbe la forma di una luna crescente. Ha preso questa forma nel millecinquecento a.C. quando è stata squarciata dall’eruzione di un vulcano. Qui l’isola ha la forma originaria. Questa carta, dunque, dev’essere stata fatta prima dell’eruzione vulcanica.

— Volete dire che risale a prima del millecinquecento avanti Cristo? — chiese Jamieson.

— Proprio così. — Il professor Schliermacher era talmente emozionato che non riusciva a stare seduto, gesticolava, e farfugliava quasi. — Ma c’è un’altra cosa, varie altre cose che non riesco a capire… Questa è Knosso, sull’isola di Creta. Questa è Atene. Nessun essere umano di quel periodo può aver fatto una carta come questa… voglio dire, prima del millecinquecento a.C.

Jamieson disse: — Esatto. Nessun essere umano. Ma a quanto pare queste creature hanno potuto, e l’hanno fatto. Direi che a questo punto ci meritiamo un buon brindisi.

Mentre Rawlinson spingeva il vassoio con la bottiglia lungo il tavolo Fallada chiese: — E che cosa dovremmo festeggiare?

Jamieson sorrise con benevolenza. — Signori, avrei dovuto spiegarvi che il dottor Fallada ritiene che quegli esseri siano pericolosi. Per quel che ne so potrebbe anche aver ragione. Ma io sono convinto che questa carta rappresenta una delle maggiori scoperte storiche del nostro tempo. Come forse sapete, io mi considero più uno storico che un politico. Quindi, credo che esista un’ottima ragione per fare un brindisi al Comandante Carlsen che ha scoperto la “Stranger”. — E il Primo Ministro cominciò a riempire i bicchieri.

M’Kay disse: — A me sembra un’ottima idea. Da parte mia ho già dato ordine che la “Stranger” venga esaminata da cima a fondo. — Si rivolse a Bukowsky. — Immagino che si sia provveduto.

Bukowsky arrossì e rispose: — No.

— E perché? — chiese M’Kay, secco.

— Perché sono convinto, come Fallada, che quegli esseri siano pericolosi.

M’kay cominciò: — Sentite un po’…

Fallada intervenne. — Quelle creature sono pericolose. Sono vampiri.

— Anche mia nonna lo era — disse M’Kay in tono di scherno.

Tutti si misero a parlare contemporaneamente. Il Primo Ministro cercò di ristabilire l’ordine.

— Signori, signori! — La sua voce ebbe un effetto calmante. — Non mi sembra che ci sia motivo di accapigliarsi. Siamo qui per discutere il problema e — si rivolse a Fallada — tutti abbiamo il diritto di esprimere il nostro punto di vista. Comunque, dimentichiamo per un momento le nostre divergenze e beviamo alla salute del Comandante Carlsen. — Fallada, sempre accigliato, prese il bicchiere. Jamieson alzò il suo. — Al Comandante Carlsen e alla scoperta che farà epoca!

Tutti bevvero. Carlsen sorrideva imbarazzato. Jamieson disse: — Dovrei aggiungere, Comandante, che questa non è l’unica carta trovata sulla “Stranger”. Quando arriveranno le altre vorrei che il professor Schliermacher esaminasse tutto il materiale.

Schliermacher, tutto rosso, disse con voce roca: — Ne sono molto onorato.

Jamieson rivolse un sorriso a Fallada. — Dottore, ricordate la storia delle carte di Piri Reis? — Fallada scosse la testa. Jamieson riprese: — Allora permettetemi di raccontarvela. Se non sbaglio, Piri Reis era un pirata turco nato intorno all’anno in cui Colombo scoprì l’America. Nel millecinquecentotredici e nel millecinquecentoventotto, Piri Reis disegnò due carte del mondo. La cosa sorprendente, prego tutti di prestare attenzione, è che quelle carte non solo mostravano l’America del nord, quella scoperta da Colombo, ma anche il Sud America, fino alla Patagonia e alla Terra del Fuoco. E quei paesi non erano ancora stati scoperti! Anche i Vikinghi, che arrivarono nell’America del Nord cinque secoli prima che Colombo la scoprisse, non andarono mai oltre l’America Settentrionale. E non è tutto. Le carte di Piri Reis portavano anche la Groenlandia. Niente di strano fin qui, anche i Vikinghi conoscevano la Groenlandia. Ma, in un punto, Piri Reis indicava due baie, due insenature, dove le carte moderne segnano terra. Il fatto incuriosì i geologi, e una spedizione di scienziati andò in Groenlandia a fare misurazioni sismografiche. Così si venne a scoprire che Piri Reis aveva ragione, e che le carte moderne erano sbagliate. Infatti quello che le nostre carte mostravano non era in realtà terra ma uno spesso strato di ghiaccio che ora copre le due baie. In altre parole, Piri Reis aveva indicato la Groenlandia com’era prima che venisse coperta dal ghiaccio, cioè com’era migliaia di anni fa.