Si guardò intorno, e tutti risposero con cenno d’assenso. Osservando Fallada, Carlsen capì che aveva la sua stessa sensazione: avevano vinto il tiro alla fune perché gli avversari avevano lasciato andare la corda.
In tono conciliante Jamieson disse. — Dopo tutto, questa spedizione ha già dato risultati eccezionali. Solo questa carta, secondo me, giustifica completamente la spesa sostenuta fino a questo momento. Accettiamo dunque il consiglio del dottor Fallada e procediamo con estrema prudenza. Sono convinto che non lo rimpiangeremo. — Si alzò. — E adesso, signori, vado a informare la Camera della nostra decisione. Dottor Bukowsky, vi sarei grato se vi tratteneste con me. Avrò bisogno di voi per rispondere alle domande che mi faranno. Con voi, Sir Percy, vorrei parlare uri momento delle misure da prendere per rintracciare quegli esseri. E ora, se permettete, signori…
Quando furono in strada, Fallada disse lentamente: — Non capirò mai i politicanti. Sono davvero quei buffoni senza cervello che hanno l’aria di essere?
Carlsen sorrise. — Non lo so. Comunque direi che è arrivato alla conclusione giusta.
— Però, prima o poi, quel relitto vuol farlo portare sulla Terra. Sarebbe un disastro.
— Già, ma ci sta dando tempo.
Fallada sorrise inaspettatamente. Quando sorrideva, la sua faccia subiva una trasformazione: da grave e severa, diventava arguta, canzonatrice. — Noto che avete detto “ci”… Devo ritenere che siete diventato un mio seguace? — chiese.
Carlsen si strinse nelle spalle. — Ho la netta impressione che, qualsiasi cosa succeda, ci troveremo sulla stessa barca.
2
Carlsen si svegliò con un senso di spossatezza e di pigrizia. Aveva dormito profondamente, ma al momento del risveglio gli passarono per la mente, veloci come lampi, visioni di incubi spaventosi. La sveglia sul tavolino segnava le nove e trenta. Era venerdì. A quell’ora Jelka doveva aver già portato i bambini al giardino d’infanzia.
Restò disteso per un po’ prima di raccogliere abbastanza energia da premere il pulsante che faceva aprire le finestre a scatto. Qualche minuto dopo sentì aprire e richiudere la porta d’ingresso. Ancora pochi minuti, poi Jelka aprì lentamente la porta della camera da letto, sbirciò dentro, vide che era sveglio ed entrò.
Gli porse il giornale. — C’è un articolo contro il Primo Ministro. E questo è arrivato per espresso. — Prese da un tavolino una busta imbottita e gliela diede. La busta portava l’intestazione dell’Istituto Psicosessuale.
— Ah, sì. Dev’essere il libro di Fallada sui vampiri. Mi aveva promesso di mandarmene una copia. Mi fai un caffè?
— Ti senti bene? — chiese la signora Carlsen. — Sei pallido.
— Mi sento un po’ stanco.
Quando Jelka tornò col caffè e il pane tostato, Carlsen stava già leggendo il dattiloscritto di Fallada. Jelka gli mise un altro libro sul tavolino. — Questo l’ho trovato ieri in biblioteca. Ho pensato che poteva interessarti.
Carlsen lesse il titolo: “Vampirismo psichico”.
— Curioso — disse Carlsen.
— Che cosa?
— Oh, una coincidenza. Questo autore, Ernest von Geijerstam… Fallada ha nominato proprio ieri un certo conte von Geijerstam. — Sfogliò il dattiloscritto di Fallada fino alla bibliografia. — Sì… è proprio lui.
— Hai già letto l’articolo di fondo del “Times”?
— No. Cosa dice?
— Che mandare due vascelli spaziali fra gli asteroidi e farli tornare a mani vuote è un vergognoso spreco di denaro pubblico.
Carlsen era già assorto nella lettura del libro e non rispose. Jelka lo lasciò solo. Quando tornò, mezz’ora dopo, lo trovò che stava ancora leggendo. La caffettiera trasparente era vuota.
— Hai fame? — gli chiese.
— Non ancora. Senti questo: secondo Fallada il conte von Geijerstam era un tipo eccentrico, un po’ svitato. Era uno psicologo, ma nessuno lo prendeva sul serio. Ascolta, c’è un capitolo intitolato “Il paziente che mi insegnò a pensare”. Dice: “Il paziente, che chiameremo Lars V., era un giovane di bell’aspetto, pallidissimo, sui venticinque anni. Negli ultimi sei mesi era stato preso dall’impulso incoercibile di esporre i suoi organi sessuali alle donne, in luoghi pubblici. Poi questa mania aveva fatto posto al desiderio di spogliare i bambini e di morderli a sangue. Non aveva ceduto a questi forti impulsi, ma ha confessato che spesso andava in giro con la lampo dei pantaloni aperta sotto il soprabito. La storia del paziente è questa: i suoi genitori erano entrambi artisti di talento, e Lars aveva mostrato inclinazione per la scultura fin da bambino. Entrato all’accademia d’arte a sedici anni, si era subito distinto fra i migliori. I suoi progressi erano stati eccezionali; e a diciannove anni aveva fatto una mostra personale che ebbe molto successo e che lo rese immediatamente celebre. A questa mostra aveva incontrato Nina von G., figlia di un nobile prussiano. Nina era una ragazza pallida, dall’aria fragile, ma dotata di considerevole forza fisica. Aveva enormi occhi scuri e labbra insolitamente rosse. Nina si era congratulata con Lars e gli aveva detto di avere sempre desiderato essere schiava di un grande artista. Dopo un paio di giorni Lars era innamorato perdutamente di lei. Ma erano passati parecchi mesi prima che Nina gli si concedesse, facendogli così credere di essere vergine. Poi aveva insistito perché recitassero una bizzarra pantomima. Lei si sarebbe sdraiata in una finta bara, vestita solo di una camicia da notte bianca, con gli occhi chiusi e le mani congiunte sul petto. Lars sarebbe dovuto entrare nella stanza furtivamente, fingendo di essere un intruso, e trovare il corpo con tutt’intorno le candele accese. Poi avrebbe dovuto recitare a soggetto, esercitando la sua fantasia, accarezzare il finto cadavere, toglierlo dalla bara, portarlo a letto, e morderlo dalla testa ai piedi. Infine avrebbe dovuto violentarla. Durante tutta questa scena Nina sarebbe rimasta completamente immobile senza dare segno di vita. Era risultato poi che la ragazza non era affatto vergine. Comunque, a questo punto, Lars ne era talmente infatuato che questo particolare non aveva avuto alcuna importanza per lui. Lars e Nina avevano continuato a praticare le loro bizzarre fantasie erotiche. Lui era, di volta in volta, uno stupratore che la violentava in un vicolo buio, o un sadico che l’inseguiva nei boschi, che la legava a un albero e la frustava prima di possederla. Sempre alla fine di queste esperienze, Lars si era sentito spossato. Una volta i due amanti, dopo aver fatto l’amore si erano addormentati nudi all’aperto, avevano dormito per varie ore, ed erano stati svegliati dalla neve che aveva cominciato a cadere.
“Lars aveva spesso pregato Nina di sposarlo, ma lei aveva sempre rifiutato, spiegandogli che apparteneva già a un altro. Si riferiva a quest’altro chiamandolo il Conte, e diceva che questo Conte le faceva visita una volta alla settimana per bere un bicchierino del suo sangue. Lars aveva avuto così la spiegazione di certi piccoli tagli che aveva visto sulla parte interna dell’avambraccio di Nina. La ragazza gli aveva anche spiegato che durante quei mesi aveva preso energia da lui per essere in grado di soddisfare le richieste del Conte. L’unico modo in cui lei e Lars avrebbero potuto unirsi, gli aveva detto, sarebbe stato quello di giurare completa fedeltà al Conte, e di riconoscersi suoi schiavi. In un impeto di gelosia Lars aveva minacciato di ucciderla. Dopo di che aveva tentato il suicidio ingerendo una forte dose di un potente medicinale. La sua famiglia l’aveva trovato svenuto e l’aveva portato all’ospedale. Era rimasto là per due settimane. Uscitone, si era precipitato dalla ragazza con l’intenzione di dirle che era d’accordo e che avrebbe accettato le sue condizioni. Ma Nina era sparita e nessuno aveva saputo dargli il suo nuovo indirizzo.
“D’allora aveva avuto continui esaurimenti nervosi. Le sue fantasie erotiche avevano preso la forma di sogni durante i quali veniva maltrattato da Nina e dal suo amante, il misterioso Conte. Dopo quelle orge di autoerotismo Lars rimaneva esausto per giorni interi. I suoi genitori erano estremamente preoccupati sia per la sua salute fisica sia per la sua salute mentale. Il suo professore d’accademia l’aveva pregato di tornare a dedicarsi alla scultura. Finalmente Lars decise di venire da me. All’inizio pensai che si trattasse di un caso di neurosi freudiana, causata probabilmente da un senso di colpa per una fissazione materna. Il paziente ammise anche di nutrire desideri incestuosi verso le sorelle. Ma un episodio descrittomi dal giovane mi diede il dubbio che stessi sbagliando diagnosi. Lars mi raccontò che un giorno durante il primo periodo della sua storia d’amore, stava lavorando a una statua nel suo studio, e si sentiva particolarmente pieno di energia. La ragazza era andata a trovarlo, ma lui, assorto nella sua creazione, le aveva chiesto di lasciarlo lavorare. Nina non aveva voluto andarsene, anzi si era spogliata e si era distesa ai suoi piedi riuscendo a eccitarlo. Lui non aveva resistito e l’aveva presa, lì sul pavimento. Poi si erano addormentati abbracciati. Quando si era svegliato, la ragazza giaceva sopra di lui e, secondo le parole di Lars, gli stava succhiando la linfa vitale. Lars disse che aveva provato la netta impressione che lei gli stesse suggendo il sangue. Quando alla fine la ragazza si era alzata, Lars era troppo debole per fare qualsiasi movimento. Lei, al contrario, sembrava godere di una vitalità quasi animalesca, demoniaca. Questo racconto di Lars mi fece pensare a quello che mia madre soleva dire della zia Kristin. Diceva che poteva svuotare i presenti della loro energia vitale semplicemente standosene in poltrona occupata nel suo lavoro a maglia. Quando ero bambino mi era sempre sembrato un modo di dire, ma ora mi chiesi se in quelle parole non ci fosse un fondo di verità. Secondo Lars, il suo vampiro lo visitava spesso nei sogni, e gli suggeva la linfa vitale. Gli chiesi allora di restare mio ospite per qualche giorno e cominciai a fare una serie di esperimenti. Ogni sera, prima che andasse a dormire, gli misuravo il campo vitale e gli fotografavo i polpastrelli col sistema Kirlian. Per le prime volte non mostrò alcun segno di esaurimento, e le misurazioni del mattino segnavano un livello leggermente più alto di quelle serali, com’è normale dopo un buon sonno, e le foto indicavano ottimo stato di salute. Poi una notte sognò il suo vampiro, e il mattino seguente il campo di energia vitale risultò notevolmente più basso, e le fotografie sembravano fatte a un uomo malato di consunzione o di una di quelle malattie che minano l’organismo alla base…” — Carlsen alzò lo sguardo sulla moglie. — Che te ne pare? — disse.