— In un caso, l’uomo è impazzito senza possibilità di guarigione. Gli altri due furono risolti con esorcismi.
Carlsen si rivolse a Fallada. — Che sia questa la spiegazione di quello che è successo a Don Clapperton? Se uno di quegli esseri l’avesse invaso, senza però ucciderlo… lui si sarebbe accorto di quello che gli stava succedendo, anche se non poteva sottrarvisi. E alla fine loro, o meglio lei sarebbe stata costretta a ucciderlo perché lui sapeva troppo.
Il conte chiese: — Chi è questo Don Clapperton?
Fallada gli raccontò in breve la storia della ragazza trovata lungo la strada ferrata e della sparizione di Clapperton, seguita dal suicidio.
Von Geijerstam ascoltò attentamente. Poi disse: — Mi sembra allora che il Comandante Carlsen abbia ragione. Don Clapperton evidentemente dev’essere stato invasato da uno di quegli esseri. Si è ucciso molto probabilmente tentando di sfuggirgli.
Fallada commentò: — Oppure è stato indotto al suicidio.
Restarono tutti e tre pensierosi, fissando il tappeto e le fiamme che s’alzavano dal ceppo nel camino.
Poi von Geijerstam disse: — Vedrò cosa posso fare per aiutarvi. Per cominciare posso dirvi tutto quello che so io sui vampiri. Ma non so se sarà di qualche utilità in un caso come il vostro.
Fallada disse: — Sono convinto che tutto quello che ci direte potrà servire. Stiamo lottando contro il tempo. E se gli altri esseri fossero riusciti a scendere dalla “Stranger” sulla Terra?
— Questo è impossibile — disse il conte.
— Perché?
— Perché sembra una caratteristica dei vampiri quella che… devono essere invitati, per così dire. Non possono prendere l’iniziativa.
Fallada chiese incredulo: — Ma perché?
— Non è una certezza ma soltanto una mia impressione.
Nell’atrio risuonò un gong. Ma nessuno di loro si mosse. Quando i colpi cessarono, si udirono le voci delle ragazze sulle scale.
Carlsen disse: — Ma si può dire che siano stati invitati. Il nostro Primo Ministro vuole far portare la “Stranger” sulla Terra. Crede, giustamente, che abbia un grande valore storico.
— Lui lo sa quello che avete detto a me?
— Sì, ma è un tipo testardo. Lui crede, ed è probabile che abbia ragione, non lo nego, che se non lo facciamo noi lo faranno i russi, o gli arabi, e si prenderanno tutto il merito e la gloria.
— Dovete impedirglielo!
— Ci ha dato due mesi di tempo. Due mesi per localizzare i tre extraterrestri. Avete qualche idea da dove cominciare?
Von Geijerstam rifletté qualche secondo con gli occhi chiusi. Poi sospirò e scosse la testa.
— Così sui due piedi, no — disse.
Carlsen e Fallada si scambiarono un’occhiata di sconforto.
— Basta, per il momento. Ne riparleremo, e studieremo la situazione con calma — disse ancora il conte. — Ci deve pur essere un mezzo! Potete contare sulla mia completa collaborazione. Adesso andiamo a cena.
La sala da pranzo era più piccola della biblioteca, ma il lungo e massiccio tavolo di quercia aveva pur sempre posto per quaranta commensali. Due pareti erano coperte di arazzi enormi.
Un lampadario di cristallo si rifletteva in due immensi specchi, uno appeso sopra il camino, l’altro alla parete opposta.
Le ragazze si sedettero per prime. Il maggiordomo stava riempiendo i bicchieri, alti calici verdi, con vino della Mosella.
Von Geijerstam indicò l’arazzo centrale. — Questo è il nostro famoso vampiro, il Conte Magnus de la Gardie.
L’arazzo rappresentava un uomo imponente, in divisa militare, con la corazza. Aveva lo sguardo di chi è abituato al comando. Sotto i folti baffi le labbra erano sottili e strette.
La signorina Bengtsson disse: — Il vostro scrittore di storie di fantasmi, M.R. James, ha scritto un racconto sul Conte Magnus. L’abbiamo letto in svedese. In biblioteca c’è.
— È attendibile?
Von Geijerstam disse: — Storicamente, è molto preciso. James è stato in questa casa, c’è la sua firma nel registro degli ospiti.
— Che cosa ha fatto questo Magnus? — domandò Carlsen.
— Fondamentalmente, era un sadico. Ci fu una rivolta fra i contadini del Västergötland, nel milleseicentonovanta e il re aveva incaricato Magnus di soffocarla. Lui la soffocò in maniera tanto cruenta che gli stessi cortigiani ne rimasero atterriti. Si dice che abbia mandato alla forca più di quattromila contadini, metà della popolazione della provincia meridionale. Il re, Carlo undicesimo, si infuriò perché per lui questo significava aver perso il cinquanta per cento delle tasse. Magnus cadde in disgrazia e venne bandito da Corte. Secondo la leggenda, Magnus decise allora di fare il Pellegrinaggio Nero a Chorazin. Chorazin era un villaggio ungherese i cui abitanti, si raccontava, erano in combutta col diavolo. Ci è rimasto un manoscritto, di pugno del Conte Magnus, che dice testualmente: “Colui che volesse bere il sangue dei suoi nemici e ottenere fedeli servitori, dovrebbe andare alla città di Chorazin, e colà rendere omaggio al Principe dell’Aria”.
Fallada disse: — Questo spiegherebbe forse la leggenda del vampiro. Quella frase sul bere il sangue dei nemici…
— Impossibile. Per cominciare, il manoscritto è in latino, ed è stato rinvenuto fra varie opere d’alchimia nella Torre Nord. Dubito quindi che qualcuno abbia potuto leggerlo… almeno fino a cinquant’anni dopo la sua morte. In secondo luogo, si parla di lui come di un vampiro in un manoscritto che si trova nella Biblioteca Reale.
— E l’ha poi fatto il Pellegrinaggio Nero?
— Non ne abbiamo le prove, ma sono propenso a credere di sì.
— E credete anche che il pellegrinaggio l’abbia tramutato in un vampiro? — chiese Fallada.
— Difficile a dirsi, Magnus era già un sadico, e occupava una posizione di potere. Credo che tali uomini si tramutino spesso in vampiri… in vampiri di energia. Provano piacere a ingenerare terrore, a bere la vitalità delle loro vittime. Dunque, potrebbe anche darsi che Magnus fosse già una specie di vampiro, anche prima del Pellegrinaggio Nero. Ma quando decise di farlo, scelse deliberatamente il male. Da quel momento in poi non fu più questione di impulsi malvagi, ma di consci, deliberati e programmati atti di indescrivibile crudeltà.
— Ma che cos’ha fatto?
— Torturò contadini, mise a fuoco le loro capanne. Si racconta che fece spellare vivi due bracconieri.
— Questo sa più di sadico psicopatico che di vampiro.
— Sono d’accordo con voi. Fu dopo la sua morte che acquistò la fama di vampiro. Ho un libro, un registro di conti, di un amministratore della tenuta. Ho trovato varie annotazioni curiose, fra cui questa: “I contadini pretendono di voler tornare a casa prima del tramonto, perché dicono che il Conte Magnus è stato visto nel cortile dietro la chiesa”.
— E c’è qualche prova di vampirismo vero e proprio, dopo la sua morte?
— Alcune. Dal diario della chiesa di Stensel sappiamo del funerale di un bracconiere trovato sull’isola con la faccia “mangiata via”. La sua famiglia offrì tre messe per “salvare la sua anima dallo spirito maligno”. Poi ci fu la storia della moglie di un carrozziere di Storavan, mandata al rogo come strega. La donna aveva dichiarato che il Conte Magnus era suo amante, e che era stato lui a insegnarle a bere il sangue dei bambini.
Avevano finito l’antipasto. Fallada, che era seduto con le spalle rivolte all’arazzo, si alzò per guardarlo meglio. Dopo averlo osservato per qualche minuto, disse: — Scusate, ma mi è difficile prendere sul serio quest’idea. Sono d’accordo con voi quando parlate di vampiri d’energia, perché i miei esperimenti mi hanno portato alla stessa conclusione. Ma tutte queste storie sono leggende e forse niente di più.
— Non bisogna mai sottovalutare le leggende — disse il conte.
— Volete dire che non c’è fumo senz’arrosto?