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Era vero. Aveva gli occhi stanchi. Li chiuse, e gustò una piacevole sensazione di calda oscurità. La voce di von Geijerstam continuò: — Il vostro corpo è pesante e rilassato. Vi sembra di sprofondare nella poltrona. State respirando profondamente e regolarmente, profondamente e regolarmente…

Carlsen riprovò il caldo e confortevole senso di fiducia che aveva sentito una volta da bambino, quando l’avevano anestetizzato per un piccolo intervento. Era conscio unicamente del suo respiro e della voce di von Geijerstam. Poi la voce tacque.

Sentì che von Geijerstam gli sollevava il braccio destro e subito lo lasciava ricadere. Era una sensazione strana, come svegliarsi da un sonno profondo e trovarsi in un letto comodo e caldo, senza alcun desiderio di muoversi. Il passare del tempo non aveva importanza. Sarebbe stato felice di galleggiare in quello stato di piacere astratto per giorni, per settimane.

Von Geijerstam chiese: — Potete parlare?

Con uno sforzo, per vincere il languore, Carlsen rispose: — Sì.

— Sapete dove siete?

— In Svezia.

— Siete una persona sola o due?

— Una.

— Ma questo vampiro femmina non è dentro di voi?

— No.

— Però era dentro di voi la notte scorsa?

— No.

— Non era dentro di voi?

— No. Era in contatto con me. La sua mente era in contatto con la mia. Come con un teleschermo.

— È in contatto con voi, adesso?

— No.

— Il vampiro sa dove vi trovate voi adesso?

— No.

— Perché non lo sa?

— Non me l’ha chiesto.

— Se ve lo chiedesse, glielo direste?

— Sì.

— E voi sapete dov’è il vampiro?

— Sì.

— Dov’è?

— Non so il nome del posto…

— Però sapete dov’è il vampiro?

— Sì.

— Potete descrivere questo posto?

Per un po’ Carlsen non rispose. Stava camminando accanto a lei, su un sentiero fangoso. Era piovuto. La donna indossava un abito sgargiante, a strisce rosse e gialle. In lontananza si vedevano i grattacieli di una città.

Von Geijerstam domandò: — Dov’è adesso il vampiro?

— Sta cercando un uomo.

— Che uomo?

— Un uomo qualsiasi. Vuole qualcuno giovane e sano… qualcuno che lavori in una fabbrica.

— Ha intenzione di ucciderlo?

— No.

— Perché no?

— Ha paura che la prendano.

La voce di Fallada intervenne. — Come potrebbero prenderla?

— Il corpo la tradirebbe.

— Allora cosa spera di fare? — chiese von Geijerstam.

— Spera di trovare un uomo sano e forte, e di sedurlo. Prenderà un po’ di energia da lui, ma non tanta da ucciderlo.

— E poi?

— Assorbirà energia da lui… come l’assorbe da me.

Fallada fece schioccare le dita. — Ecco! È questo che vogliono: formare una rete di donatori d’energia — disse e rivolto a Carlsen chiese: — È così?

Carlsen rispose: — Sì.

Von Geijerstam chiese: — Che corpo sta usando, adesso?

Carlsen esitò. Era quasi impossibile leggere nella mente della aliena. Se avesse tentato di farlo, lei se ne sarebbe accorta, si sarebbe allarmata. Ma c’era un’altra mente. Carlsen disse: — Credo che si chiami Helen. È un’infermiera.

— In un ospedale?

— Mi sembra di sì.

— Helen è morta, adesso?

— No. È ancora nel suo corpo.

— Volete dire che ci sono due persone in un corpo: l’infermiera Helen, e il vampiro? — La voce di von Geijerstam rivelava la sua tensione.

— Sì.

Fallada disse. — Che ne è stato dell’altro corpo? Quello dell’uomo che il vampiro aveva invaso in precedenza?

Carlsen non rispose. Sapeva che la risposta era ben chiusa nella mente dell’aliena e che quella mente era una immensa cassaforte d’acciaio.

Von Geijerstam gli chiese: — Potete dirci qualcosa dell’altro corpo? Qualcosa che ci possa dare un indizio?

E ancora Carlsen poté leggere nella mente dell’infermiera.

— C’è un altro corpo… ma è nell’ospedale.

— Uomo o donna?

— Uomo.

— Sapete come si chiama?

— Jeff.

— E il cognome?

— Non lo so.

— Avete detto che è all’ospedale? Significa che è morto?

— No.

— Potete dirci qualcosa di questo ospedale?

— È alla periferia di una città. Su una collina.

— Sapete il nome?

— No.

— O dove si trova, più esattamente?

— No.

Seguì un silenzio. Fallada e von Geijerstam parlarono sottovoce fra loro, ma a Carlsen non interessava. Era come se parlassero una lingua sconosciuta. Lui era lontano, stava godendosi il fresco e la luce del sole riflessa nelle pozzanghere. Fallada domandò: — Cosa sta facendo adesso?

— Si è seduta su una panchina, lungo una strada. Sta guardando un uomo.

— Cosa sta facendo l’uomo?

— È seduto in automobile, poco lontano. Legge il giornale.

La voce di Fallada domandò: — Puoi leggere il numero sulla targa della macchina?

— Sì.

— Leggilo.

— QBX 5279L.

— Ci sono altre macchine vicino?

— Sì. C’è una “Temeraire” rossa, posteggiata vicino alla siepe. Una giovane coppia sta mangiando panini.

— Che numero ha la “Temeraire”?

— 3XJ UT9.

— E il vampiro cosa sta facendo adesso?

— Aspetta. Ha incrociato le gambe, e ha rialzato un po’ la gonna. Fa finta di leggere un libro.

Fallada e von Geijerstam dissero qualcosa contemporaneamente. Poi Fallada chiese: — Che cos’è successo agli altri due vampiri?

— Uno è andato a New York.

— E il terzo?

— È ancora a Londra.

Come in un sogno, la scena si trasformò nello Strand, a Londra. Lui era in piedi in cima alla scalinata di marmo che scendeva fino al fiume. L’altro alieno stava stringendo la mano a un uomo basso, grasso: l’incaricato d’affari cinese.

— Sapete il nome di quello che è a Londra?

— È difficile da pronunciare. Noi lo pronunceremmo Ykx-By-Orun.

— Ma come si chiama adesso? Qual è il nome del corpo che il vampiro sta usando?

— Everard Jamieson.

Le esclamazioni lo lasciarono indifferente. Lo interessava di più il lucido battello a razzo che scivolava sul fiume, senza disturbare con la scia spumosa le imbarcazioni più piccole.

Risentì la voce del conte. — Fra trenta secondi vi sveglierò… Voi vi sveglierete sentendovi riposato e rinfrescato. Il vostro sonno è già più leggero. State cominciando a svegliarvi. Conterò da uno a dieci, e quando dirò dieci sarete perfettamente sveglio. Uno, due…

Carlsen aprì gli occhi e per un momento non capì dove fosse. Credeva d’essere a letto, a casa sua, e non riusciva a capire come mai fosse semisdraiato in quella poltrona. Poi il conte aprì le tende, e dalla finestra entrò la luce del sole. Carlsen si sentiva come quando ci si sveglia da un lungo sonno tranquillo. Conservava il vago ricordo di un fiume e di un battello a razzo, ma mentre cercava di mettere a fuoco l’immagine, il ricordo svanì.

Eccitato, Fallada gli chiese: — Ti rendi conto di quello che ci hai appena rivelato?

— No. Che cosa?

— Ci hai detto che uno dei tre alieni ha invaso il Primo Ministro inglese.

La rivelazione colpì Carlsen con la violenza di un pugno.

Fallada chiese, meravigliato: — Non ti ricordi?

— Avrei dovuto ordinarvi di ricordare tutto. Mi spiace di non averlo fatto — disse von Geijerstam. E aggiunse: — Ci avete detto che uno degli alieni ha invaso il corpo di un’infermiera. Un secondo si è impossessato del Primo Ministro inglese, Jamieson. — Premette un tasto sulla scrivania, dicendo: — Ascoltate, ho registrato tutto.