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Per circa sette minuti Carlsen ascoltò attentamente la sua voce registrata sul nastro. Era una voce assonnata e atona. No, non ricordava niente di tutto quello che aveva detto.

Per un attimo rivide una ragazza con un vestito molto colorato, i capelli svolazzanti nel vento. Ma il ricordo svanì immediatamente.

Dopo che la sua voce ebbe pronunciato il nome di Jamieson, von Geijerstam spense il registratore.

— Visto? Sia voi sia Fallada avevate intuito che c’era qualcosa che non andava, in questo Jamieson. Il vostro subconscio è più sensibile di voi.

Fallada disse: — Mi sembra ancora incredibile. Sembrava così normale l’altro giorno…

Guardò Carlsen che si strinse nelle spalle dicendo: — Infatti.

Fallada si rivolse a von Geijerstam: — Non è possibile che Carlsen si sia sbagliato? Che la sua antipatia istintiva per Jamieson l’abbia influenzato?

— Non sarà difficile scoprirlo — disse von Geijerstam. Indicò il foglietto su cui aveva scritto i numeri delle targhe. — Con i numeri, l’Ufficio Immatricolazione potrà fornirvi gli indirizzi dei proprietari. Se questo particolare risulterà esatto, dovrebbe esserlo anche il resto.

Carlsen disse: — Chiamiamo Heseltine.

— Bene — disse Fallada e andò alla scrivania. — Vi dispiace se chiamiamo Londra? — chiese a von Geijerstam.

— Fate pure — rispose il conte.

A Londra il sergente di servizio rispose: — Pronto, New Scotland Yard.

— L’ufficio del Commissario per favore — disse Fallada.

Sullo schermo comparve la segretaria di Heseltine.

— Oh, dottor Fallada! Stavamo cercando di rintracciarvi.

— Qualcosa di urgente?

— Il Primo Ministro voleva parlarvi.

Fallada e Carlsen si scambiarono un’occhiata. Fallada chiese: — Sir Percy è in ufficio?

— Purtroppo no. È a Downing Street, dal Primo Ministro. Devo dirgli di chiamarvi?

— Non importa, grazie. Ma vorrei lasciargli detto qualcosa. Annotatevi questi due numeri di targa. — Glieli dettò. — Dite a Sir Percy che dovrebbe farmi avere gli indirizzi dei proprietari.

— Posso farlo subito io. Se potete aspettare in linea…

— No, grazie. Sarò a Londra oggi pomeriggio. Chiamerò appena arrivo. Dite al Commissario che i numeri sono relativi al caso… Ditegli solo così. E ditegli di non parlarne con nessuno finché non ci saremo visti.

— Va bene. Dove siete in questo momento?

— A Istanbul — rispose Fallada sorridendo.

Chiusa la comunicazione, von Geijerstam disse: — Dunque ripartite oggi? Ne sono molto spiacente.

— Purtroppo dobbiamo trovare al più presto quella donna — disse Fallada.

— E quando l’avrete trovata?

— Non so proprio cosa faremo. Avete qualche consiglio?

Von Geijerstam si sedette sul divano, e per qualche secondo non parlò. Poi disse: — Temo che i miei consigli sarebbero inutili. Ma ve ne darò ugualmente uno. Il problema principale è quello di costringere il vampiro a ritirarsi. Ricordate le ultime scene del film “Dracula”? Vi sembrerà assurdo, ma quelle scene mostravano una profonda conoscenza della psicologia di un vampiro. Un vampiro costretto a fuggire perde tutto il suo vantaggio. Una volta in un mio libro definii il vampirismo una forma di karate mentale. Si basa sull’attacco, sull’aggressione. Il vampiro è congenitamente un criminale. È come un ladro.

Fallada annuì. — Come uno stupratore. Se la vittima si rivoltasse, e cercasse di violentare lui, il vampiro perderebbe ogni brama sessuale.

Von Geijerstam rise. — Proprio così. Dunque, se trovaste il vostro vampiro, non abbiate paura. Ricordate però che io non so niente dei poteri di questi alieni, quindi può anche darsi che vi stia dando un pessimo consiglio. Ma vi dico: cercate di fare in modo che il vampiro abbia paura di voi!

Carlsen scosse la testa. — Il guaio è che l’aliena potrebbe svanire un’altra volta. I vampiri delle leggende avevano certe limitazioni: dovevano dormire in una bara piena di terra e così via. Ma queste creature pare che non ne abbiano.

Von Geijerstam disse: — Devono averne. Il vostro compito è di trovarle. Per esempio, voi avete detto che il vampiro potrebbe svanire di nuovo. Ne siete proprio sicuro?

Fallada chiese in fretta: — Cosa volete dire?

— Pensate a quello che è successo l’altra volta. La donna vampiro è scomparsa dall’Istituto di Ricerche Spaziali. Poco dopo gli altri due alieni sono stati trovati morti. Ma adesso sapete che avevano solo abbandonato i loro corpi, avendone trovati altri. Ma hanno fatto tutto questo da soli? O con l’aiuto del primo vampiro?

— È vero — disse Carlsen. — Non abbiamo prove che ci siano riusciti da soli.

Von Geijerstam proseguì: — Dunque, se i tre adesso sono separati, sarà più facile affrontarli a uno a uno, inoltre adesso il Comandante Carlsen sa che può sempre ritrovare il vampiro ricorrendo all’ipnosi.

Fallada disse: — Non vi lascereste convincere a venire a Londra con noi?

Von Geijerstam scosse la testa. — No, no… sono troppo vecchio. E poi, non avete bisogno di me. Ormai sapete sui vampiri quanto ne so io… e probabilmente di più.

Bussarono alla porta, e Gustav, il valletto, si affacciò. — Le signorine chiedono se volete raggiungerle per un aperitivo prima di pranzo — disse.

— Sì, certo. Scenderemo fra qualche minuto.

Poi von Geijerstam si rivolse a Fallada: — Prima di andare, un altro consiglio. Non dimenticate che il vampiro è un criminale. Questa è l’essenza della sua psicologia. E tutti i criminali prima o poi si imbattono nella sfortuna.

Carlsen disse: — È questo che voleva dire la vecchia Moa, quando ha parlato di sfortuna? Avevo capito che i vampiri portano sfortuna alle loro vittime.

Von Geijerstam fece una risatina divertita, mettendogli una mano sulla spalla. — No, non alle loro vittime. A se stessi! Guardate quelle creature. Hanno preparato un piano perfetto per invadere la Terra. E a ogni passo importante, qualcosa va per traverso. Nell’universo esistono poteri benigni oltre che maligni.

Carlsen commentò: — Vorrei poterlo credere.

Von Geijerstam lo guardò sorridendo. Disse: — Ci crederete, ancor prima di aver finito con quelle creature.

Carlsen avrebbe voluto fargli altre domande, ma ormai il vecchio conte stava già uscendo dalla stanza.

3

Il cielo aveva i colori del tramonto, quando l’aereo atterrò a Londra. Scendendo la scaletta Carlsen fu colpito gradevolmente dal tepore dell’aria che odorava di carburante.

Essere di nuovo lì gli dava una sensazione strana. Pareva incredibile che fosse passato solo un giorno da quando aveva lasciato Londra. Aveva più l’impressione di essere stato sei mesi nello spazio.

Fallada chiese: — Come ti senti?

— Contento di essere tornato, ma un po’ depresso.

— Per via di Selma?

— Sì.

— Non devi avere rimorsi. Non è stata colpa tua. Del resto non potevamo restare ancora.

Carlsen disse: — Non è questo.

— Cosa c’è, allora?

— Io volevo restare — rispose Carlsen. Fallada gli diede un’occhiata. — Oh, non che sia innamorato di lei — riprese Carlsen. Gli sembrava assurdo parlare di cose intime mentre andavano a prendere l’autobus, circondati da voli e rumori. Aggiunse: — Era la sua vitalità… — S’interruppe, incapace di continuare.

Fallada disse subito: — Non devi preoccuparti.

— Non mi preoccupo per me stesso.

— Lo so. Ma ricordati che è soltanto un impulso naturale, come l’istinto sessuale. Lo si può controllare altrettanto facilmente.