Venti minuti più tardi, le luci al neon della città sparivano in lontananza, sotto di loro. Davanti, al limite del campo visivo, le costellazioni più lontane spiccavano come una gigantesca pista aerea. Volavano molto al di sotto della normale quota del traffico aereo, filando a circa cinquecento chilometri all’ora. In basso, sull’autostrada, passava un flusso ininterrotto di automobili.
Heseltine disse: — Lasciando Londra sto violando gli ordini.
— Perché?
— Sono tenuto a dipendere direttamente dal Ministero dell’Interno, dovrei quindi comunicare a quegli uffici ogni nuovo sviluppo dell’inchiesta. Il Primo Ministro voleva appunto vedermi per coordinare le ricerche degli alieni.
Carlsen chiese: — Lui ha espresso qualche idea su come procedere?
— No. In realtà si è limitato a insinuare, ma senza dirlo chiaramente, che voi e Fallada siete un po’ matti. Comunque è stato elaborato un complesso sistema di rapporti.
Fallada disse, disgustato: — E se non ci sarà niente da riferire, questo gli basterà per dimostrare che non c’è pericolo.
Tacquero per qualche minuto, assorto ognuno nei suoi pensieri. Poi Heseltine disse: — Esiste un modo per provare se un individuo è un vampiro?
Carlsen scosse la testa. Fallada lo guardò sorpreso. — Certo che esiste — disse. — L’abbiamo provato su di te questa mattina.
— E sarebbe? — chiese Heseltine.
— Radioestesia.
— Non mi sembra che abbia dimostrato gran che oltre al fatto che sono di sesso maschile — disse Carlsen.
— Ma tu ti sei perso la parte più interessante perché dormivi! — protestò Fallada.
Heseltine disse: — Ti dispiacerebbe spiegarti meglio?
— Ci si serve di un pendolo come fanno i rabdomanti — disse Fallada. — Il pendolo reagisce alle diverse sostanze e da distanze diverse, cioè sessanta centimetri per un maschio e oltre settanta per una femmina. Il conte ha detto che se n’era servito a suo tempo per scoprire se un suo paziente era posseduto da un vampiro. Tenuto sopra il paziente alle diverse altezze, il pendolo aveva reagito sia alla lunghezza d’onda maschile sia a quella femminile. Ecco perché abbiamo fatto quella prova su Olaf.
— E il risultato?
— Il pendolo ha dato entrambe le reazioni. Ma non è tutto. Von Geijerstam ha fatto notare che alla stessa distanza usata per rivelare una presenza femminile si ottiene anche l’indicazione di un pericolo. Allora è stata fatta su Olaf un’altra prova a distanza di oltre un metro, distanza che vale per il sonno e la morte. Oltre questa non si dovrebbero più avere reazioni dal pendolo, perché la morte segna il limite massimo. Mentre Olaf dormiva, la vecchia lettone ha provato dunque da un metro, e ha ottenuto una reazione fortissima. Poi a uno e settanta, un metro cioè oltre la distanza valida per la lunghezza d’onda femminile, e quell’aggeggio diabolico si è messo a descrivere cerchi amplissimi.
Heseltine chiese: — Questo che cosa significa?
— Il conte non ha dato una spiegazione esplicita, ha detto che il significato poteva essere questo: qualsiasi fosse la fonte della reazione, si trattava di cosa già morta.
Carlsen si sentì rizzare i capelli sulla nuca. Con voce tesa disse: — Non ci credo. Quelle creature sono vive, eccome!
Fallada si strinse nelle spalle. — Ho ripetuto solo quello che ha detto von Geijerstam. Personalmente non credo nemmeno che quelle creature siano soprannaturali.
Heseltine disse: — Dipende da che cosa intendi per soprannaturale.
— Be’, le anime dei morti… i fantasmi, o come diavolo vuoi chiamarli.
— Carlsen risentì la sensazione, ormai familiare, che il mondo fosse diventato improvvisamente estraneo. Era abituato al vuoto dello spazio, ma anche ai confini del sistema solare non aveva mai perso il senso di appartenenza alla Terra, di far parte della razza umana. Adesso provava una spaventosa impressione di gelo interno, come se stesse avventurandosi dove nessun essere umano avrebbe potuto seguirlo. Guardando le luci del Gran Carro, e quelle sottostanti di una città, probabilmente Nottingham, venne sopraffatto da un senso di irrealtà simile a quello di una caduta senza fine. La disperazione si trasformò in panico e poi, d’un tratto, cessò. Ciò che era successo era stato troppo rapido per essere captato dalla sua capacità di percezione. Un lampo di conoscenza gli fece sembrare assurdo quel panico. Poi le luci in basso parvero diventare più brillanti. Un’ondata di appagamento, un senso di freschezza. Tutto passò rapidamente com’era venuto, lasciandolo smarrito e confuso. Sentì di avere gli occhi stanchi, e li chiuse.
Un attimo dopo udì Fallada dire: — Sveglia, Olaf, siamo arrivati.
Si accorse che la cavalletta stava per atterrare su una strada deserta, e che i fari potenti illuminavano le cime degli alberi. Chiese: — Dove siamo?
Il pilota rispose, voltandosi appena: — A qualche chilometro da Huddesfield. Holmfirth non deve essere lontano.
Olaf guardò l’orologio. Segnava le nove e un quarto. Aveva dormito per mezz’ora.
Una volta a terra, la cavalletta cessò di essere azionata dai jet. le brevi ali si ritrassero, entrarono in funzione le ruote, e la cavalletta si trasformò in una grande auto. Un po’ più avanti si fermarono a un incrocio. Un cartello stradale indicava in una direzione Barnsley, e nell’altra Holmfirth.
Heseltine disse: — È ancora presto. Direi che abbiamo tempo per fare un salto dal signor Pryce. Sergente, chiedete al Servizio Informazioni come possiamo trovare la Upperthing Road.
Il pilota premette alcuni pulsanti sulla guida stradale computerizzata. Sul pannello comparve la carta di Holmfirth, con una strada illuminata in rosso. Parker disse: — Siamo fortunati, ci siamo già.
Impiegarono cinque minuti a trovare la casa, un “bungalow” di lusso, in vetro e fibraflex, al centro di un prato. Un riflettore illuminava una vasca ornamentale e le aiuole fiorite.
Una signora anziana venne ad aprire. Si allarmò vedendo tre sconosciuti. Heseltine le mostrò il suo documento di identità. — È possibile parlare con vostro marito? — le chiese.
La donna chiese: — Siete quelli delle tasse?
Heseltine rispose: — No, no, non vi preoccupate. Ci serve solo un’informazione che forse vostro marito può darci.
— Aspettate, per favore — disse lei, e sparì all’interno.
Heseltine guardò Hans e Carlsen e strizzò l’occhio. — Evidentemente ha qualcosa sulla coscienza — disse.
Passarono alcuni minuti, poi la donna ricomparve. — Accomodatevi, prego — disse.
Li condusse in un salottino. A un tavolo c’era un uomo anziano, imponente, seduto su una sedia a rotelle, davanti a un piatto di cibi freddi.
— Il signor Arthur Pryce? — chiese Heseltine.
— Sì. — Non sembrava allarmato, solamente incuriosito.
— Può darsi che ci sia un errore signor Pryce, e se così fosse, chiedo scusa. Voi possedete una Crystal Flame, numero di targa QBX 5279L?
— Sì. È la mia macchina.
— L’avete usata, oggi?
La donna s’intromise. — No, mio marito non può guidare.
— Taci, Nell — disse il signor Pryce. Poi, rivolgendosi a Heseltine: — Perché, c’è stato un incidente?
— No, niente di simile. Vorremmo solo sapere chi stava guidando questa macchina.
La donna disse: — Sarà stato Ned.
— Vuoi stare zitta? — si spazientì Pryce.
Heseltine chiese: — Chi è Ned?
Pryce fulminò la moglie con un’occhiata. — Nostro figlio — rispose. — È lui che dirige la fabbrica, da quando ho avuto l’incidente.
— Capisco. Potete darmi il suo indirizzo?
L’uomo rifletté un attimo, poi disse: — Abita sull’altro lato della strada. Comunque, di che cosa si tratta?
— Niente di cui preoccuparsi, ve l’assicuro signor Pryce. Stiamo solo cercando di rintracciare una certa persona, e riteniamo che vostro figlio possa darci qualche informazione. A che numero è la casa?