“Mentre apprendevamo i segreti dell’universo, imparammo anche a proiettare le nostre menti su lontane galassie. Visitammo la vostra Terra quando i vostri mari cominciavano appena a raffreddarsi. Fummo noi a insegnare alle creature di Marte, simili a vegetali, come edificare la loro civiltà sotto i mari. Noi abbiamo aiutato gli abitanti del vostro pianeta Plutone a fuggire su un pianeta della stella binaria Sirio, quando il loro mondo perse la sua atmosfera. La nostra più grande impresa fu quella di aiutare l’evacuazione di oltre un migliaio di pianeti della Nebulosa del Cancro prima che questa esplodesse e si tramutasse in supernova.
“Voi terrestri non avete idea dei drammi dello spazio interstellare. La vostra visione è limitata. Ma i Nioth-Korghai hanno visto la nascita e la morte di intere galassie. Abbiamo visto isole celesti nascere dal niente. Questi universi sono creature viventi. Possiedono un loro tipo di vita cosmica, a un livello che gli organismi biologici non riescono a concepire. La religione dei Nioth-Korghai insegna che l’intero universo è un cervello immenso di cui i mondi conosciuti sono soltanto singole cellule.
“Cinquantamila anni fa, la vostra Terra stava avvicinandosi alla fine dell’era glaciale. E gli uomini di quel periodo erano poco più che scimmie… Voi li chiamate uomini di Neanderthal. I Nioth-Korghai decisero che quelle erano le condizioni favorevoli per un grande esperimento: tentare di produrre una forma di vita più intelligente. Questo avvenne durante l’esistenza di Kuben-Droth, uno dei nostri massimi scienziati di ingegneria biologica…”
Fallada interruppe. — Mi sembrava di aver capito che non vi dedicavate alla scienza — disse.
La creatura rimase a lungo in silenzio, e loro temettero che non volesse più parlare. Poi la voce riprese.
— Non abbiamo una tecnologia in senso terrestre. Non ne avevamo bisogno: il mare ci forniva tutto quello che serviva alle nostre necessità più elementari. Ma la scienza sgorga dall’anima e dalla volontà. Il nostro problema fu quello di convincere i vostri uomini dell’età della pietra a sviluppare l’intelligenza. Ma nessuna creature può essere costretta a evolvere contro la propria volontà. Noi dovemmo impiantare una volontà-di-intelligenza in quei vostri progenitori dell’età della pietra, e questo fu possibile unicamente entrando nei loro cervelli, e facendoli sognare. Non potete immaginare le difficoltà che incontrammo. Quegli uomini preistorici riuscivano a sentire intenso piacere ma dimenticavano tutto dopo pochi secondi. Era come cercare di insegnare algebra alle scimmie. Kuben-Droth dedicò metà della sua vita a questo compito, ma purtroppo morì prima d’aver ottenuto i risultati che sperava. Ci vollero settecento anni per produrre un uomo e una donna i cui figli diventarono i capostipiti di una nuova specie di uomini veri. Noi li chiamiamo Esdram e Solaveh. Nella vostra mitologia sono ricordati come Adamo ed Eva.
“Per settecento anni noi avevamo dovuto vivere dentro il cervello e nei corpi di esseri umani. Fu un’impresa pericolosissima. Sostenuti dalle loro energie vitali, godemmo del veleno della loro sensualità, anche se all’inizio ci aveva disgustati. Il vostro mondo era pericoloso e impregnato di violenza, ma era anche molto bello.
“Ma noi eravamo scienziati, e possedevamo abbastanza autocontrollo per sapere che era venuto per noi il momento di abbandonare la razza umana terrestre a se stessa. Lasciammo il vostro pianeta a gruppi di cento, per tornare nel nostro sistema stellare…”
Fallada disse: — Scusate se interrompo un’altra volta, ma Rigel dista dalla Terra centinaia di anni luce. Quanto tempo avete impiegato a fare quel viaggio?
Ancora un lungo silenzio, come se la creatura stesse preparando la risposta. Poi la voce disse: — Voi dimenticate che le energie dell’universo esistono a molti livelli. A livello fisico, l’energia non può raggiungere una velocità superiore a quella della luce. Sul nostro livello, può avere una velocità migliaia di volte maggiore. Il viaggio durò meno di un anno.
“Il nostro gruppo fu l’ultimo a lasciare la Terra. Fummo noi a voler restare il più a lungo possibile. Poi completammo la trasformazione raggiungendo il giusto livello di energia cosmica… potreste chiamarla quinta dimensione… e iniziammo il viaggio.
“Fu durante questo viaggio di ritorno che si verificò l’incidente. Le possibilità erano una su un milione. Non sarebbe dunque dovuto succedere. Eravamo già a metà strada quando passammo a poche centinaia di chilometri da una stella al suo stadio finale: un buco nero. Sono fenomeni fra i più rari nell’universo. Nessuno di noi ne aveva mai incontrati prima. Quelle stelle finiscono fuori dal vostro universo, in un iperspazio privo di dimensioni. Noi decidemmo allora di andare in esplorazione, e questo fu un errore. Alcuni di noi vennero risucchiati in un vortice. Altri, rendendosi conto di quello che stava succedendo ci avvertirono di stare lontani prima di finire nel vortice. Ma era troppo tardi per fuggire. La forza era troppo potente. Tutto quello che potemmo fu ritardare la nostra distruzione. Lo tentammo inserendoci in un’orbita intorno al buco nero. E così continuammo a girargli attorno attirati inesorabilmente dalla sua gravità. Alcuni di noi persero forza e speranza e si arresero. I superstiti continuarono a lottare, decisi a resistere e a mantenere la propria esistenza il più a lungo possibile.
“Poi, dopo più di mille anni, il buco nero sparì. Cadde fuori dallo spazio, e noi ci trovammo liberi. Ma ormai eravamo così esausti da non avere sufficiente forza per trasferirci sul giusto livello d’energia. Eravamo liberi, sì, ma alla deriva nello spazio, a quattrocento anni luce dal nostro sistema stellare. Fu allora che cominciammo a sognare i giorni felici passati sul pianeta Terra, e il flusso di energia che ci arrivava dai corpi viventi. Cominciammo a tornare lentamente verso il nostro sistema, in cerca di altri pianeti abitati simili alla vostra Terra. Ce ne sono milioni, nell’universo, e se non fossimo stati così esausti ne avremmo trovati senza difficoltà. Stanchi compravamo, invece, cercammo per oltre un anno, prima di trovarne uno. Era abitato da una razza di animali primitivi, non molto dissimili dai dinosauri, ma molto più grossi. La loro grezza energia ci disgustava, ma ne avevamo bisogno per vivere. Ne assorbimmo fino a ubriacarcene, uccidendo centinaia e centinaia di quelle bestie. E, dopo, ci sentimmo meno disperati. Ma la trasformazione energetica era ancora impossibile. La loro forma di energia, molto scadente, rendeva l’impresa ancora più complicata. Allora decidemmo di continuare il viaggio alla ricerca di un pianeta con una forma di vita più evoluta.
“Eravamo diventati distruttori di vita. Ma non avevamo alternative. Come soldati perduti nel deserto, dovevamo prendere quello che trovavamo. E trovammo molti sistemi planetari abitati. In alcuni vivevano creature con il tipo di energia vitale che ci serviva, ma queste creature ci opponevano resistenza, e noi fummo costretti a prendere con la forza ciò che volevamo, distruggendo coloro che erano troppo deboli per resistere. Su un pianeta del sistema Alnair, trovammo corpi simili a quelli che avevamo lasciato sul nostro pianeta d’origine, e li prendemmo per noi. A poco a poco ci adattammo alla nostra condizione di vagabondi senza patria. Ora che avevamo di nuovo un corpo, il desiderio di tornare a casa cominciava a svanire. Inoltre ci eravamo resi conto che, a quanto sembrava, eravamo immortali. All’inizio credemmo che si trattasse di una curiosa conseguenza della nostra permanenza nell’orbita del buco nero. Provammo a nutrirci con viveri naturali, per vedere cosa sarebbe successo. Il risultato fu che cominciammo a invecchiare a ritmo normale. E così fu chiaro che se volevamo restare in vita, non avevamo scelta: dovevamo continuare ad assorbire energia vitale da altre creature. Imparammo a farlo senza provocarne la morte, come gli esseri umani hanno imparato a mungere latte dalle mucche. Non solo era un sistema meno crudele, ma evitava la distruzione delle nostre fonti di sostentamento. Alcuni ritenevano disgustosa anche questa alternativa, e preferivano lasciarsi morire di vecchiaia. Ma i più si adattarono al nostro nuovo stato di vampiri, o di parassiti della mente. In fondo è una legge di natura: tutte le creature ne mangiano altre.