Fallada ed Heseltine restarono colpiti da questo ragionamento che però non li convinse del tutto. Si voltarono a guardare il corpo inerte di Armstrong, come per chiedere a lui una risposta.
— Io sono sempre dell’idea che noi dobbiamo loro qualche cosa — disse Fallada. — Dopo tutto, se è vero quello che dicono, hanno avuto quell’incidente per aver cercato di aiutare la nostra razza a evolversi. Stando a quello che ha detto, ci hanno insegnato l’agricoltura. O pensi che anche questa sia una bugia?
— Non necessariamente. Non stento a credere che volessero la nostra evoluzione. Quando sono tornati sulla Terra ventimila anni fa, probabilmente qui c’erano soltanto, al massimo, un milione di terrestri. E anche questi a un livello di poco superiore a quello di animali. Ci hanno lasciati crescere e moltiplicare, in modo che saremmo stati tanti, tanti di più, quando loro sarebbero tornati. Adesso hanno sulla Terra una dispensa che può bastare per diecimila anni. E vi dirò un’altra cosa. Ha raccontato che sono tornati sulla Terra nella speranza di trovare qualcuno della loro specie…
— Cosa ci trovi di strano?
— Cosa? Quelli della loro specie non avrebbero potuto fare niente per loro. Non avrebbero potuto aiutarli a tornare su Orione, perché la loro razza non si serve di navi spaziali. Si tramutano in una più sofisticata forma di energia che può viaggiare più veloce della luce. E queste creature hanno perso il loro potere dopo essere diventati vampiri.
— Come fai a saperlo?
— È ovvio. Se non l’avessero perso, tornerebbero sul loro mondo. Invece adesso hanno bisogno di un’astronave.
— Individui della loro specie potrebbero aiutarli — disse Fallada.
— Lo ritieni probabile? Si sono trasformati in criminali galattici, e con tutta probabilità hanno lasciato la Terra proprio per sfuggire a quelli della loro specie. Sono diventati come lebbrosi.
In tono divertito, Fallada disse: — Un’ipotesi interessante. Una specie di Caduta…
Il pilota indicò in basso. — Ecco Bedford. Arriveremo fra dieci minuti — disse. — Puntiamo su Scotland Yard direttamente?
Heseltine guardò Carlsen.
— Sarebbe meglio andare al laboratorio di Fallada — disse Carlsen — e lasciare lì Armstrong. Bisogna tenerlo in stato di incoscienza. Che ne dici? — chiese a Fallada.
— Va benissimo. Il mio assistente Grey si occuperà di lui — rispose Fallada.
— E poi cosa facciamo? — chiese Heseltine.
— Se non sbaglio, vi aspetta un messaggio del Primo Ministro — disse Carlsen. — Vorrà sapere che cos’avete fatto in questi due giorni.
— Infatti c’è un messaggio. Questa mattina ho chiamato mia moglie. Il Primo Ministro vuol vederci tutti e tre appena possibile.
— Bene. Allora andremo da lui.
In tono dubbioso, Heseltine disse: — Jamieson sarà più difficile da trattare di Armstrong. Cosa farete?
— Non so — rispose Carlsen. — Ma sono convinto di una cosa: dobbiamo affrontarlo faccia a faccia. Non c’è altro modo.
Il poliziotto di servizio davanti al numero 10 di Downing Street salutò rispettosamente Heseltine. Un momento dopo la porta venne aperta da una bella ragazza bruna.
— Il Primo Ministro ci sta aspettando — disse Heseltine.
— Sì, signore. Sarà libero fra un minuto. Volete aspettare qui, intanto?
Heseltine disse: — Mi sbaglio, o non vi ho mai visto?
— Sono Merriol — disse la ragazza, e sorrise mettendo in mostra i piccoli denti bianchissimi. Aveva un leggero accento gallese, e sembrava poco più che una bambina.
Mentre la ragazza usciva, Heseltine disse: — Curioso…
— Cosa? — disse Carlsen.
— Oh, così… — Abbassò la voce. — Si dice che a Jamieson piacciano le ragazze molto giovani. In realtà è qualcosa di più che una voce. Pare che la sua ultima fiamma sia una studentessa di Anglesey.
— Ma non le porterebbe certo a Downing Street! Sarebbe troppo compromettente — disse Fallada.
— Lo penso anch’io. Voi cosa ne dite, Carlsen?
Carlsen stava guardando dalla finestra, con aria assorta. Alla domanda, alzò lo sguardo, sorpreso. — Scusate, non ho sentito — disse.
— Dicevamo che sarebbe strano se… — S’interruppe all’aprirsi della porta.
La ragazza disse: — Volete seguirmi, per favore? — e sorrise significativamente a Carlsen.
Salì svelta le scale davanti a loro. Dietro, Carlsen tenne gli occhi fissi sulle gambe snelle e nude sotto la gonna corta. Erano belle, e lui le apprezzava.
La ragazza li accompagnò nell’ufficio attiguo alla sala del Consiglio. Il Primo Ministro Jamieson era seduto alla scrivania. Con lui c’era un uomo sulla sessantina, con gli occhiali, intento a smistare la posta.
Jamieson disse: — Per il momento basta così, Morton. — Sorrise a Heseltine da sopra gli occhiali. — Dunque i nostri vagabondi sono tornati! Accomodatevi, signori. — C’erano già tre poltrone sistemate davanti alla scrivania. — Sigaretta? Oh, buttate quelle carte sul pavimento. Non dovrebbero essere qui. — Spinse verso di loro un portasigarette da tavolo. — Sono contento di rivedervi. Cominciavo a preoccuparmi. Qualche novità interessante?
Fallada disse: — Il Comandante Carlsen e io siamo andati in Svezia a consultare un esperto di vampiri.
— Davvero? Molto… molto interessante. — Il sorriso del Primo Ministro esprimeva insieme divertimento e noia. Jamieson guardò Heseltine e chiese: — Altre novità?
Heseltine diede un’occhiata a Carlsen. — Sì, signor Ministro — disse. — Sono lieto di potervi informare che abbiamo catturato uno degli alieni.
— Ah! Dite davvero?
L’educata espressione di sbalordimento parve così genuina che Carlsen ebbe un attimo di dubbio. Il Comandante si mise una mano in tasca e ne tolse la bobina con la registrazione.
— Posso? — disse. Si protese in avanti, infilò la bobina nel registratore posato sulla scrivania, e premette il pulsante d’ascolto. La voce della creatura aliena, fredda, controllata, disse: — Il nostro pianeta è completamente ricoperto d’acqua. E…
Tutti e tre osservavano Jamieson. Il Primo Ministro ascoltava con grande attenzione, il mento appoggiato alla mano destra il cui indice passava e ripassava lungo la linea della mascella. Dopo cinque minuti, Jamieson allungò la mano e spense il registratore.
— Davvero molto… come dire… molto notevole. Come avete localizzato questo… questo vampiro?
— L’esperto svedese ci ha insegnato come fare — disse Carlsen. — Gli abbiamo promesso di non rivelare il sistema.
— Capisco. E gli altri due alieni?
— Ne abbiamo rintracciato uno a New York, L’altro è qui a Londra.
— Come intendete trovarlo?
— Come primo passo bisognerebbe far trasmettere su tutte le reti questa registrazione perché il pubblico sia messo al corrente della loro esistenza. Ho fissato un’intervista alla televisione per questa sera alle dieci — disse Carlsen.
— Cosa? — Le folte sopracciglia di Jamieson si inarcarono in un’espressione di sorpresa. — Ma questa è una contravvenzione ai nostri accordi!
— Quando abbiamo fatto quell’accordo, voi credevate che gli alieni fossero morti — disse Carlsen. — Ora la situazione è diversa.
Jamieson batté la mano sulla scrivania. — Mi dispiace, signori, ma devo categoricamente proibire un’iniziativa simile!
Carlsen disse, calmo: — Vi prego di scusarmi, ma non potete impedire niente. Siete il Primo Ministro di questo paese, non il dittatore.
Jamieson sospirò. — Comandante, mi state facendo perdere tempo. — Così dicendo premette un pulsante rosso sul registratore. — Ora la bobina è cancellata.