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Seth posò delicatamente la mano sul seno della ragazza dai capelli scuri, poi la fece scorrere sfiorando tutto il corpo.

— Incredibile — disse.

Gerald disse: — Sì, sono molto belle. — Da quando i tre corpi erano lì, lui li aveva visti tutti i giorni. — La faccia dell’uomo è estremamente interessante.

Seth chiese: — Che età avranno?

— Chi lo sa! — rispose Gerald. E aggiunse: — Potrebbero essere più antichi della razza umana.

— Quale metodo usate per tentare di farli tornare in vita?

— È alquanto complicato, e non siamo sicuri di niente. Si tratta di rinforzare e alzare il campo lambda con integrazione in diretta…

— Potreste spiegarvi con parole più semplici? — chiese Seth.

Carlsen disse: — Vi lascio soli per cinque minuti, se permettete.

Andò nel suo ufficio e si mise in contatto con la sala proiezione. La sala comparve sul teleschermo. Era affollata e c’era gente anche in piedi. Sullo schermo di proiezione vide la “Stranger” debolmente illuminata dal sole.

Vide lo scafo allontanarsi nello spazio, come se la cinepresa spaziale stesse indietreggiando per l’inquadratura finale, poi lo schermo si spense e la gente cominciò ad alzarsi.

Chiamò l’ufficio del direttore. Sicuramente Bukowsky aveva visto quella proiezione appena il film era arrivato dalla “Vega”. La voce aspra di Bukowsky chiese: — Chi parla?

— Sono Carlsen.

— Olaf! È tutta il pomeriggio che vi cerco!

— Mi spiace, direttore. Mi sono addormentato al sole, a Hyde Park.

— Meno male che adesso siete qui. Sapete già le ultime notizie?

— Per sommi capi, direttore.

— Allora sentite. Là “Vega” è arrivata in vista della “Stranger” alle dieci e mezzo di questa mattina. La prima cosa che hanno visto è stato un grande buco in alto. Una meteora aveva colpito lo scafo come se fosse stata una palla di cannone. Che ne pensate?

— Strabiliante. Una coincidenza incredibile.

— È quello che penso anch’io. Voi non vi siete imbattuti in alcuna tempesta di meteore, no?

— Nessuna, Direttore. Altrimenti l’avremmo messo nel rapporto. Le piogge di meteore sono sempre associate alle comete, e in quella zona non c’era una cometa in un raggio di sessanta milioni di chilometri.

— Sì… sì… — Bukowsky detestava che gli si spiegassero le cose. — Allora, come può essere successo?

— Sarà stata una meteora sporadica. Ma le probabilità sono di una a un milione.

Bukowsky fece sentire un brontolio. — Proprio come dicevo. Ma naturalmente avremo pressioni per agire subito, appena la notizia sarà diffusa. Questo lo sapete, vero? Ve la sentireste di andare in televisione questa sera e di spiegare che c’è una sola probabilità su un milione…

— Certo, se è necessario.

La porta alle spalle di Bukowsky si aprì e Carlsen vide entrare varie persone, che riconobbe come consulenti dell’Istituto. Bukowsky gli disse: — Sarà mèglio che veniate su subito. Quanto ci mettete ad arrivare?

— Sarò lì fra cinque minuti — rispose Carlsen.

— Facciamo due — disse Bukowsky, e chiuse la comunicazione. Carlsen guardò l’orologio. — Al diavolo — disse. Doveva rimandare l’intervista con Seth Adams.

Premette il tasto che lo metteva in comunicazione con il laboratorio. La sala era vuota. Si collegò allora con la stanza dei campioni. Lì non c’era teleschermo, ma esisteva un sistema visivo e un collegamento di altoparlanti.

Seth Adams era solo. Carlsen fece per parlargli ma qualcosa lo trattenne: Adams stava attraversando la stanza a passi furtivi, come un gatto che si avvicina a una preda. Carlsen si ricollegò col laboratorio, cercando Pike, ma l’assistente non c’era. Premette allora il tasto del custode.

— Avete visto uscire Gerald Pike, l’assistente di laboratorio?

— Sì, Comandante. È uscito un paio di minuti fa.

Dunque, Seth Adams era solo almeno da cinque minuti. Si ricollegò con la stanza dei campioni. Come sospettava, Adams aveva riaperto uno dei cassetti, quello con l’uomo, e tolta di tasca una specie di penna l’appoggiò all’occhio. Era una macchina fotografica! Una di quelle macchine miniaturizzate che nel ventesimo secolo venivano usate dalle spie. Carlsen avrebbe dovuto immaginare che un cronista inviato ne avesse una.

Era inquieto. Seth Adams non gli piaceva, ma aveva voluto fare uno sforzo per aiutarlo. Era arrivato persino a provare una specie di complice entusiasmo all’idea di quel servizio speciale di straforo. E adesso, addio intervista! Quello stupido si era rovinato da solo. Appena Bukowsky avesse saputo della cosa l’avrebbe fatto licenziare dal giornale. Altro che carriera!

Impietrito, osservò Seth che rispingeva a posto il cassetto e ne faceva uscire un altro. Fu tentato di schiarirsi la gola e con quel rumore, dall’altoparlante, farlo spaventare. O doveva forse far finta di niente e lasciare che se ne andasse con le fotografie? Sarebbe stato facile ottenere che il giornale non le usasse.

Adams fotografò la ragazza bionda, richiuse il cassetto, aprì il terzo cassetto, scattò una foto e rimise la penna nel taschino. Poi si raddrizzò e fece un sospiro di sollievo che arrivò fino a Carlsen, si guardò intorno, e andò in punta di piedi a sbirciare dalla porta. Quindi tornò al cassetto e guardò la ragazza. La base del cassetto era all’altezza delle ginocchia di Seth. Lui si chinò a toccare il seno della ragazza, le accarezzò la faccia e le sfiorò le labbra con la punta delle dita. Infine si inginocchiò. Carlsen sentì che era venuto il momento di intervenire.

Andò alla porta con l’intenzione di sbatterla, in modo che l’altoparlante trasmettesse il rumore. Aperta la porta si fermò. Vedeva Adams di spalle, chino sul cassetto, ma la posa aveva qualcosa di innaturale. Colto da un’intuizione improvvisa, tornò davanti al teleschermo. Adams aveva la testa dentro il cassetto e la sua faccia era premuta su quella della ragazza. Il resto del corpo si inarcava scosso da tremiti. Carlsen lo chiamò, e le spalle del giovane ebbero un sussulto più violento. Poi s’irrigidì. Restò così a lungo. Infine, lentamente, il corpo di Seth Adams si afflosciò e cadde all’indietro. Una mano apparve sull’orlo del cassetto. Dapprima incerta, come chi si sveglia da un sonno profondo, la ragazza si tirò su a sedere. Si guardò in giro, ignorando il corpo di Seth sul pavimento, e mise le gambe giù dall’orlo del cassetto, come se stesse alzandosi da un letto.

L’altro teleschermo diede un segnale. La voce di Bukowsky disse: — Carlsen, siete ancora lì?

Carlsen non rispose. Corse alla porta. La cabina dell’ascensore era aperta. Pochi secondi dopo correva nel corridoio del piano inferiore verso il laboratorio. Non pensava tanto al pericolo quanto a Violet Mapleson, e sperava che Seth fosse soltanto svenuto.

Il laboratorio era vuoto. Corse alla stanza dei campioni. La prima cosa che vide fu Seth Adams sul pavimento. Poi vide la ragazza distesa nel cassetto, come l’aveva vista l’ultima volta, gli occhi chiusi. Guardò la faccia di Seth, e indietreggiò. Non era più la stessa faccia, quello non era più il corpo di Seth. Cos’era successo? Le labbra si erano ritratte lasciando scoperti i denti che apparivano giallognoli, e le labbra stesse erano grigiastre e screpolate. Sembrava che tutta la faccia fosse coperta da una ragnatela grigia, invece era la pelle che si era raggrinzita e ritirata, tutta una ruga. Era la faccia di un uomo vecchissimo. E mentre Carlsen guardava, strabiliato, i capelli da neri diventarono grigi… E le mani che uscivano dalle maniche ora troppo ampie erano anch’esse rugose, e la pelle lucida, come se si fosse trasformata in una pellicola di celluloide grigiasta.

Carlsen colse un movimento nel cassetto. La ragazza aveva aperto gli occhi e lo stava guardando. Era viva, non c’era dubbio. Tutto il suo corpo sembrava radiare un chiarore morbido. Gli sorrise dolcemente, come un bambino che si stesse svegliando. Lui la guardò, provando un senso di meraviglia che sembrava diffondersi a ondate. Era qualcosa che non aveva mai immaginato di vedere, una memoria annidata lontano nell’infanzia e che non aveva lasciato traccia nel suo io cosciente. Qualcosa collegata, gli pareva, con alberi, e acqua che scorre, e una fata, spirito dell’acqua, che era anche sua madre. Accanto a quella donna, tutte le donne del mondo erano grezze, rozze, brutte copie semimascoline. Sentì la sua faccia tremare come per la voglia di piangere. Fece scorrere lo sguardo sul corpo della ragazza, ma non provò desiderio, solo meraviglia per la sua bellezza.