Guardò la ragazza silenziosa, ma lei continuò a contemplare muta lo stagno.
Nessun altro parlò, e Alder trovò quel silenzio insopportabile. — Se sono un portatore di rovina, dovete mandarmi via! — sbottò.
Il mago Onice parlò, non imperioso ma in tono conclusivo. — Se Roke ti ha mandato a Gont, e Gont ti ha mandato a Havnor, Havnor è il luogo in cui è giusto che tu sia.
— Molte teste diluiscono il pensiero — commentò Tosla, sardonico.
Lebannen intervenne. — Accantoniamo i sogni per un poco. Il nostro ospite deve sapere quale fosse la causa della nostra preoccupazione prima del suo arrivo… il motivo per cui ho pregato Tenar e Tehanu di venire, all’inizio dell’estate, e ho convocato Tosla, in viaggio in mare. Vuoi dire ad Alder di che si tratta, Tosla?
Il capitano dalla faccia scura annuì. Il rubino all’orecchio scintillò come una goccia di sangue.
— Si tratta dei draghi — spiegò. — Ormai da qualche anno, nella Distesa Ovest, si spingono nelle fattorie e nei villaggi di Ully e Usidero, volando bassi, afferrando i tetti delle case con gli artigli, scuotendoli, terrorizzando la gente. Nelle Toringates, sono arrivati due volte nel periodo del raccolto, incendiando i campi con il loro fiato, bruciando pagliai e tetti. Non hanno colpito le persone, però è morta della gente negli incendi. Non hanno attaccato le case dei signori di quelle isole, in cerca di tesori, come facevano negli anni oscuri, ma solo i villaggi e i campi. La stessa notizia è giunta da una nave mercantile che era scesa a sud-ovest fino a Simly per imbarcare un carico di grano: erano arrivati dei draghi e avevano bruciato le messi proprio nel momento della mietitura… Poi, l’inverno scorso, a Semel, due draghi si sono posati sulla vetta del vulcano, il monte Andanden.
— Ah! — esclamò Onice, e all’occhiata interrogativa del re: — Il mago Seppel di Paln dice che quella montagna era un luogo sacro per i draghi, un luogo dove andavano a bere fuoco dalla terra nei tempi antichi.
— Ebbene, sono tornati — disse Tosla. — E calano dal cielo a tormentare greggi e mandrie che sono la ricchezza di quella gente, senza far male alle bestie ma spaventandole e facendole fuggire dappertutto. La gente dice che sono draghi giovani, neri e smilzi, che non hanno ancora molto fuoco… E a Paln adesso ci sono draghi che vivono nelle montagne della parte nord dell’isola, una zona selvaggia senza fattorie. I cacciatori andavano là in cerca di pecore selvatiche o per catturare falchi da addomesticare, ma sono stati costretti a smettere a causa dei draghi, e adesso nessuno si avvicina più alle montagne. Il tuo amico mago di Paln ne ha forse sentito parlare?
Onice annuì. — Dice che sulle montagne sono stati visti stormi di draghi, quasi fossero stormi di oche selvatiche.
— Tra Paln e Semel, e l’isola di Havnor, c’è solo il mare Pelnico — osservò il principe Sege.
Alder stava pensando che c’erano meno di cento miglia da Semel alla sua isola natia, Taon.
— Tosla, con la sua nave, la Stern, era partito alla volta del Tratto dei draghi — disse il re.
— Ma sono riuscito appena a giungere al largo della più orientale di quelle isole, prima che uno sciame di quei bestioni mi attaccasse — raccontò Tosla, con un sogghigno. — Mi hanno molestato come fanno con mandrie e greggi, calando a strinarmi le vele finché non ho invertito la rotta e sono tornato indietro in fretta e furia. Ma questa non è una novità.
Onice annuì di nuovo. — Nessuno che non fosse un signore dei draghi ha mai solcato il Tratto dei draghi.
— Io l’ho fatto — disse il re, e di colpo sorrise, un largo sorriso innocente. — Però ero con un signore dei draghi… Ebbene, ho pensato ad allora. Quando ero nella Distesa Ovest con l’arcimago, in cerca di Cob il negromante, oltrepassammo Jessage, che è ancor più all’esterno di Simly, e là si vedevano dei campi bruciati. E nel Tratto dei draghi, vedemmo draghi che lottavano tra loro e si uccidevano come animali rabbiosi.
Dopo alcuni istanti, il principe Sege fece: — Non è possibile che alcuni di quei draghi non siano guariti dalla loro pazzia in quel periodo funesto?
— Sono trascorsi più di quindici anni — disse Onice. — Ma i draghi vivono molto a lungo. Forse il tempo passa diversamente per loro.
Alder notò che il mago, mentre parlava, lanciava occhiate a Tehanu, che continuava a tenersi in disparte vicino allo stagno.
— Tuttavia, solo negli ultimi due anni hanno attaccato le persone — disse il principe.
— Non lo hanno fatto — replicò Tosla. — Se un drago volesse distruggere la gente di una fattoria o di un villaggio, chi potrebbe impedirglielo? Hanno attaccato i mezzi di sostentamento della gente. I raccolti, il fieno, il bestiame. Stanno dicendo: "Andatevene. Via dall’Ovest!".
— Ma perché lo dicono con il fuoco, con la devastazione? — domandò il mago. — Sanno parlare! Parlano la Lingua della creazione. Morred ed Erreth-Akbe parlavano con i draghi. Il nostro arcimago parlava con loro.
— Quelli che vedemmo nel Tratto dei draghi — intervenne il re — avevano perso la capacità di parlare. La breccia aperta da Cob nel mondo li stava privando del loro potere, come ci privava del nostro. Solo il grande drago Orm Embar venne da noi e parlò all’arcimago, dicendogli di andare a Selidor… — S’interruppe, gli occhi rivolti molto lontano. — E perfino Orm Embar fu privato della favella, prima di morire. — Distolse di nuovo lo sguardo da loro, con una strana luce sul volto. — Fu per noi che Orm Embar morì. Ci aprì la via per entrare nella terra di tenebra.
Tacquero tutti per un po’. La voce sommessa di Tenar ruppe il silenzio. — Una volta Sparviere mi ha detto… vediamo se riesco a ricordare le parole esatte… che il drago e la lingua del drago sono una cosa sola, un’unica realtà. Che un drago non impara la Vecchia lingua, ma è la lingua stessa.
— Come una sterna è volo. Come un pesce è nuoto — disse lentamente Onice. — Sì.
Tehanu stava ascoltando, immobile vicino allo stagno. La guardarono tutti, adesso. L’espressione sul volto di sua madre era ansiosa, urgente. La ragazza girò il capo dall’altra parte.
— Cosa bisogna fare perché un drago parli con noi? — disse il re. Lo disse con leggerezza, come se fosse una facezia, ma la domanda fu seguita da un altro silenzio. — Be’, è qualcosa che mi auguro possiamo scoprire… Ora, maestro Onice, visto che si parla di draghi, vuoi raccontarci la tua storia della ragazza che venne alla scuola di Roke, perché nessuno tranne me l’ha sentita.
— Una ragazza nella scuola! — esclamò Tosla, con un sorriso beffardo. — Le cose sono cambiate a Roke!
— Sono cambiate davvero — disse il mago, lanciando una lunga occhiata fredda al marinaio. — Accadde circa otto anni fa. La ragazza veniva da Way, travestita da maschio, voleva studiare l’arte magica. Naturalmente, il suo misero travestimento non ingannò il portinaio. Tuttavia egli la lasciò entrare, e prese le sue parti. Allora la scuola era diretta dal maestro evocatore… l’uomo… — esitò un attimo — l’uomo che, come vi ho detto, ho sognato la notte scorsa.
— Raccontaci qualcosa di quell’uomo, se vuoi, maestro Onice — disse il re. — Era Thorion, colui che ritornò dalla morte?
— Sì. Quando l’arcimago era partito ormai da tempo e non si avevano sue notizie, cominciammo a temere che fosse morto. Così l’evocatore usò le sue arti per andare a vedere se avesse davvero oltrepassato il muro. Rimase là a lungo, e i maestri cominciarono a temere anche per lui. Ma alla fine lui si destò, e disse che l’arcimago era là tra i morti, e non sarebbe tornato, ma aveva ordinato a Thorion di tornare e governare Roke. Poco dopo, però, il drago ci riportò l’arcimago vivo, insieme al nostro signore Lebannen… Poi, quando il primo fu partito di nuovo, l’evocatore cadde e giacque come se la vita lo avesse abbandonato. Il maestro erborista, con tutta la sua arte, lo credette morto. Ma mentre ci apprestavamo a seppellirlo, l’evocatore si mosse, e parlò, dicendo che era tornato in vita per fare ciò che bisognava, fare. Così, poiché non eravamo capaci di scegliere un nuovo arcimago, Thorion l’evocatore governò la scuola. — Onice fece una pausa. — Quando arrivò la ragazza, sebbene il portinaio l’avesse lasciata entrare, Thorion non le consentì di stare nella scuola. Non voleva avere nulla a che fare con lei. Ma il maestro strutturatore la portò al Bosco immanente, e lei vìsse là per qualche tempo ai margini degli alberi, e camminò con lui tra di essi. Lo strutturatore, il portinaio, l’erborista e Kurremkarmerruk il nominatore, pensavano che se la ragazza era venuta a Roke, dovesse esserci una ragione, che fosse un messaggero o un agente di qualche grande evento, pur se lei stessa non lo sapeva; e così la protessero. Gli altri maestri seguirono Thorion, che sosteneva che la ragazza portava solo discordia e rovina e andava cacciata. Io ero uno studente, allora. Era doloroso per noi sapere che i nostri maestri, senza una guida, litigavano.