Tutti quei consiglieri erano stati scelti dal sovrano. Al termine di un periodo di due o tre anni, Lebannen chiedeva loro di rimanere in carica o li ringraziava e li mandava a casa onorati, sostituendoli. Tutte le leggi e le tasse, tutti i giudizi sottoposti all’attenzione del trono, venivano discussi dal sovrano con loro. I consiglieri votavano poi la proposta del re, che veniva approvata solo con il consenso della maggioranza. Alcuni dicevano che i consiglieri non erano altro che i favoriti e le marionette del sovrano, e avrebbe potuto essere davvero così. Il re, di solito, aveva partita vinta se sosteneva con insistenza la propria tesi. Spesso non esprimeva alcuna opinione, e lasciava che fosse il consiglio a decidere. Molti consiglieri avevano scoperto che se avevano fatti sufficienti a sostegno di quello che propugnavano e li presentavano con un ragionamento valido, potevano influenzare gli altri e addirittura persuadere il sovrano stesso. Così i dibattiti nelle varie divisioni e corpi speciali del consiglio erano spesso molto accesi, e anche in seduta plenaria parecchie volte le proposte di Lebannen erano state osteggiate, discusse, e respinte ai voti. Era un buon diplomatico, ma un politico mediocre.
Riteneva che il consiglio fosse uno strumento utile, un mezzo rispettato dai potenti. Il popolo non prestava molta attenzione al consiglio, invece. La gente comune volgeva la propria attenzione e le proprie speranze alla persona del sovrano. C’erano mille lai e ballate sul figlio di Morred, il principe che a dorso di drago tornava dalla morte ai lidi del giorno, l’eroe di Sorra, che brandiva la spada di Serriadh, il sorbo rosso, l’alto frassino di Enlad, l’amato re che governava nel segno della pace. Ma era arduo comporre canti che celebrassero consiglieri che discutevano di tasse.
Non celebrati, dunque, i consiglieri entrarono nella sala e presero posto sulle panche imbottite di fronte al trono privo di cuscini. Si alzarono di nuovo quando il re fece il suo ingresso. Con lui c’erano la donna di Gont — che la maggior parte di loro aveva già visto, e quindi la sua comparsa non suscitò alcuna agitazione — e un uomo magro in nero stinto. — Sembra uno stregone di campagna — disse un mercante di Kamery a un maestro d’ascia di Way, che rispose: — Indubbiamente — con un tono rassegnato e indulgente. Il re era amato anche da molti consiglieri, o almeno apprezzato; in fin dei conti, aveva conferito loro del potere, e anche se non si sentivano in obbligo di essergli riconoscenti, rispettavano il suo giudizio.
L’anziana signora di Ebea arrivò trafelata in ritardo, e il principe Sege, che presiedeva al protocollo, invitò i consiglieri ad accomodarsi. Tutti si sedettero. — Udite il re — disse Sege, e tutti ascoltarono.
Lebannen informò l’assemblea — e molti di loro erano ancora all’oscuro dell’accaduto — dell’attacco dei draghi nella parte ovest di Havnor, e di come fosse partito con la donna di Gont, Tehanu, per andare a parlamentare con loro.
Li tenne sulle spine mentre parlava degli attacchi iniziali dei draghi nelle isole occidentali, e raccontò loro brevemente la storia di Onice, della ragazza trasformatasi in drago sul poggio di Roke, e ricordò loro che Tehanu era considerata figlia da Tenar dell’Anello, da colui che un tempo era arcimago di Roke, e dal drago Kalessin, sul dorso del quale il re stesso era tornato da Selidor.
Infine raccontò quanto era successo tre giorni addietro, all’alba, al valico nei monti Falierns.
Terminò dicendo: — Quel drago ha portato il messaggio di Tehanu a Orm Irian, a Pal, e Orm Irian dovrà compiere il lungo viaggio in volo da Paln a qui, oltre trecento miglia. Ma i draghi sono più veloci di qualsiasi nave, anche delle navi spinte dal vento magico. Dunque, può arrivare in qualunque momento.
Il principe Sege fece la prima domanda, sapendo che il sovrano l’avrebbe gradita. — Cosa speri di ottenere, mio signore, parlamentando con un drago?
La risposta fu pronta. — Più di quel che possiamo ottenere cercando di combatterlo. È arduo dirlo, ma è la verità: contro la collera di quelle grandi creature, se davvero dovessero attaccarci, numerosi o meno, non disponiamo di alcuna vera difesa. I nostri saggi ci dicono che esiste forse un luogo in grado di resistere ai draghi, l’isola di Roke. E a Roke c’è forse un uomo capace di affrontare la collera di un drago senza essere annientato. Quindi, dobbiamo cercare di scoprire la causa della loro collera e, eliminandola, fare la pace con loro.
— Sono animali — disse il vecchio signore di Felkway. — Gli uomini non possono ragionare con gli animali, fare la pace con loro.
— Non abbiamo forse la spada di Erreth-Akbe, che uccise il Grande drago? — gridò un giovane consigliere.
Un altro consigliere replicò subito: — E chi uccise Erreth-Akbe?
Il dibattito nelle assemblee del consiglio tendeva a essere turbolento, sebbene il principe Sege facesse osservare le regole con rigore, non permettendo a nessuno di interrompere gli altri o di parlare per più dei due minuti di clessidra concessi. Chi continuava a ciarlare o a borbottare veniva zittito dal principe, che batteva il suo bastone dal puntale d’argento e passava la parola al prossimo consigliere che aveva chiesto di intervenire. Così, discussero e gridarono a ritmo serrato, e tutte le cose che andavano dette e molte cose che non era necessario dire furono approvate, respinte o ripetute. Perlopiù, il consiglio sosteneva la necessità di entrare in guerra, combattere i draghi e sconfiggerli.
— Una squadra di arcieri su una nave da guerra del re potrebbe abbatterli come fossero anatre — sbraitò un focoso mercante di Wathort.
— Dobbiamo strisciare davanti a bestie prive di intelligenza? Non ci sono più eroi tra noi? — domandò l’imperiosa signora di Otokne.
Al che, Onice ribatté secco: — Prive di intelligenza? Parlano la Lingua della creazione, nella conoscenza della quale risiedono la nostra arte e il nostro potere. Sono bestie al pari di noi. Gli uomini sono animali che parlano.
Il capitano di una nave, un vecchio che aveva viaggiato in lungo e in largo, disse: — Allora, non siete voi maghi quelli che dovrebbero parlare con loro? Dato che conoscete la loro lingua, e forse avete i loro stessi poteri? Il re ha parlato di una giovane incolta trasformatasi in drago. Ma i maghi possono assumere quella forma quando vogliono. I maestri di Roke non potrebbero trattare con i draghi o combatterli, se necessario, ad armi pari?
Il mago di Paln si alzò. Era un uomo basso, con una voce bassa. — Assumere la forma significa essere quella creatura, capitano — disse garbato. — Un mago può assumere le sembianze di un drago. Ma il vero cambiamento è un’arte rischiosa. Specialmente adesso. Un piccolo cambiamento in mezzo a grandi cambiamenti è come un soffio contro il vento… Ma abbiamo qui tra noi una persona che non ha bisogno di ricorrere all’arte, e tuttavia può parlare per noi ai draghi meglio di qualsiasi uomo. Se vorrà parlare per noi.