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C’era Charlie Sanger, che era immerso nella lettura di un western.

«È successo qualcosa, Charlie?» gli chiesi.

«No. E credo che non succederà niente.»

Sospirai; era precisamente quello che mi aspettavo. «Va bene, Charlie,» dissi. «In ogni modo, mi fermerò un poco da Cass. Tanto vale ammazzare il tempo là. E, se mi promettete di avvertirmi se succede qualcosa, non avrò più bisogno di venire a disturbarvi.»

«Certo, Bob. Ma non trattenete il fiato fino a quando non mi metto in comunicazione con voi. Non succederà niente stanotte. La città è più morta che mai.»

«Grazie, Charlie.»

Attraversai la strada ed entrai da Cass. Non mi sentivo certo soddisfatto di me. Forse, dopo tutto, la professione del cronista non era bella come avevo immaginato.

Cass era solo. «Lieto di vedervi, Bob,» disse, e sembrava sincero. «Statemi a sentire, prima di prepararvi il solito voglio farvi una proposta.»

«Purché non sia una proposta sconcia.»

Rise. «La sera mi ha l’aria di essere morta, e stavo pensando di chiudere e di andare a Bisbee e a Naco, se trovavo qualcuno che veniva con me. Sono ormai sei mesi che non usciamo più assieme. Che ve ne sembra?»

«Una proposta simpatica, ma sono più o meno di servizio fino alle dieci. Non che mi ammazzi di lavoro, ma devo tenere i contatti con la polizia fino all’ora in cui Tom Acres chiude, nel caso che succeda qualcosa.»

«Bene, non è troppo tardi per partire. E se tenessi aperto fino alle dieci e poi ce la battessimo?»

Mi sentivo tentato, ma ricordai quanto poco avevo dormito la notte precedente. Se fossimo andati al Messico, non mi sarei certo coricato più presto quella sera… e l’indomani era per me una normale giornata di lavoro.

«Temo proprio di non poter venire stasera, Cass. Ma, se volete andare da solo, o se trovate qualcun altro che vi accompagna, me la batto non appena decidete di partire. Posso ammazzare il tempo al Filone.»

Cass scosse la testa. «Lasciamo perdere. Era semplicemente un’idea che mi era balenata, così. Whisky e acqua?»

Annuii. «Ma lo farò durare per un pezzo. Non voglio bere in fretta ed essere cotto per le dieci. Però non ci guadagnerete certo molto se tenete aperto solo per me.»

Sorrìse. «E nemmeno ci guadagnerei molto se vi portassi al Messico. Non preoccupatevi; verranno altri clienti più tardi. Non sono ancora le sette e mezzo.»

Mi riempì il bicchiere e continuò: «Ora che ci penso, lo scaffale qui ha bisogno di rifornimenti. Scusatemi, ma devo andare a prelevare dal ripostiglio qualche bottiglia.»

Mi misi a sedere davanti al bicchiere e mi guardai nello specchio dietro al banco. Cercando di pensare a qualcosa su cui riflettere.

Bene, c’era quel misterioso avviso della polizia per… come si chiamava?… James Norcutt… che avevo trovato nella cassaforte di Hetherton. Impossibile che avesse qualcosa a che vedere con l’assassinio di Amy Waggoner. Pure, non ci sarebbe stato niente da perdere a chiedere a McNulty se aveva mai sentito parlare di un certo Norcutt. Non quella sera, naturalmente, anche se ero alla disperata ricerca di qualcosa d’altro da trasmettere a Tom. Ma non potevo certo disturbarlo a casa per rivolgergli una domanda che, uno contro un milione, avrebbe ottenuto una risposta negativa.

Cass ricomparve, carico di bottiglie, e cominciò a disporle in ordine sugli scaffali del banco.

«Cass,» dissi, «avete mai sentito nominare un certo James Norcutt?»

Si voltò quando cominciai a parlare, e quando pronunciai il nome mi stava guardando dritto in faccia. Notai sul suo viso un’espressione prima sbalordita e poi rigida, e in quella frazione di secondo seppi chi era James Norcutt, ricercato per rapina a mano armata a Hoboken. Era cambiato molto in quegli anni, ma restava pur sempre qualche somiglianza. Il suo viso era più pieno, ed egli doveva essersi appesantilo; i dati segnaletici davano per James Norcutt soltanto settantotto chili, mentre Cass doveva superare gli ottantacinque. E i suoi capelli erano dritti, tagliati cortissimi, di un grigio ferro; quelli di Norcutt erano stati lunghi e neri, pettinati accuratamente all’indietro. Ma il colore dei suoi occhi non era cambiato, e la sua altezza, uno e ottantasette, era sempre la stessa. E certo anche le impronte digitali avrebbero corrisposto.

Pure era cambiato moltissimo, e forse non avrei mai immaginato la verità se non si fosse voltato verso di me e se non avessi notato quell’improvviso mutamento della sua espressione quando avevo pronunciato il nome. Se avesse ritrovato la sua aria normale prima di voltarsi e avesse detto: «No, chi è?» con ogni probabilità non lo avrei ricollegato a quella fotografia.

Ma le cose erano andate come erano andate, io sapevo… e lui sapeva che io sapevo.

Con un sospiro aprì il cassetto del banco e sollevò la destra che impugnava una rivoltella. Disse, con voce calma: «Mi spiace, Bob. Non muovetevi da quello sgabello.»

Conoscevo quella rivoltella, perchè una volta avevamo parlato di armi ed egli me l’aveva mostrata. Una piccola e tozza Colt-Cobra dalla canna corta, calibro 9. E sapevo che la teneva sempre carica.

Fece il giro del banco e abbassò la saracinesca che recava all’esterno la scritta «Chiuso», tenendo la rivoltella nascosta sotto il grembiale, in modo che chi guardasse dentro per caso non potesse vederla. Diede un giro di chiave ed abbassò anche le saracinesche delle vetrine. Poi tornò dietro al banco e fece scattare alcuni interruttori; le luci si spensero, salvo quella che teneva sempre accesa come lampada per la notte.

Poi venne a mettersi accanto a me. Non avevo ancora detto niente, non ero riuscito a trovare una sola parola da dire.

Disse: «Dobbiamo chiacchierare un poco, noi due. Andiamo in uno scomparto. Prendete pure il bicchiere, se volete.»

Mi alzai, ma lasciai il bicchiere dov’era. Non avevo nessuna voglia di bere, fosse pure per l’ultima volta in vita mia. Dissi: «Cass, non vi gioverà certo di uccidermi.»

«È precisamente di questo che dobbiamo discutere. Mettetevi a sedere.»

Scivolai in uno scomparto, e Cass prese posto davanti a me. Teneva in grembo la rivoltella stretta in pugno, forse perchè aveva paura che cercassi di strappargliela, mentre un’idea del genere non mi passava neppure per la testa. Sapevo che, in un corpo a corpo con Cass, non sarei mai riuscito ad avere la meglio, anche se fosse stato disarmato.

Mi chiese: «C’è qualcun altro che sa?»

«Sì. Una persona almeno, e probabilmente due. Così, vedete anche voi che non vi servirebbe a niente di…»

«Chi?»

Scossi la testa decisamente. «Cass, non ho nessuna intenzione di dirvelo. Se ve lo dicessi, potreste uccidere me ed avere la possibilità, sia pure remota, di cavarvela. Almeno sapreste chi altro dovreste uccidere oltre a me.»

Brontolò e mi fissò per qualche istante, riflettendo. Disse: «Eravate nella stanza di Amy questo pomeriggio, ho sentito che ne parlavate con Mac. Potreste aver trovato là l’avviso della polizia, anche se io non sono riuscito a trovarlo, ed è mancato poco che, per cercarlo, sfasciassi tutto. E in questo caso… Ehi, in piedi!»

Un poco perplesso, mi alzai. Continuò: «Vuotate tutte le tasche sulla tavola e poi rovesciatele. Se lo avete trovato là e lo avete ancora addosso, è probabile che mentiate quando dite che altri sono al corrente.»

«Va bene,» dissi, mentre cominciavo a fare quanto mi era stato ordinato. «Ma non l’ho trovato, e nemmeno visto, al motel.» Terminai di vuotare le tasche. «Ecco, questo è tutto.»

Non volle correre rischi. Appoggiò la rivoltella dove lui avrebbe potuto raggiungerla ed io no, e fece un rapido controllo. Frugò persino nel mio portafogli, per accertarsi che non avessi infilato là dentro l’avviso ripiegato.

Sospirò. «E va bene. Rimettete tutto in tasca e sedete.»