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Dissi: «Farò meglio a telefonare a Hetherton per avvertirlo di quanto sta succedendo. Andiamo in macchina questa sera e sono ormai quasi le sei.»

«Va bene, telefonategli. Ma restate qui, voi.»

Mi stavo già dirigendo verso l’ufficio del motel, quando il tono della voce di McNulty mi convìnse a voltarmi. «Certo, Mac. Voglio restare, io. Ma perchè me lo dite come se sì trattasse di un ordine?»

«Perchè non vi ho ancora interrogato, e voglio farlo dopo l’arrivo dello sceriffo. Fino a questo momento, voi e Birdie siete i due unici testimoni.»

Ero perplesso. «Non capisco, Mac. Siamo testimoni perchè siamo entrati con voi. Non abbiamo visto niente che voi non abbiate visto.»

«Non intendo testimoni per ciò che riguarda il ritrovamento del cadavere. Parlo dei vostri rapporti con lei, delle cose che può avervi detto e che la riguardavano, roba del genere, insomma.»

Replicai, paziente: «Non avevo rapporti con lei, salvo quelli di cui vi ho già parlato. E non mi ha detto niente che la riguardasse o riguardasse il suo passato… salvo che veniva da Kansas City. Molti a Mayville la conoscono meglio di quanto la conoscessi io.»

«E li interrogheremo tutti. Ma anche voi venite da Kansas City, vero? E avete un alibi per la notte scorsa?»

Sospirai. «Kansas City è più grande di Mayville. No. Non conoscevo Amy laggiù. E non ho alibi per la notte scorsa. Sono andato a letto piuttosto presto, fra le dieci e le undici.»

«Comunque, restate qui.»

Risposi che andava bene; dopo tutto era quello che desideravo, e allora perchè lui insisteva tanto? Se Mac mi giudicava sospetto, che la pensasse pure così. L’idea dei sospetti mi richiamò alla memoria quello che Birdie mi aveva appena detto a proposito di Herbie Pembrook: che cioè aveva visto Amy «nuda come un verme». Ed Herbie era un idiota, il che, se non bastava a farlo apparire un assassino, era pur sempre sufficiente a renderlo più sospetto di me.

Dissi: «Birdie, ripetete a Mac quello che mi avete raccontato a proposito dello spogliarello di Amy… e dello sbalordimento di Herbie.»

Birdie stava incominciando a raccontare la storia quando mi diressi verso l’ufficio.

Chiamai il Sun e mi rispose la voce aspra di Hetherton. Dissi: «Parla Spitzer dall’ufficio di Birdie. È una grossa faccenda, certo. Amy Waggoner è stata assassinata, stanotte o nelle prime ore di stamane. Volete prendere qualche appunto?»

«No, venite qui e buttate giù quello che sapete. Se si tratta di un assassinio, me ne interesso io. Rientrate subito.»

«Mac non vuole che mi allontani, dice che devo aspettare l’arrivo dello sceriffo, per l’interrogatorio. A quanto sembra, mi considera un elemento sospetto.»

Hetherton sbuffò, o fece quanto di più simile a un rumore sbuffante può permettersi un uomo del suo temperamento. «Dite a McNulty che vi ho ordinato di rientrare. Se non gli va l’idea, ditegli di telefonarmi. È un ordine, Spitzer.»

E un secco suono metallico mi echeggiò all’orecchio.

Tornai da Birdie e da McNulty e ripetei a McNulty quello che Hetherton mi aveva detto. Anche lui sbuffò, ma sbuffò davvero, non in maniera educata, come il mio padrone. Poi disse: «Va bene, potremo interrogarvi più tardi. Battetevela.» Ritrovò la sua calma, infilò le mani in tasca, pescò fuori le chiavi della macchina e me le tese. «Prendete la mia auto. Io tornerò con quella dello sceriffo.»

Lo ringraziai e mi misi al volante. Rientrai in fretta, parcheggiai la macchina ed entrai negli uffici del Sun.

Hetherton era alla sua scrivania, perfettamente vestito con camicia bianca dal collo inamidato e cravatta. Era il suo solito abbigliamento di tutto l’anno, in ufficio e fuori, anche quando, d’estate, c’erano quaranta gradi. Avevo cominciato anch’io ad imitarlo, fino a quando non avevo imparato che a Mayville tutti si vestivano il più comodamente possibile non solo con il caldo ma anche con una temperatura normale.

«Come è stata uccisa?» mi chiese.

Glielo dissi, assieme alle altre poche cose che sapevo.

Annuì. «Scrivete tutto. Ma lasciate fuori Herbie Pembrook. È un tipo innocuo, e non significa nulla che l’abbia guardata dalla finestra una volta. La colpa era della signora Waggoner, non sua.»

Non avevo voglia di discutere con lui, e così mi limitai a rispondere: «Va bene. E Bisbee? Devo telefonare a Tom Acres?»

«Sì, ma scrivete quella roba prima.»

Uscì, ed io andai a sedere alla scrivania e infilai un foglio nel rullo della macchina. Misi anche un foglio di carta carbone per poter portare l’originale in tipografia non appena avessi finito ed avere anche una copia da leggere quando avessi telefonato a Bisbee.

Il Sun aveva un accordo con il quotidiano di Bisbee, la Gazette, e con Tom Acres, il suo redattore capo. Il Sun non aveva telescrivente, e, dato che il novanta per cento dei suoi interessi sono locali, ne poteva fare a meno grazie a questo accordo. Quando a Mayville succede qualcosa di abbastanza importante da interessare il giornale di Bisbee, telefoniamo a Tom e gli trasmettiamo l’articolo. Egli se ne serve e, se è abbastanza importante da interessare anche altrove, lo passa alla telescrivente. E quando, in qualche altro posto, capita qualcosa che può interessarci, ci telefona lui, bene inteso se l’avvenimento capita di giovedì, il nostro giorno di chiusura; in caso contrario, lo preleviamo tale e quale dal suo giornale. Non so se questi scambi comportano un passaggio di denaro, ma ne dubito. Il nostro bilancio di dare e avere con Tom Acres è press’a poco pari.

Battei in fretta l’articolo, lo rilessi e mi parve buono. Portai l’originale a Waldo — uno dei due tipografi della linotype; l’altro si interessa più alla composizione a mano ed al lavoro di stampa vero e proprio -; tornai alla mia scrivania e sollevai il ricevitore.

Riconobbi la voce che disse: «Numero, prego?» ed allora feci: «Salve, cara.»

«Salve, Bob. Vuoi un numero, o…»

«Tom Acres, pagamento in arrivo. Ma un momento, Doris, prima di passarmi la comunicazione. Esci a mezzanotte stasera?»

«Sì, ma è piuttosto tardi, Bob, e sarò stanca, e…»

«Un momento, prima di rispondere di no. Sarai stanca come me: c’è stato un omicidio, dubito che si vada in macchina prima di mezzanotte, e così sarò sveglio in ogni caso. E farà bene a tutti e due una scarrozzata nel deserto prima di andarci a distendere nei nostri rispettivi letti, sciaguratamente ancora divisi. Sarà una cosa di mezz’ora al massimo, te lo prometto.»

«Un omicidio, Bob? Chi?»

«Amy Waggoner. La conoscevi?»

«No. Un momento, però, credo di aver sentito parlare di lei. Era quella che beveva molto?»

«Già, precisamente quella che beveva molto. Ma non allontaniamoci dall’argomento che ci interessa. Una passeggiatina a mezzanotte allora?»

«Va bene. Ma… chi l’ha assassinata? Dove e quando?»

«Passami Tom Acres, rimani in ascolto e saprai tutto… tutto quello che si sa finora, bene inteso… risparmiandomi la fatica di ripeterlo.»

«D’accordo. Ma può darsi che sia costretta a interrompermi se… Dimmi qualcosa.»

«Ti dirò qualcosa allora. Ti amo alla follia. E, se devi interrompere mentre telefono, ti racconterò il resto a mezzanotte. E adesso torna a fare la centralinista e passami la comunicazione.»

Mi accontentò, e due minuti dopo ero in linea con Tom. Gli lessi l’articolo lentamente, in modo che potesse prendere appunti. Forse troppo lentamente, perchè a un certo punto mi disse: «Avanti, continuate.» Naturalmente, il giornale di Bisbee non avrebbe dedicato all’avvenimento lo spazio che gli avremmo dedicato noi.

Quando ebbi terminato mi disse: «Benissimo, Bob. Siete stato voi a scriverlo?»