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McNulty sospirò. «Non importa, in ogni modo. Abbiamo già parlato con molte persone, e poi l’ho vista anch’io più di una volta. Conosciamo la sua… sì… tecnica del bere. Cominciava sempre di primo pomeriggio e a mezzanotte era regolarmente ubriaca. Ma mai al punto da non poter camminare: teneva piuttosto bene l’alcool, per essere una donna. E adesso parliamo un po’ di ieri sera. Che cosa avete fatto?»

«Mi sono comportato nella più saggia delle maniere. Appena finito di lavorare, ho mangiato e sono tornato a casa. Ho passato la sera in camera mia a leggere e sono andato a letto poco dopo le dieci. Cerco sempre di fare una bella dormita il mercoledì sera, perchè il giovedì, cioè oggi, è la nostra giornata più dura. Un momento, ho mentito. Ho bevuto un bicchierino da Cass dopo aver mangiato e prima di rientrare a casa. Deve essere stato fra le sei e mezzo e le sette.»

«C’era Amy?»

Scossi la testa. «Non ho visto Amy ieri. E credevo sapeste che Amy non era troppo ben vista da Cass la sera. Cass ne aveva fatto una regola come quella che avevate fatto voi di non permetterle di tornare a casa in macchina di notte. Non gli va che la gente si ubriachi nel suo locale.»

«Non credo siate in grado di dimostrare di aver passato la sera e la notte in camera vostra. Vediamo un po’, state in casa della signora Burdock, vero?»

«La risposta alla vostra seconda domanda è sì. Alla prima no… dopo le dieci. La signora Burdock sa che sono rientrato poco dopo le sette, perchè mi sono fermato a chiacchierare con lei. Verso le nove e mezzo ha bussato alla mia porta, mi ha detto di aver preparato del cacao e mi ha chiesto se ne volevo una tazza. Ho risposto di sì. Abbiamo bevuto il cacao e chiacchierato fino alle dieci circa, poi sono salito e sono andato a letto. Credo sia andata a letto anche lei, è la sua solita ora.

«Ma non è in grado di dirvi se io sono uscito ancora dopo quell’ora, perchè la sua stanza al piano terreno è sul retro della casa e lei ha il sonno molto duro. Così dovete convincervi che non ho alibi per l’ora della notte in cui Amy è stata uccisa.»

«Va bene. E adesso, come facevate a sapere che da Birdie è possibile rimanere chiusi fuori quando la chiave è all’interno? Io non lo sapevo, e dubito che altri a Mayville lo sappiano, dal momento che, come avete detto anche voi, è successo soltanto poche volte.»

Ecco allora che cosa mordeva McNulty, una sciocchezza del genere. Sorrisi. «Perchè sono uno dei pochi a cui è capitato. Quando sono arrivato qui, un anno fa, per prendere il posto al Sun, mi sono fermato da Birdie i primi tre giorni, mentre cercavo una stanza in città. Ma, nel mio caso, la faccenda è stata abbastanza semplice, perchè non avevo chiuso la finestra. Se dubitate, parlatene con Birdie; lo ricorderà certo.»

McNulty brontolò. «Non vi conoscevo allora, non sapevo che vi eravate fermato là. Così tutta questa storia non significava niente, ma… ma c’è un’altra cosa che volevo chiedervi da un pezzo. Forse potete illuminarmi in proposito. Primo: quanti anni avete?»

«Ventinove.»

«Più o meno come immaginavo. E quanto vi paga Hetherton?»

Capii a che cosa stava mirando e sospirai. «Trentacinque la settimana.»

«Più o meno come immaginavo anche qui. Più o meno quello che paga di solito. E, prima che arrivaste voi, non era mai riuscito ad accaparrarsi un buon giornalista. Non andate a ripeterglielo, ma, quando si tratta di stipendio, è il bastardo più avaro di tutto quanto lo Stato. Fino ad ora tutti i suoi dipendenti erano stati ragazzini appena usciti dalla scuola o vecchi giornalisti falliti, come sono vecchi falliti i suoi tipografi, del resto, e anche quelli non resistevano molto. Non ho mai conosciuto uno solo della vostra età che sia rimasto più di un paio di mesi: se non se ne andavano per lo stipendio da fame, se ne andavano per il modo in cui li trattava.

«Ma voi siete intelligente, educato, avete accennato a due anni di università, e avete ventinove anni. E vi tenete un posto come quello. È assurdo: potreste guadagnare il doppio in qualunque giornale della zona; accidenti, i commessi di drogheria se la passano meglio al giorno d’oggi. Se non vi nascondete qui, o se Hetherton non sa qualcosa di compromettente che vi riguarda… maledizione, non capisco proprio.»

Tornai a sospirare. Capivo adesso che cosa lo aveva tormentato nei miei riguardi da almeno sei mesi a quella parte: aveva continuato a chiedersi se tenevo questo posto per nascondere qualcosa d’altro o simili. E la verità era semplice: mi ero lasciato giocare come uno stupido. Fino a quel momento, escludendo Hetherton e me, due sole persone conoscevano la storia: Doris e Tom Acres. E Cass ne sapeva qualcosa, anche se ignorava fino a che punto mi ero lasciato giocare.

«Credo che dovrò raccontarvi tutto, Mac,» dissi. «Sì, Hetherton ha qualcosa che mi riguarda: una promessa che non avrei mai dovuto fargli.»

4

Così raccontai a McNulty, e anche allo sceriffo, dato che c’era, che cosa era successo. Non in maniera particolareggiata, ma quel tanto che bastava per far capire loro come ero legato a Hetherton e al Sun e come, salvo un miracolo, ci sarei rimasto legato ancora per un altro anno, a uno stipendio che era ridicolo anche per una cittadina come Mayville.

Mio padre era morto quando iniziavo il mio terzo anno all’università dell’Ohio. Avevo solo lui, perchè ero figlio unico e mia madre era morta cinque anni prima. Naturalmente, ero tornato in aereo a Kansas City, con la convinzione di rientrare all’università dopo i funerali e dopo un colloquio con l’esecutore testamentario, che era da molti anni il miglior amico di mio padre.

Mio padre era vicepresidente di una delle più importanti banche di Kansas City. Non eravamo ricchi, ma avevamo un buon reddito, e non avevo mai dovuto preoccuparmi per il denaro. Non mi aspettavo di ereditare una fortuna, sia pure piccola, ma avevo ogni motivo di pensare che la proprietà fosse più che sufficiente a permettermi di terminare gli studi prima che potessi pensare a guadagnarmi da vivere.

Ma mi sbagliavo. Mio padre aveva fatto alcuni investimenti sbagliati, come capita anche ai banchieri, ed aveva perduto molto. Inoltre aveva fatto un prestito ad un amico che si era dimostrato tutt’altro che amico ed era scomparso. Seppi che, una volta pagate le spese dei funerali, il capitale si sarebbe volatilizzato, con un notevole margine di passivo. Il legale mi spiegò che ero responsabile solo di alcuni dei debiti; gli altri sarebbero stati annullati per il semplice fatto della mancanza di fondi. Ma gli dissi che era mio desiderio che il nome di mio padre restasse senza macchie e che mi assumevo la responsabilità di tutto, se solo i creditori mi avessero accordato un certo qual respiro.

Così non tornai all’università, nemmeno per recuperare quello che avevo lasciato là; mi feci rimandare tutto quanto. Forse avrei potuto lasciare i debiti in sospeso fino al termine degli studi, e probabilmente, se fossi stato iscritto in una facoltà tecnica, avrei preso in considerazione una soluzione del genere che, a lungo andare, mi avrebbe permesso di guadagnare di più. Ma ero iscritto a un corso di carattere culturale, e, date le circostanze, non mi sembrava che una laurea del genere corrispondesse al valore venale di altri due anni.

La banca per la quale lavorava mio padre mi offrì un posto di impiegato avventizio, ed io accettai.

Ma il posto dietro gli sportelli non era di mio gradimento. Il lavoro di banca non mi piaceva, anche se riuscivo a sbrigarmela discretamente; continuavo a ricevere piccoli aumenti, e in capo a due anni fui trasferito in pianta stabile. Cosa ancora più importante, ero riuscito a pagare tutti i debiti. Dopo un altro anno avevo una macchina, in buone condizioni, anche se non nuova, ed un discreto conto corrente.