Il Direttore dell’Fbi e il Ministro della Giustizia sedevano dalla parte opposta del tavolo, direttamente di fronte a Matthew Riggs. Avevano appena finito di ripetere gli estremi dell’accordo concluso con Masters. E non ne erano precisamente felici.
— Grazie a tutti per la cooperazione — disse Riggs alzandosi. — Molto apprezzata.
Anche Berman si alzò. — Visto che ora lavoriamo insieme, tu ci porti LuAnn Tyler, noi le sbattiamo addosso un bel microfono, combiniamo una bella squadra e andiamo tutti quanti a fare le scarpe all’uomo-ombra.
— Hai capito male, Lou. L’accordo è che io vado a fare le scarpe all’uomo ombra, non l’Fbi.
— Stai a sentire, pez…
— Zitto, Lou!
Berman s’inchiodò a metà frase. Il Direttore dell’Fbi fece cenno a entrambi di tornare a sedersi.
— Lei è effettivamente certo di poterci riuscire, Riggs?
— Vi ho mai lasciati per strada? — disse Riggs rivolgendo un sorrisino a Masters.
L’espressione dell’agente speciale rimase granitica. — Allora, chiariamo alcune delle clausole scritte in piccolo — ribatté. — Tu fai fiasco, e per LuAnn Tyler salta tutto. Quanto a te, la tua copertura è già saltata, e non credere che moriamo dalla voglia di regalartene un’altra. Immagino che alcuni di quei bravi ragazzi al confine tra il Messico e il Texas ti stiano ancora cercando.
— George, non mi sarei mai aspettato niente di meno da parte vostra. — Riggs si alzò di nuovo. — Ah, ancora una cosa: evitate di pedinarmi, servirà solo a farmi incazzare. Intesi?
— Signor Riggs. — La voce stentorea del Ministro della Giustizia, una donna, lo bloccò mentre stava già avviandosi verso la porta. — Solo un’ultima domanda, signor Riggs.
— L’ascolto.
— La Lotteria Nazionale. È stata veramente truccata?
— Non solo è stata truccata, ma per dieci interi anni i proventi della frode sono stati impiegati per finanziare i piani di una delle più geniali e insieme delle più pericolose menti criminali psicopatiche con le quali io abbia mai avuto a che fare. Spero proprio che questa notiziola non la dobbiate ascoltare al telegiornale di questa sera.
— Sta per lasciare l’edificio. — George Masters stava parlando in un telefono cellulare, gli occhi degli altri tre piantati addosso.
— Sa che verrà seguito. Stategli addosso ma con discrezione, perché si tratta di un professionista ad alto livello. Vi trascinerà in un valzer per tutta la città, cercando di seminarvi a ogni giro. Non fatevi fregare! E quando aggancerà la Tyler, me lo comunicherete immediatamente. Continuate a tenerli entrambi sotto sorveglianza ma non intervenite. Ripeto: non intervenite.
Masters scambiò un’occhiata con il Ministro della Giustizia e chiuse la comunicazione.
— George — disse il Direttore dell’Fbi — tu credi davvero alla storia di un’unica mente criminale?
— Per molti versi, per quanto inverosimile possa sembrare, voglio crederci. Un solo uomo è molto più semplice da affrontare che non una complessa organizzazione.
Il Ministro e il Direttore annuirono.
— Per cui — intervenne Berman passando uno sguardo teso sugli altri — qual è il piano a questo punto?
— Riggs ha ragione — disse il Direttore. — Nulla di tutto questo può arrivare in superficie. A nessun costo. E anche se Riggs ha successo, anche se potremo arrestare sia il cervello sia i suoi eventuali complici, il problema permane inalterato.
— Potremmo ottenere le prove, istruire un processo — intervenne il Ministro della Giustizia — ma sarà sempre questo psicopatico a tenere il coltello dalla parte del manico, per dirla con le parole di Riggs. E lui userà lo stesso tipo di ricatto usato da Riggs: accordo privato o scandalo pubblico. Già mi vedo il suo difensore con la bava alla bocca.
— Signora — intervenne nuovamente Berman — sta forse dicendo che non potrà esserci alcun processo?
— Agente speciale Masters — il Ministro della Giustizia parve non udirlo — secondo lei Riggs sta giocando pulito?
Masters corrugò la fronte. — Riggs è stato un fuoriclasse del lavoro d’infiltrazione. Per uomini di quel genere, la verità finisce chiusa in un armadio e la menzogna diventa un abito quotidiano. E le vecchie abitudini sono dure da perdere.
— In altre parole, non possiamo completamente fidarci di lui.
Masters respirò a fondo. — Non più di quanto lui può fidarsi di noi.
Per la sala ci fu un fugace intrecciarsi di sguardi. In circostanze normali, nessuno di loro avrebbe mai pensato ciò che tutti stavano adesso pensando. Avevano giurato di difendere la legge, di credere nel sistema giudiziario, di lottare per la verità. Ma le circostanze non erano normali. Dovevano affrontare qualcosa di molto più pericoloso di un semplice criminale. Questa volta la verità era molto più devastante della menzogna.
— Bene — riprese il Direttore — c’è comunque una forte possibilità che lo psicopatico descritto da Riggs non si faccia prendere vivo. Non è vero? — domandò infine facendo scorrere lo sguardo sugli altri.
Tutti annuirono, e Masters aggiunse: — E se questo individuo è davvero così pericoloso come dice lui, prima si spara, poi si fanno le domande. Così forse, il problema sarà risolto.
— E il problema Riggs-Tyler? — intervenne il Ministro.
Fu Berman a rispondere. — Quando comincia a volare piombo, non si può mai dire chi finisce nel tiro incrociato. Nessuno di noi vuole che qualcuno che non c’entra ci vada di mezzo…
— Naturalmente no, agente Berman — concordò il Ministro.
— Ma talvolta, qualche innocente ci lascia le penne, come per esempio la moglie di Riggs — concluse Berman.
— Ma se è a LuAnn Tyler che si sta riferendo, agente Berman — disse freddamente il Direttore — quella donna è tutto fuorché innocente.
— Concordo con lei, signore — disse Masters. — E se Riggs ha scelto quel lato della barricata, ebbene, che si assuma tutte le responsabilità delle conseguenze. Fino in fondo.
Il Direttore dell’Fbi annuì in modo lapidario. — Fino in fondo.
50
Per strada, Riggs controllò il suo orologio. La cassa conteneva un sistema di registrazione miniaturizzato, e nel cinturino metallico era inserito un microfono invisibile. Si trattava di uno dei congegni che Riggs si era procurato il giorno prima, proprio in previsione del suo incontro nel palazzone dell’Fbi. Lo aveva acquistato in un noto negozio specializzato, a soli quattro isolati dal quartier generale del Bureau. In operazioni del genere non c’era da fidarsi di nessuno.
Riggs sapeva perfettamente che il governo non avrebbe mai permesso che la verità venisse fuori. Catturare Jackson vivo era addirittura peggio che non catturarlo affatto. E chiunque conoscesse la verità si trovava in pericolo, minacciato non soltanto da Jackson.
Il che teneva aperto il problema primario. Forse l’Fbi non avrebbe assassinato un innocente in piena premeditazione. Ma al tempo stesso l’Fbi non considerava LuAnn Tyler un’innocente. E visto che lui era dalla sua parte, nemmeno lui lo era. A un certo punto, il confronto diretto con Jackson sarebbe arrivato alla resa dei conti, e se i ragazzi del Bureau avessero fatto parte del festino, non si sarebbero posti troppi problemi a proposito dei proiettili vaganti. Sarebbe stato un autentico bagno di sangue. Jackson ne avrebbe trascinati con sé all’inferno quanti più possibile. Per gente come lui, come i tanti con i quali Riggs si era scontrato negli anni, una vita umana non era altro che un fattore da gestire ed eventualmente ridurre a zero a seconda delle circostanze. I termini della partita erano chiari: il Bureau avrebbe fatto piazza pulita di tutti piuttosto che perdere anche uno solo dei suoi uomini per garantire un processo a Jackson. In conclusione, il compito di LuAnn Tyler e suo sarebbe stato quello di stanarlo, dopodiché sarebbero intervenuti i Federali a condurre le danze. Se questo significava riempire di piombo Jackson, Riggs sarebbe stato solo felice di dar loro una mano. Però doveva tenere LuAnn il più lontano possibile affinché non venisse coinvolta nello scontro a fuoco. Gli era già capitato una volta, e non aveva la minima intenzione che la storia si ripetesse.