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Addio, Alicia Morgan Crane. Eri un pilastro della società, proprio come Roberta Reynolds. La tua famiglia è stata molto importante, il tuo necrologio sarà lungo e il tuo funerale sontuoso come meriti. E a un certo punto, Peter Crane sarà chiamato a seppellirti, insieme al fratello Roger.

Uscì dalla porta sul retro, come un ladro. Quel volto immoto sul cuscino, quel volto tanto simile al suo, continuava a fiammeggiare nella sua mente. Non avrebbe dovuto arrivare a tanto. Aveva perso la testa, cosa che gli succedeva di rado. Si guardò le mani, quelle mani che erano state strumento della morte di sua sorella. Le gambe gli tremavano, il corpo rifiutava di sottomettersi al controllo della mente.

Tornato in strada, cercò di concentrare i suoi pensieri sulla persona responsabile di tutto quanto era successo. LuAnn Tyler avrebbe pagato per il dolore che gli stava causando. Avrebbe moltiplicato le sofferenze di quella donna oltre ogni limite, finché lei stessa non avesse implorato la morte.

Non avrebbe neanche avuto bisogno di cercarla. Sarebbe venuta da lui spontaneamente, perché lui avrebbe avuto qualcosa che le premeva. Qualcosa per cui LuAnn sarebbe stata disposta a morire.

Mentre faceva a se stesso questo giuramento, l’immagine di un corpo inanimato danzava nella sua mente, qualcuno il cui volto assomigliava al suo.

53

Matthew Riggs camminava lentamente lungo il bordo del Mall, la grande vasca rettangolare che partiva dal monolite bianco del Lincoln Memorial e che pareva estendersi verso l’infinito. L’aria sapeva di pioggia e rade gocce cadevano sulla superficie increspata dal vento.

Per l’ennesima volta, consultò l’orologio al polso e voltò lo sguardo verso la scalinata che conduceva al mausoleo. Stava aspettando LuAnn ormai da tre ore. Per quanto ne sapeva, poteva essere svanita per sempre. Ma Jackson restava sempre in circolazione, e la prossima volta non avrebbe sbagliato bersaglio.

Dopo la sua sparata all’Hoover Building, le sue battute, le sue minacce e i suoi ricatti, se non fosse riuscito a dare Jackson in pasto all’Fbi, l’Fbi avrebbe dato lui in pasto a quei signori che pensavano di aver fatto il lavoretto cinque anni addietro.

Le gocce di pioggia si fecero più dense. Riggs si calcò sulla fronte il feltro nero. Tornare a casa? Non poteva. Tornare al lavoro? Non lo aveva più. E inoltre la ferita al braccio gli stava facendo soffrire le pene dell’inferno, in tasca gli restavano sì e no cinque dollari e non aveva un’auto. Non era mai stato così a terra da quando sua moglie era morta. In una settimana la sua imitazione di vita normale si era disintegrata. Sopralluoghi tecnici, direzione lavori per i benestanti di Charlottesville, un buon libro vicino alla finestra del suo studio, qualche corso serale all’università, la vaga idea di prendersi una vera vacanza. Tutto perduto, tutto finito…

Riggs si soffiò ripetutamente sulle dita gelate e si strinse il bavero.

— Mi dispiace, Matt.

Quando si girò, il suo umore ebbe una tale impennata che gli parve di accusare un senso di vertigine. Ma non riuscì a sorridere, sebbene lo desiderasse disperatamente. — Per che cosa?

LuAnn si sedette al suo fianco e gli passò un braccio sulle spalle. Non rispose subito, ma vagò con lo sguardo per un po’, finché gli prese le mani fra le proprie e disse sommessamente: — Per aver avuto dei dubbi.

— Su di me?

— Hai ragione, non avrei dovuto. Non dopo tutto quello che hai fatto e che stai ancora facendo.

Riggs respirò a fondo. — Certo, tutti abbiamo dubbi, e comunque… adesso sei qui. — Questa volta riuscì a sorriderle, e in quel sorriso sentì sciogliersi tutta l’ansia e la frustrazione accumulata in quelle lunghe ore di attesa. — Il resto non ha più importanza. Il mio voto va a un posto riscaldato in cui fare due chiacchiere.

LuAnn lo abbracciò teneramente. — Qualsiasi posto va bene.

Prima di trovare rifugio nel tepore di un locale, si liberarono della Honda e presero una macchina a nolo, poiché Riggs si era stancato di dover trafficare ogni volta con i fili elettrici per la messa in moto. Quindi si spostarono lungo il confine occidentale della Contea di Fairfax, e strada facendo Riggs la aggiornò sull’esito della trattativa con l’Fbi, finché si fermarono a un ristorante pressoché vuoto. Il cameriere masticava uno stuzzicadenti seguendo assorto gli appassionanti sviluppi di una telenovela: un brav’uomo senza una sola preoccupazione al mondo. Né LuAnn né Riggs avevano più la minima idea di che cosa fosse un simile stato d’animo. Gli passarono davanti e si sedettero a un tavolo d’angolo.

Dopo aver finito di leggere la cronaca dell’omicidio Reynolds, LuAnn abbassò la copia del Washington Tribune. — È colpa mia.

— Che cosa è colpa tua? — domandò Riggs. — Che Donovan non ti abbia dato retta?

— Tu pensi che Jackson abbia assassinato anche lui?

— Sarei veramente sorpreso del contrario. — Riggs assunse un’espressione cupa. — La più classica delle trappole: Jackson sa che Donovan è sulle tracce dei vincitori fasulli, telefona alla Reynolds e le dice di accettare eventuali contatti di Donovan. La Reynolds obbedisce, Donovan si presenta, Jackson li fa fuori entrambi e sparisce, e Donovan è il capro espiatorio. Caso chiuso.

LuAnn abbandonò il viso tra le mani.

— Tu hai cercato di avvertirlo, LuAnn. Non è colpa tua. Non c’era nient’altro che avresti potuto fare.

— Se dieci anni fa avessi detto no a Jackson…

— Certo. Ma se tu gli avessi detto no, lui ti avrebbe inchiodato contro un muro.

LuAnn si passò una mano sugli occhi e riportò lo sguardo su di lui. — Così adesso c’è questo bell’accordo con i Federali, cosa della quale ti sarò eternamente grata. Ma, Matt, vuoi dirmi come diavolo facciamo a dar loro Jackson?

— L’esca non può essere né troppo semplice né troppo complicata. — Riggs piegò il giornale e lo appoggiò su una sedia vuota. — Perché, in un modo o nell’altro, lui sentirà la puzza di marcio.

— Non accetterà d’incontrarmi di nuovo.

— Né io stavo pensando a quello: non solo Jackson non si farebbe vedere, ma manderebbe qualcun altro a tagliarti la gola. Troppo pericoloso.

— Signor Riggs, il pericolo è il mio mestiere. — LuAnn inarcò ironicamente un sopracciglio. — Io non saprei come vivere senza il mio rischio quotidiano. E… va bene, niente incontro. Allora?

— Se riusciamo a scoprire la sua vera identità, allora possiamo… — Riggs si interruppe, attendendo che il cameriere li servisse e si allontanasse. — Che cosa sai di lui, LuAnn? Un indirizzo, un dettaglio, un qualsiasi frammento…

— È sempre travestito…

— Quei documenti finanziari che ti manda regolarmente?

— Vengono da una società svizzera. Ne tengo alcuni a Wicken’s Hunt. Ma immagino che tornare là sia fuori discussione. O sbaglio?

— Non sbagli. Se i ragazzi dell’Hoover Building ti vedono anche per sbaglio, ce lo possiamo proprio dimenticare l’accordo.

— Ho altri documenti in una cassetta di sicurezza a New York.

— Sempre troppo rischioso.

— Potrei scrivere una letterina alla società svizzera. — LuAnn sbuffò. — Ma conoscendo Jackson, credo che quella gente non sappia un accidenti di niente.

— E comunque non parlerebbe. Lo sai perché la gente porta i soldi in Svizzera.

LuAnn assentì.

— Deve esserci qualcosa di particolare che tu ricordi di quest’uomo, LuAnn. Come parla, come cammina, come si veste. Charlie… Che cosa direbbe Charlie?

— Non molto — rispose lei passandosi il tovagliolo sulle labbra. — Nemmeno lui ha mai incontrato Jackson di persona. Tutti i loro contatti erano per telefono.

Riggs abbandonò il sandwich mangiato a metà e si appoggiò contro lo schienale.