— Signor Crane? Mi perdoni, signore…
— Che cosa c’è, Horace? Sono un poco di fretta…
— Uomini armati, signore. — Horace alzò lo sguardo al cielo. — Uomini dell’Fbi. Sono saliti al suo appartamento, proprio ora. Credo stiano aspettando che lei rientri.
Jackson si bloccò, ma rispose con la massima calma. — Un semplice malinteso. — Gli porse la mano destra e il portiere gliela strinse. — La ringrazio per l’informazione, Horace.
Quando Horace Parker guardò cosa gli era rimasto in mano, trovò un fascio di banconote, tutte da cento dollari. Si guardò attorno furtivamente e dopo averli infilati nella tasca riprese la sua posizione accanto alla porta.
Jackson si allontanò e andò ad appostarsi nell’oscurità di un vicolo dall’altra parte della strada. Da lì poteva scorgere numerose ombre fluttuare dietro le finestre illuminate dell’attico. Era pieno di veleno. Come era stato possibile che fossero risaliti fino a lui? Non poteva rispondere adesso a questa domanda. C’erano problemi più urgenti da risolvere. Estrasse il telefono cellulare e venti minuti dopo saliva su una limousine. Dall’automobile chiamò il fratello, e gli diede appuntamento di fronte al St. James Theater di lì a poco. Insistette sull’urgenza dell’incontro.
Il rischio che la polizia piombasse in casa di Roger da un minuto all’altro era troppo elevato. La terza telefonata fu al comandante del suo jet personale, a disposizione ventiquattr’ore su ventiquattro, equipaggio al completo e serbatoi pieni, all’aeroporto La Guardia. Lo avvertì di preparare un certo piano di volo e di tenersi pronto al decollo entro l’ora successiva.
Quando arrivò all’appuntamento con Roger, Jackson aveva fatto in tempo a raccogliere qualcosa in un piccolo appartamento affittato sotto falso nome.
— Ehi, Pete! Stavo proprio pensando a te…
— Non pensare, Roger. — Jackson spalancò la portiera posteriore della limousine. — Entra e basta.
Roger Crane, stessi capelli scuri, stessi lineamenti delicati del fratello, si lasciò cadere sui sedili di pelle e la limousine si rimise in movimento.
— Hai sentito il telegiornale, Roger?
— Lo sai che la TV non la guardo mai. Perché?
Jackson ignorò la domanda. Era ovvio che suo fratello non sapeva di Alicia. Perfetto. Jackson si rilassò nel sedile, compiacendosi di aver bruciato gli sbirri arrivando per primo su Roger, e si concentrò sulle prossime mosse.
Cinquantacinque minuti più tardi, la scintillante distesa di luci di New York City svaniva nelle tenebre sotto di loro.
Quando l’Fbi raggiunse l’appartamento di Roger Crane, era ormai troppo tardi. Ma l’attico di Peter riservò loro interessanti sorprese.
George Masters raggiunse Lou Berman nel locale del makeup di Jackson. Lou era in piedi di fronte a uno dei banchi del trucco, lo sguardo sulla distesa di facce finte, labbra finte, denti finti, capelli finti, occhi finti e mille altri accessori.
Nel resto dell’attico, il battaglione di agenti federali stava passando tutto quanto al setaccio. Avevano trovato l’archivio segreto e la sala controllo con i computer e gli apparati di comunicazione.
— Che ne pensi? — domandò Berman.
— Pare che Riggs abbia ragione. È un uomo solo. Forse possiamo ancora farcela — ribatté Masters.
— Come ci muoviamo?
— Metti tutta la baracca in allarme rosso: porti, aeroporti, treni e autobus. Voglio blocchi stradali tutt’attorno a New York. L’uomo che cerchiamo è armato, molto pericoloso ed estremamente abile nel travestimento. Non servirà a niente, ma distribuiamo comunque le sue fotografie. Lo abbiamo tagliato fuori dal suo nucleo, ma Peter Crane dispone di immensi mezzi finanziari e io non ho intenzione di correre il minimo rischio. L’ordine è sparare. Per uccidere.
— Come la mettiamo con Riggs e la Tyler?
— Che non si mettano loro di mezzo. Perché io non rischierò la vita dei miei uomini per proteggerli. Per quanto mi riguarda, LuAnn Tyler dovrebbe essere dietro le sbarre da almeno dieci anni. Un accordo è un accordo, e va bene. Ma se vuole rimanere fuori di galera deve tenere la bocca chiusa. Perché non vai a ispezionare il resto della collezione?
Berman procedette e Masters aprì l’album personale di Jackson, l’archivio dei dodici vincitori della Lotteria Nazionale. Le loro foto, le loro storie, le loro vite. Masters si soffermò su LuAnn Tyler. Ora capiva perché era stata scelta lei e perché erano stati scelti tutti gli altri. Gente ridotta al limite estremo della vita, senza soldi, senza casa, senza futuro. E senza speranza. Pronta a cadere nelle braccia di quell’uomo.
George Masters richiuse l’album. Avrebbe fatto quanto sarebbe stato necessario fare, ma questa determinazione non gli impedì di provare un terribile senso di colpa.
Era quasi mezzanotte quando Riggs e LuAnn decisero di fermarsi in un motel. Appena entrati in camera, lui si attaccò al telefono con Masters. Terminata la conversazione, si girò verso LuAnn, ansiosa di essere aggiornata.
— Allora, Matt, che cosa sta succedendo?
— Quello che ci aspettavamo. — Riggs scosse la testa. — Jackson è svanito, ma nel suo attico di New York i Federali hanno trovato abbastanza per tenerlo in un carcere di massima sicurezza da qui all’eternità. C’era anche un album ricordo: vita e miracoli di tutti i vincitori della Lotteria Nazionale, compresa te.
— Quindi Jackson era davvero parente di Alicia Crane.
— Suo fratello maggiore, Peter — Riggs annuì in modo cupo. — Peter Crane è Jackson.
— Ha assassinato sua sorella — disse lentamente LuAnn. — Sua sorella…
Per un lungo momento nell’anonima stanza il silenzio fu assoluto.
— Matt, perché? A causa di Donovan?
— Esatto. Se tra Alicia e Donovan c’era effettivamente del tenero, Jackson non poteva correre il rischio di lasciare in vita qualcuno che sapesse quanto sapeva Donovan. Deve essersi presentato da lei, forse con il suo vero volto, oppure con un travestimento. La situazione dev’essere degenerata e lui l’ha fatta fuori.
— Dove pensi che sia?
— Chi lo sa. Peter Crane possiede centinaia e centinaia di milioni di dollari, può comprarsi qualsiasi cosa e può diventare qualsiasi persona. Prenderlo non sarà roba da poco.
— E il nostro accordo? — disse lei, aggressiva.
— I patti erano che noi gli avremmo dato Jackson. Il che non significava necessariamente recapitarlo in confezione regalo con tanto di fiocchetto rosso, consegna a domicilio sulla porta dell’Hoover Building. Abbiamo fatto la nostra parte.
— Perciò siamo a posto con tutti… — LuAnn respirò a fondo. — Con l’Fbi e con la Georgia.
— Ci sono ancora dei dettagli da sistemare, ma la risposta è affermativa. Ho messo su nastro l’intero incontro all’Hoover Building, senza che loro lo sapessero. C’era tutta l’allegra brigata: Masters, Berman, il Direttore dell’Fbi e il Ministro della Giustizia in persona, con tanto di avallo del Presidente degli Stati Uniti, e tutti hanno accettato l’accordo. Adesso, che a loro piaccia oppure no, sono costretti a giocare pulito con noi. Ma voglio essere chiaro con te, LuAnn. Il fisco farà un buco bello grosso nel tuo conto in banca e in realtà, una volta che avranno finito, dopo dieci anni di tasse non pagate, multe e interessi passivi, non so nemmeno se avrai ancora un conto in banca.